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NEW YORK, STORIA & FUTURO

I ricordi di un viaggio” a New York di anni addietro ci hanno permesso qualche riflessione sulla fotografia. Sì, perché là le cose sono diverse: dove l'immagine è più “arte” rispetto a quanto rappresenti da noi. Lo sappiamo bene, ci stiamo indirizzando verso un territorio minato: quello che appunto vorrebbe indagare circa il valore artistico della fotografia. Il punto comunque non sta lì, nel senso che da tempo negli USA si è fatto sì che la nostra passione potesse essere equiparata alle altre arti. Ci stiamo riferendo all'habitat culturale, ma anche a nomi quali Stieglitz e Steichen che a lungo si sono prodigati in tal senso.

Già sentiamo le prime obiezioni: “Gli Stati Uniti hanno una storia breve, non hanno tradizioni”. Forse sarà così, ma le radici del tutto crediamo risiedano anche altrove: particolarmente in quanto è accaduto nel '500, nel periodo del Concilio di Trento, fino al '600. L'Europa protestante divenne iconoclasta, l'Italia (o quello che era) permise il culto delle immagini dei Santi. Potrebbe essere intuibile come al permanere dei decoratori, in casa nostra, sia corrisposta una sorta di cecità all'immagine nell'area “dell'EURO” anglosassone, fino al fatidico 1839. La fotografia divenne per molti (di là) sinonimo di libertà, di consapevolezza dell'io, di modernità: cose ben lontane da quelle espresse nella “noiosa” dissertazione sul dagherrotipo di Macedonio Melloni, a Napoli nel novembre del 1839.

Siamo figli della nostra storia, ecco tutto e, d'ora in poi, non dovremo più chiederci perché la fotografia italiana sia sempre stata “alla rincorsa”, pur con nomi importanti da poter esprimere. Se comunque siamo entrati in un campo minato, desideriamo uscirne con facilità. Le cose sono così: punto. E poi? L'arte fotografica? Forse ha ragione Scianna (Ferdinando): se l'arte non vuole accogliere la fotografia, sarà peggio per lei.

Torniamo a New York. Nella “Grande Mela”, la fotografia respira in due grandi polmoni: il MoMA e il Metropolitan Museum. Cosa sia il primo lo si intuisce dall'introduzione alla guida, che parte proprio dal quesito sul proprio essere: tempio dell'arte? Santuario nel cuore della città? Laboratorio di conoscenza? Altro ancora? La risposta viene dopo: grande attenzione al passato, ma anche tanto rispetto per il futuro, le nuove tendenze, l'avanguardia culturale. Lì abita la fotografia, molto vicino agli impressionisti francesi: che forse debbono anche alla fotografia (chissà?) la nascita del proprio movimento culturale.

Al MoMA abbiamo visto immagini di E. Atget, D. Arbus, Henry Cartier Bresson, Fox Talbot, W. Evans, D. Lange, Man Ray, Maholy-Nagy, N. Nixon, T. Modotti, E. Smith, Stieglitz, P. Strand, E. Steichen, Weegee, Weston, e di altri ancora.

Un po' diverso è il discorso del Metropolitan Museum, che vede la luce del dipartimento di fotografia solo dal 1992, anche se la collezione fotografica del museo inizia sin dal 1928. L'anima della sezione fotografica è rappresentata da due raccolte, che abbracciano mezzo secolo: dal 1895 al 1945. La prima è la collezione Stieglitz, che donò le immagini in suo possesso (500) al museo nel 1946, anno della sua morte. La seconda è rappresentata dalla raccolta della Ford Motor Company, donata al Metropolitan nel 1987. Anche qui i nomi sono illustri.

Parleremo ancora di New York e della sua fotografia, anche perché sappiamo che è di casa. Soprattutto siamo orgogliosi del fatto che là si possa ricordare il passato, strizzando gli occhi al domani. Nessuna celebrazione, quindi, ma tanta “vera fotografia”: quella che piace a noi. Una cosa curiosa (ma ovvia al tempo stesso). Nei dipartimenti di fotografia non si potevano scattare immagini, contrariamente al resto del museo.

Parlando di New York non potevano mancare le fotografie di due grandi che hanno lavorato lì: Edward Steichen e Alfred Stieglitz, quest'ultimo nato proprio il 1° gennaio.

Buon anno

Il fotografo, Edward Steichen

Fotograficamente, Edward Steichen si è distinto in ruoli differenti. Durante la giovinezza è stato un fotografo di talento. Ha poi continuato ad alimentare la sua fama in ambito commerciale negli anni '20 e '30, restituendo ritratti eleganti di artisti e celebrità. Fu anche un importante curatore, organizzando tra l’altro la mostra "Family of Man" nel 1955.

Nato in Lussemburgo, il 27 marzo 1879, Steichen arriva negli Stati Uniti quando aveva due anni. Lui e i suoi genitori si stabiliscono nella piccola città di Hancock, dove il padre prestava servizio nelle miniere di rame. Quando il genitore smise di lavorare per le cattive condizioni di salute, la famiglia si trasferì a Milwaukee, nel Wisconsin, dove la madre sosteneva la famiglia lavorando come artigiana. A partire dall'età di 15 anni, Steichen ha svolto un apprendistato di quattro anni in un'azienda litografica. Durante gli anni '90 dell'Ottocento studiò pittura e fotografia, il che lo avvicinò alla corrente pittorialista. Le fotografie di Steichen furono esposte per la prima volta al Second Philadelphia Photographic Salon nel 1899, e da quel momento divenne presto una star.

