LA CAMERA DIVENTA CHIARA
Col titolo, abbiamo scherzato circa il saggio scritto dall’autore che incontriamo oggi: Roland Barthes. Stiamo parlando de “La Camera Chiara – Nota sulla Fotografia”, un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca di chi nutra passione per l’immagine fotografica. Diciamo che il “diventa chiara” del titolo risulta giustificabile per il fatto che l’intellettuale francese s’interroga su cosa sia la fotografia; questo prima di addentrarsi in questioni personali ed emotive. Un bell’incontro, quello di oggi.
Roland Gerard Barthes è stato un influente filosofo e critico letterario francese, che ha esplorato la teoria sociale, l'antropologia e la semiotica, la scienza dei simboli e ha studiato il loro impatto sulla società. Il suo lavoro ha lasciato un'impronta sui movimenti intellettuali dello strutturalismo e del post-strutturalismo.
L'opera più famosa di Barthes è un saggio intitolato "La morte dell'autore" (1967) in cui presenta la sua famosa teoria letteraria. Si oppone fermamente all'incorporazione del background, dell'educazione, della casta, dell'etnia, della religione, della nazionalità e del genere di un autore durante l'interpretazione delle sue opere letterarie.
Barthes era del parere che uno scrittore e il suo lavoro dovessero essere entità separate, e quindi non correlabili quando il suo lavoro veniva esaminato criticamente. Tenere presente il pregiudizio e le inclinazioni religiose e politiche dell'autore mentre si esaminano i suoi testi potrebbe sembrare un modo più semplice per comprendere le sue opere, ma in realtà si tratta di un sistema imperfetto che può potenzialmente limitare la comprensione dei lettori.
Il suo approccio critico alla letteratura ha contribuito notevolmente allo sviluppo della semiotica, dello strutturalismo e del post-strutturalismo. La sua filosofia non si limita a queste scuole di pensiero; in effetti, ha influenzato varie modalità di comunicazione, come la fotografia, la musica e persino i computer. Il lavoro di Roland Barthes è in continua evoluzione e sempre adattabile, fornendo nuove intuizioni ai filosofi letterari anche oggi.
Roland Barthes, frammenti di vita
Fra i maggiori esponenti della nuova critica francese di orientamento strutturalista, linguista, saggista nonché critico letterario, Roland Barthes nasce a Cherbourg il 12 novembre 1915. Dopo la morte del padre si trasferisce a Bayonne.
Nel 1924 e fino al 1930 si trasferisce a Parigi dove frequenta la scuola media. Trascorre le vacanze a Bayonne, presso la casa dei nonni. Nei successivi quattro anni frequenta il liceo Louis-le-Grand a indirizzo filosofico.
Nel 1935 s’iscrive alla Sorbona presso la facoltà di Lettere Classiche. Ottiene l'esenzione dal servizio militare (1937). Con il Gruppo di teatro antico, da lui fondato, compie un viaggio in Grecia. Consegue la laurea con il massimo dei voti (1939) e subito viene assunto al nuovo liceo di Biarritz come professore incaricato, dove rimarrà per un anno. Mentre insegna in due licei parigini, continua a studiare, perfezionandosi nella tragedia greca.
La salute non è vicina alla sua vita. Le ricadute di una tubercolosi lo costringono spesso a lunghe degenze in sanatorio. Non gli manca però la forza per approfondire i suoi studi e ottiene una seconda laura in Grammatica e filologia.
Dal 1946 al 1947 è a Parigi in convalescenza: Nel 1949 è lettore all'Università di Alessandria d'Egitto dove rimane fino al 1950. Nel 1976 accetta la cattedra di Semiologia letteraria al Collège de France e collabora a numerosi periodici tra i quali l'Esprit e il Tel Quel.
Nonostante il problema della salute l'abbia accompagnato per tutta la vita, Roland Barthes muore il 26 marzo 1980 a causa di un incidente stradale (il 25 febbraio, uscendo dal Collège de France, viene investito da un furgoncino).
