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ESCE IL PRIMO NUMERO DI LIFE

Il 23 novembre 1936 viene pubblicato il primo numero della rivista LIFE, con una foto in copertina dello sfioratore della diga di Fort Peck, firmata da Margaret Bourke-White. Ne abbiamo parlato due anni addietro, riferendoci alla fotografa. LIFE però ha fatto parte della stessa storia della fotografia, un po’ come i nostri periodici del tempo, Epoca in testa. La notizia veniva mostrata nella sua genesi, tradotta dagli occhi di chi l’aveva vista in prima persona. La foliazione, poi, prevedeva servizi fotografici ampi, esaustivi, efficaci e, perché no, belli; merita quindi attenzione per questo.

Traendo ispirazione da una trasmissione televisiva (su Sky arte) siamo andati alla ricerca di una copertina firmata da un autore italiano; e poi, sullo slancio, di un personaggio ritratto che parlasse dell’italianità del tempo. Ecco quindi Sofia Loren fotografata da Alfred Eisenstaedt.

LIFE ha ispirato anche il cinema, addirittura in tempi recenti, con il film “I sogni segreti di Walter Mitty”, diretto da Ben Stiller, che recita anche come attore protagonista. La pellicola racconta la storia del responsabile dell’archivio dei negativi di LIFE e delle sue avventure per recuperarne uno da usarlo per la copertina dell’ultimo numero della rivista, prima che chiuda definitivamente. Il film riporta tante copertine, anche se molte di queste sono state appositamente create per girare le scene, spesso utilizzando le foto più famose e iconiche pubblicate dalla rivista. Il film è bello da vedere, con un finale strappa lacrime.

LIFE, un po’ di storia

LIFE in realtà esisteva già all'inizio del XX secolo come un diverso tipo di rivista: una pubblicazione settimanale di umorismo, con uso di cartoni animati e pezzi umoristici. Quando terminò durante la Grande Depressione, l’editore americano Henry Luce ne acquistò il nome, rilanciando la rivista come periodico illustrato appunto il 23 novembre del 1936; lui aveva già riscosso un grande successo come editore di Time, un settimanale di notizie.

Luce era un giornalista sin dai tempi del liceo, come caporedattore del giornale della scuola, con il suo amico britannico Hadden. Questa collaborazione continuò durante gli anni del college alla Yale University, dove lavorarono nello Yale Daily News, e anche dopo al The Baltimore News nel 1921. Fu durante questo periodo che Luce e Hadden hanno avuto l'idea di Time. Quando è stato lanciato nel 1923, si voleva trasmettere le notizie del mondo attraverso gli occhi delle persone che lo avevano realizzato.

Mentre la missione originaria del Time era di offrire la notizia, la missione della LIFE voleva essere quella di mostrarla; ed è stato un successo travolgente già nel suo primo anno di pubblicazione. Quasi da un giorno all'altro, ha cambiato il modo in cui le persone guardavano il mondo. Al suo apice, LIFE aveva una tiratura di oltre 8 milioni di copie ed esercitò una notevole influenza sull'America all'inizio e alla metà del XX secolo.

La rivista ha sofferto quando la televisione è diventata il mezzo di comunicazione predominante della società. LIFE cessò di funzionare come pubblicazione settimanale nel 1972, quando iniziò a perdere pubblico e pubblicità a favore della televisione. Tra il 2004 e il 2007, tuttavia, ha ripreso le pubblicazioni settimanali come supplemento ai giornali statunitensi. Oggi gran parte del suo archivio è consultabile online. Merita una visita.

Il fotografo Alfred Eisenstaedt

Alfred Eisenstaedt nasce a Dirshau, oggi in Polonia, il 6 dicembre 1898. Già all’età di tredici anni scattava le prime fotografie con una Eastman Kodak. Nel 1935 migrò negli Stati Uniti, dove iniziò a lavorare come freelance per Harper's Bazaar, Vogue, Town and Country e altre pubblicazioni. Nel 1936, fu assunto, insieme a Margaret Bourke-White, Peter Stackpole e Thomas McAvoy, come fotografo per la neonata rivista LIFE. Eisenstaedt è rimasto a LIFE per i successivi quarant’anni, continuando a lavorare come fotoreporter fino a ottanta.

Eisenstaedt amava lavorare a luce naturale. E’ stato anche tra quegli europei che hanno aperto la strada all'uso della fotocamera 35 millimetri nel fotogiornalismo. A differenza di molti fotoreporter del dopoguerra, non preferiva un particolare tipo di evento: era un generalista. Per questo motivo, veniva preferito dagli editori.

Non faceva uso dell’esposimetro, almeno così diceva spesso. Consigliava di investire in pellicola: metri, chilometri; e di sperimentare. Secondo lui, l’esperienza avrebbe forgiato il fotografo, non la tecnica. Le sue immagini vivevano di una composizione semplice e accurata; spesso risultante da tanti soggetti che si ripetono, in armonia; per questo sono diventate documenti preziosi della sua epoca: sia in ambito storico, che estetico.

Alfred Eisenstaedt ha continuato a scattare fotografie sino alla sua morte, avvenuta all'età di 97 anni, il 24 agosto 1995 nella città di Oak Bluffs, nel Massachusetts.