Nel 1900, prima di compiere il primo di tanti lunghi viaggi in Europa, Steichen incontrò Alfred Stieglitz, che acquistò tre fotografie del giovane autore. Fu l'inizio di un’amicizia intima e reciprocamente gratificante, che sarebbe durata fino al 1917. Nel 1902 Stieglitz invitò Steichen a unirsi a lui e ad altri fotografi, nella fondazione della Photo-Secession, un'organizzazione dedicata alla promozione la fotografia come arte.
Nel 1905 Stieglitz aprì la sua prima galleria, originariamente chiamata Little Galleries of the Photo-Secession, ma meglio conosciuta come 291, dal nome del suo indirizzo al 291 della Fifth Avenue. Steichen divenne il collegamento francese della galleria. Usando i contatti che aveva stabilito in Europa, divenne il principale responsabile dell'organizzazione delle mostre di arte modernista francese che si tenevano al 291. Henri Matisse (1908) e Paul Cézanne (1910) esposero lì proprio per merito di Steichen.

La rottura tra Stieglitz e Steichen arrivò sull'orlo dell'entrata degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale, forse perché Steichen era un francofilo e Stieglitz apertamente legato alla Germania; o probabilmente perché Steichen era arrivato a credere che la Photo-Secession di Stieglitz e i suoi strumenti – la galleria 291 e la rivista Camera Work - fossero diventati i veicoli per un culto della personalità.
Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra nel 1917, Steichen si offrì volontario e fu nominato capo della fotografia aerea per l'esercito americano in Francia. La sua esperienza con le rigorose esigenze tecniche di questo lavoro ha cambiato la sua visione circa lo strumento fotografico. Dopo la guerra abbandonerà lo stile pittorialista, orientandosi verso una maggiore oggettività di descrizione e racconto.
Sempre in antitesi con gli atteggiamenti foto-secessionisti, Steichen si dedicò alla fotografia commerciale, fondando uno studio di successo, quando si trasferì a New York City nel 1923. Ha dedicato i successivi 15 anni della sua vita principalmente alla fotografia di moda e ritrattistica per le pubblicazioni Condé Nast, come Vogue e Vanity Fair. Chiuse lo studio il 1 ° gennaio 1938 e trascorse gran parte dei quattro anni successivi nella sua casa nel Connecticut, coltivando piante.

Un mese dopo l'attacco a Pearl Harbor, nel dicembre 1941, la Marina degli Stati Uniti fece di Steichen un tenente comandante incaricato di dirigere una registrazione fotografica della guerra navale nel Pacifico. Durante la seconda guerra mondiale, Steichen iniziò a collaborare con il Museum of Modern Art di New York City e nel 1947 fu nominato direttore del dipartimento di fotografia, posizione che manterrà fino al suo pensionamento 15 anni dopo. "The Family of Man", una mostra che ha curato nel 1955, è stata senza dubbio l’operazione più importante della sua lunga carriera. La mostra era basata sul concetto di solidarietà umana e Steichen ha selezionato 503 immagini da innumerevoli stampe arrivate da tutto il mondo. Si dice che la mostra sia stata vista da quasi nove milioni di persone in 37 paesi. Steichen ha continuato a curare molte mostre minori al museo, dimostrando così come volesse sostenere il mezzo fotografico per tutti i restanti anni della sua carriera. La sua autobiografia, A Life in Photography, è stata pubblicata nel 1963.
Edward Steichen muore il 25 marzo 1973, in Connecticut.

Il fotografo Alfred Stieglitz

Alfred Stieglitz nasce il 1° gennaio 1864 a Hoboken, nel New Jersey, da una famiglia tedesca. Studia Ingegneria meccanica al Politecnico di Berlino dove, per la prima volta, prende in mano una macchina fotografica. Quando torna negli Stati Uniti è già un fotografo stimato e premiato nell’ambito dei cosiddetti “pittorialisti”. I fotografi sono visti - e si sentono - meno “artisti”, perché si affidano a un mezzo meccanico che sembra non prevedere alcun tipo di abilità manuale. Si tratta di un dramma che scuote le vite di pittori e fotografi. I primi si domanderanno qual è il vero scopo del loro impegno e i secondi cercheranno di dimostrare in che senso la loro può essere considerata arte.
Alfred Stieglitz è un elemento fondamentale nella storia della fotografia, anche perché lui risulta essere un intellettuale completo. Al suo nome è legata la rivista di fotografia d’arte Camera Work e la galleria 291 (insieme al fotografo Edward Steichen). La prima fece conoscere agli americani un modo nuovo di intendere la fotografia, sia a livello tecnico sia a livello tematico. La seconda mostrò, in alcuni casi per la prima volta negli Stati Uniti, artisti europei come Paul Cézanne, Pablo Picasso, Henri Matisse.
Fondando Camera Work, Stieglitz vuole portare il livello di fotografia alla pari con i risultati europei. Tra il 1903 e il 1917 la rivista pubblica immagini di una nuova generazione di fotografi americani di grande talento. Stieglitz battezza il gruppo Photo-Secession, con riferimento alla frattura prodotta in Europa dalla Secessione austriaca e tedesca. Ma a produrre la vera rottura è lui stesso con le sue fotografie.
Alfred Stieglitz arriverà a rompere con il pittorialismo, in maniera assoluta e completa. Aprirà così le porte a un nuovo modo di concepire la fotografia d’arte. Saranno importanti l’inquadratura, la composizione, l’esposizione, il gioco di luci e di toni di nero. Anche la qualità materiale della stampa risulterà fondamentale, tanto che Stieglitz non concepisce che le proprie immagini possano essere riprodotte. Tutti questi elementi, che appartengono esclusivamente alla fotografia, diventano l’ambito della ricerca artistica. Lo scopo è il racconto di ciò che le cose suscitano nel profondo dell’animo degli uomini.

Le fotografie

Edward Steichen, The Flatiron, 1904
Reflections night, New York. Alfred Stieglitz, 1896

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