La Camera Chiara (sinossi del libro)
La Camera Chiara – Nota sulla Fotografia (Piccola Biblioteca Einaudi) è un saggio che Roland Barthes scrisse nel 1979, a pochi mesi dalla sua morte; forse il suo testo più penetrante. Il lavoro si divide in due parti: la prima affronta la difficile questione di cosa sia la Fotografia, la seconda indugia su una questione personale ed emotiva. Perché il discorso è interrogazione, dialogo, ma è anche confessione; al «linguaggio espressivo» e al «linguaggio critico» se ne aggiunge un altro, vera e propria premonizione: la fotografia come «studium» e come «punctum» (i due termini usati da Barthes in un distinguo illuminante), nel contesto storico ed effimero in cui viviamo.
Hanno fotografato Roland Barthes
Oggi incontriamo due fotografi speciali, molto vicini al nostro modo d’intendere la fotografia: Henri Cartier Bresson e Ferdinando Scianna, amici a loro volta. Circa il primo, e le sue qualità di ritrattista, ci viene in aiuto proprio il fotografo siciliano. Ecco cosa dice nel suo saggio “Il viaggio di Veronica”: «Anche se il ritratto si fa nella reciproca consapevolezza e connivenza, vale, per raggiungere il risultato, quello che vale per ogni altro tipo di fotografia: riconoscere come una folgorazione l’istante decisivo». Dirà più avanti: «Occorre di raggiungere l’altro (il soggetto) in un momento di “silenzio interiore”».
Ferdinando Scianna incontra Barthes nel 1977. Era appena uscito “Frammenti di un discorso amoroso” e per questo gli aveva chiesto un’intervista, cui seguì la fotografia. Ecco cosa ci dice in “Visti & Scritti” (Edizioni Contrasto) circa l’incontro con l’intellettuale francese: «Mi sembrò timido, imbarazzato, non smetteva un istante di fumare il suo sigaro: le sue risposte erano nitide e perfettamente strutturate. Amaro, malinconico. Gli rimanevano solo tre anni di vita. Nel 1980 uscì “La Camera Chiara, note sulla fotografia”. Testo fondamentale per chiunque si occupi di fotografia, e non solo. Da trent’anni citatissimo come un saggio ed invece uno straordinario romanzo, attraverso la fotografia, sulla memoria, la morte, il lutto. Da questa insuperata riflessione sulla fotografia e sulla vita non si può prescindere.
Henri Cartier-Bresson, il fotografo
Henri Cartier Bresson nasce a Chanteloup-en-Brie il 22 agosto 1908. E’ uno dei fotografi più importanti del ‘900, avendone intuito lo spirito. Per questo motivo è passato alla storia come “L’Occhio del Secolo”.
Con i suoi scatti è riuscito a cogliere la vera essenza della vita, mentre la sua esistenza è stata tutta dedicata a trasformare la fotografia in un mezzo di comunicazione moderno, influenzando intere generazioni di fotografi.
Ha documentato la Guerra Civile Spagnola, quella Cinese, l’Occupazione Nazista in Francia, la costruzione del muro di Berlino, i funerali di Gandhi. Fu l’unico fotografo occidentale al quale venne permesso di fotografare in Unione Sovietica ai tempi della Guerra Fredda.
Durante la II^ Guerra Mondiale, si arruolò nell’Esercito Francese. Fu fatto prigioniero per trentacinque mesi, riuscendo poi a fuggire al terzo tentativo. Si aggrega poi nelle file della Resistenza francese, documentando la liberazione di Parigi nel 1944.
Le fotografie di Henri Cartier Bresson e la sua vita sono strettamente legate. Non si possono osservare le sue opere, perché di capolavori si tratta, se non si conoscono alcuni eventi fondamentali della sua esistenza.
I due momenti più importanti accadono nel 1946, quando Henri Cartier Bresson viene a sapere che il MoMA di New York, credendolo morto in guerra, intende dedicargli una mostra “postuma” e quando si mette in contatto con i curatori, per chiarire la situazione, nasce una collaborazione che lo impegnerà per oltre un anno alla preparazione dell’esposizione, inaugurata nel 1947. Cartier-Bresson sceglie le fotografie che vorrebbe esporre. Seleziona e stampa circa 300 immagini, molte delle quali mai pubblicate prima e nel 1946 parte per New York con le stampe in una valigia. Al suo arrivo compra un grosso album, uno Scrap Book, appunto, dove incolla tutte le stampe prima di presentarle al MoMA. La mostra viene inaugurata il 4 febbraio 1947. Nello stesso anno, inoltre, nella caffetteria del MoMA, fonda la famosa agenzia Magnum Photos, insieme a Robert Capa, George Rodger, David (Chim) Seymour e William Vandivert.