La guerra del Vietnam e Romano Cagnoni

Col la presa di Saigon da parte dei nord vietnamiti, il 30 aprile 1975 finisce la guerra in Vietnam. Le cifre parlano di un conflitto drammatico: la nazione asiatica conterà tre milioni di perdite, mentre sul suo territorio verranno gettate tante bombe quanto cinque guerre mondiali. Per anni, il Vietnam risulterà essere il secondo esportatore al mondo di metallo riciclato. A livello ideologico, la contrapposizione tra favorevoli e contrari alla guerra divenne globale; anche perché l’evento bellico si svolse durante la seconda metà del ‘900, periodo storico caratterizzato dai movimenti del ’68. Gli USA vissero una contestazione interna molto animata, a tal punto che i reduci, spesso feriti, furono accolti come i principali colpevoli della guerra. Il conflitto divenne un terreno fertile per i media e molti furono i fotografi famosi impegnati nel documentarlo; peraltro contrapposti alla TV, che ormai stava prendendo il sopravvento. Ricordiamo: Nick Út, Horst Faas, Eddie Adams, Larry Burrows, Don McCullin; ma l’elenco potrebbe continuare. Molti registi si cimentarono in pellicole ambientate in Vietnam: Francis Ford Coppola (Apocalypse Now, 1979), Michael Cimino (Il Cacciatore, 1978), Oliver Stone (Platoon, 1986), Alan Parker (Birdy le Ali della Libertà, 1984), Al Ashby (Tornando a casa, 1978). Anche qui si potrebbe andare avanti, ma non vogliamo incappare nell’errore di tirare fuori dalla memoria l’eroe muscoloso, Rambo, che si cuciva le ferite da solo.

Tra i fotografi, vogliamo ricordare il “nostro” Romano Cagnoni. Lui fu bravo. Riuscì a entrare in Vietnam del Nord, tra i pochissimi fotografi non comunisti; ma anche ad avvicinare il leader politico Ho Chi Minh e a farsi concedere un ritratto.

Romano Cagnoni ci ha lasciato il 30 gennaio 2018, nella sua Pietrasanta, dove aveva visto i natali. Noi lo avevamo incontrato tre anni prima, dedicandogli la copertina di Image Mag (settembre-ottobre 2015). Di lui ricordiamo l’impegno intellettuale, ma anche la ricerca continua di un elemento a tendere: quella meraviglia che dovrebbe scaturire in chi guarda, sempre. Il resto? È vita, da tradurre e interpretare: un alternarsi di vicende liete e tristi che si accavallano, sovrapponendosi. Meglio prendere tutto, sorprendendo magari; del resto: se non si piange un poco, nemmeno si ride.

Romano Cagnoni, storia di una fotografia

«Lei è un ottimista», gli disse Ho Chi Minh mentre lo guardava, «E l’ottimismo fa il buon rivoluzionario. Fotografi pure». Si mise a ridere, assieme al suo braccio destro Pham Van Dong. Quella risata finì, nel gennaio del 1966, sulla copertina di LIFE, che allora vendeva sette milioni di copie.

Romano Cagnoni era riuscito a entrare in Vietnam del Nord, al contrario di molti fotografi; ma anche a convincere il capo supremo, molto riluttante, a farsi scattare un ritratto. Gli era bastato dirgli, con l’ingenuità di un ragazzo, che: «I popoli d’Occidente che amano la libertà sarebbero lieti di vederla in buona salute». Fu uno scoop mondiale.

Romano Cagnoni, note biografiche

Classe 1935, Toscano di Pietrasanta, Romano Cagnoni è emigrato in Inghilterra alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso per fare il fotografo, o trovare uno spazio nella vita. È perciò nella Swinging London, quella dei Beatles e dei Rolling Stones, che ha maturato le proprie esperienze professionali. Nella capitale inglese Romano conosce Simon Guttmann (colui che avviò al fotogiornalismo Robert Capa) ed inizia con lui a lavorare ad argomenti culturali per giornali di qualità. Dopo aver fotografato con successo la campagna elettorale di Harold Wilson, che lo porterà a divenire primo ministro per il partito laburista, Cagnoni insieme con James Cameron è il primo fotografo non comunista ammesso in Nord Vietnam durante gli anni tumultuosi della guerra. Life Magazine pubblicherà al suo ritorno la fotografia del presidente Ho Chi Minh in copertina. Dopo questa esperienza Cagnoni inizia a pianificare e produrre reportage internazionali per proprio conto. Fotografa in Biafra durante la guerra civile in Nigeria, le cui fotografie vengono pubblicate in grande tiratura da diverse edizioni di Life Magazine facendogli ottenere in America il premio “Overseas Press Award”. Inoltre documenta insieme con lo scrittore Graham Greene, il Cile di Allende, il ritorno di Peron in Argentina, la guerra del Yom Kippur in Israele, la guerra in Cambogia, la guerra in Iugoslavia (con una macchina di grande formato ) e nel 1995 è a Grozny in Cecenia, dove mette in piedi uno studio nella zona di combattimento per fotografare i guerriglieri ribelli. E molte altre storie. Cagnoni ha realizzato nella sua carriera più di 45 mostre personali, ha ricevuto molti premi e pubblicato 16 libri. Insieme a Henri Cartier- Bresson, Bill Brandt, Don McCullin e Eugene Smith è stato, nel libro “Pictures on the Pages” del gia editore del Sunday Times Harold Evans, riconosciuto come uno dei più famosi fotografi del mondo.

Le fotografie

Sophia Loren in una delle copertine più contestate di Life, 16 settembre 1966 (Alfred Eisenstaedt).

Ho Chi Minh assieme al suo braccio destro Pham Van Dong. Ph. Romano Cagnoni, copertina di LIFE del 14 gennaio 1966.

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