Bresson incontra la fotografia nel 1931, quando sfogliando una rivista vide una foto di Martin Munkacsi e ne rimase affascinato. L’anno dopo acquista la sua prima macchina fotografica Leica e inizia a viaggiare per l’Europa scattando fotografie. Le sue immagini iniziano a comparire sulle riviste e vengono anche esposte, ma la sua creatività incontra anche il mondo del cinema e nel 1936 lavora come assistente alla regia di Jean Renoir (assieme a Luchino Visconti) per i film “La scampagnata” e ” La vita è nostra”. Inoltre, diventa lui stesso regista per due documentari sugli ospedali nella Spagna repubblicana e sulla vita dei soldati americani durante la guerra civile spagnola.
Quando inizia a scattare, quindi, Henri Cartier-Bresson ha appena 24 anni ed è ancora alla ricerca del suo futuro professionale. È incerto e tentato da molte strade: dalla pittura, dal cinema. ”Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” affermava. Non capire nulla di fotografia significa, tra l’altro, non sviluppare personalmente i propri scatti: è un lavoro che lascia agli specialisti del settore. Non vuole apportare alcun miglioramento al negativo, non vuole rivedere le inquadrature, perché lo scatto deve essere giudicato secondo quanto fatto nel “qui” e “ora”, nella risposta immediata del soggetto.
Cogliere il momento perfetto è tutto nelle foto di Bresson, che ha descritto lo stile dell’immediatezza nel suo libro Images à la Sauvette, pubblicato nel 1952. Henri Cartier Bresson non metteva in posa i protagonisti dei suoi ritratti ma li fotografava nei momenti più inaspettati per cogliere la loro naturalezza. Images à la Sauvette si traduce approssimativamente come "immagini in fuga" o "immagini rubate". Il titolo inglese del libro, The Decisive Moment, fu scelto dall'editore. Nella sua prefazione al libro di 126 fotografie di tutto il mondo, Cartier-Bresson cita il Cardinale de Retz del XVII secolo che disse: - "Non c'è niente in questo mondo che non abbia un momento decisivo”.
Da Image Mag n° 6 2018
Il fotografo Ferdinando Scianna
Ferdinando Scianna nasce a Bagheria in Sicilia, il 4 luglio 1943. Comincia a fotografare negli anni '60, mentre frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia all'Università di Palermo; In questo periodo fotografa, in modo sistematico, la sua terra, la sua gente, le sue feste. Nel 1965 esce il volume Feste Religiose in Sicilia, con un saggio di Leonardo Sciascia: ha così inizio una lunga collaborazione e amicizia tra Scianna e lo scrittore siciliano. Pochi anni più tardi, nel 1967, si trasferisce a Milano, lavora per L'Europeo, e poi come corrispondente da Parigi, citta in cui vivrà per dieci anni. Nel 1977 pubblica in Francia Les Siciliens (Denoel), con testi di Domenique Fernandez e Leonardo Sciascia, e in Italia La villa dei mostri, sempre con un'introduzione di Sciascia. A Parigi scrive per Le Monde Diplomatique e La Quinzaine Litteraire e soprattutto conosce Henri Cartier-Bresson, Ie cui opere lo avevano influenzato fin dalla gioventù. Il grande fotografo lo introdurrà nel 1982, come primo italiano, nella prestigiosa agenzia Magnum. Dal 1987 alterna al reportage la fotografia di moda riscuotendo un successo internazionale. È autore di numerosi libri fotografici e svolge da anni un'attività critica e giornalistica; ha pubblicato moltissimi articoli su temi relativi alla fotografia e alla comunicazione per immagini in generale. Gli ultimi libri pubblicati con Contrasto sono Ti mangio con gli occhi (2013), Visti&Scritti (2014), Obiettivo ambiguo (2015) e In gioco (2016).
Le fotografie
Henri Cartier-Bresson, Roland Barthes 1963.
Ferdinando Scianna, Roland Barthes 1977. Da “Visti & Scritti” (Edizioni Contrasto)