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UTO UGHI, LA VOCE DEL VIOLINO

Uto Ughi è un tipico violinista di scuola italiana: solido tecnicamente e dalla sonorità ampia e avvolgente. Il suo repertorio spazia dal Barocco italiano al Novecento. Le sue incisioni comprendono molti dei grandi concerti violinistici, ma anche alcuni di Giuseppe Tartini; ha inoltre inciso le sonate di Ludwig van Beethoven con Wolfgang Sawallisch al pianoforte e le opere per violino solo di Bach.

Noi abbiamo conosciuto Uto Ughi con il concerto K219 per violino e orchestra di Wolfgang Amadeus Mozart, uno dei cinque composti a Salisburgo nel 1775 e concluso il 20 dicembre. Il compositore austriaco, oltre al clavicembalo e all'organo nei quali eccelleva con genio, durante l’infanzia aveva studiato violino e a diciassette anni improvvisava in pubblico con maestria. Del K219 ricordiamo l’adagio (il secondo movimento): un’espansione di melodia e raffinatezza, con delle anticipazioni romantiche. L’intensità del violino non si perde mai e canta come una voce calma e serena, soprattutto nell’esecuzione di Uto Ughi.

Uto Ughi suona con un violino Guarneri del Gesù del 1744, che possiede un suono caldo dal timbro scuro ed è forse uno dei più bei “Guarneri” esistenti, e con uno Stradivari del 1701 denominato “Kreutzer” perché appartenuto all’omonimo violinista a cui Beethoven aveva dedicato la famosa Sonata.

Uto Ughi, note biografiche

Uto Ughi è nato a Busto Arsizio (VA) il 21 luglio 1944. Ha iniziato a studiare violino nella tenera infanzia e si è esibito per la prima volta in pubblico a sette anni, eseguendo la Ciaccona dalla Partita n. 2 in Re minore per violino solo BWV 1004 di Johann Sebastian Bach. All’inizio degli anni Cinquanta incontrò George Enescu presso l’Accademia Musicale Chigiana di Siena, il quale lo accettò come uno dei suoi ultimi allievi, a Parigi, dove il giovane Ughi rimase due anni, per poi completare gli studi presso il Conservatorio di Ginevra. Quando era solo dodicenne la critica scriveva di lui: «Uto Ughi deve considerarsi un concertista artisticamente e tecnicamente maturo».
Ha iniziato le sue grandi tournèes europee esibendosi nelle più importanti capitali europee. Da allora la sua carriera non ha conosciuto soste. Ha suonato infatti in tutto il mondo, nei principali Festivals con le più rinomate orchestre sinfoniche tra cui quella del Concertgebouw di Amsterdam, la Boston Symphony Orchestra, la Philadelphia Orchestra, la New York Philharmonic, la Washington Symphony Orchestra e molte altre, sotto la direzione di maestri quali: Barbirolli, Bychkov, Celibidache, Cluytens, Chung, Ceccato, Colon, Davis, Fruhbeck de Burgos, Gatti, Gergiev, Giulini, Kondrascin, Jansons, Leitner, Lu Jia, Inbal, Maazel, Masur, Mehta, Nagano, Penderecki, Pretre, Rostropovich, Sanderlin, Sargent, Sawallisch, Sinopoli, Slatkin, Spivakov, Temirkanov.

Uto Ughi non limita i suoi interessi alla sola musica, ma è in prima linea nella vita sociale del Paese e il suo impegno è volto soprattutto alla salvaguardia del patrimonio artistico nazionale. In quest'ottica ha fondato il festival "Omaggio a Venezia", al fine di segnalare e raccogliere fondi per il restauro dei monumenti storici della città lagunare. Conclusa quell'esperienza, il festival "Omaggio a Roma" (dal 1999 al 2002) ne raccoglie l'ideale eredità di impegno fattivo, mirando alla diffusione del grande patrimonio musicale internazionale; concerti aperti gratuitamente al pubblico ed alla valorizzazione dei giovani talenti formatisi nei conservatori italiani. Tali ideali sono stati ripresi nel 2003 e attualmente portati avanti dal festival "Uto Ughi per Roma" di cui Ughi è ideatore, fondatore e direttore artistico.

Recentemente la Presidenza del Consiglio dei Ministri l’ha nominato Presidente della Commissione incaricata di studiare una campagna di comunicazione a favore della diffusione della musica classica presso il pubblico giovanile.
Il 4 settembre 1997 il Presidente della Repubblica gli ha conferito l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce per i suoi meriti artistici.
Nell'Aprile 2002 gli è stata assegnata la Laurea Honoris Causa in Scienza delle Comunicazioni. Di particolare rilievo è la pubblicazione del libro “Quel Diavolo di un Trillo – note della mia vita”, avvenuta nel 2013, edito da Einaudi: la storia di una vita incredibile, interamente dedicata alla musica.

(Fonte: sito ufficiale del violinista)

Il fotografo, Mario De Biasi

Mario De Biasi è nato nel 1923 a Sois, in provincia di Belluno. Inizia a fotografare in Germania, dove era stato deportato durante la seconda guerra mondiale. Nel 1948 presenta la sua prima mostra personale. Nel 1953 passa al professionismo presso la rivista Epoca, che, tra il 1950 ed il 1997, veniva considerata la versione italiana dei magazine statunitensi, “LIFE” in testa. Lì realizzò i suoi più famosi reportage. In oltre cinquant’anni di attività ha pubblicato oltre 70 libri fotografici.
Del fotografo, molti ricorderanno la famosa fotografia in cui si vede un gruppo di uomini che insieme si voltano per guardare quasi ipnotizzati Moira Orfei che cammina, girata di spalle e di bianco vestita. Siamo a Milano, di fronte alla Galleria, in piazza del Duomo. Nell’immagine c’è tutta l’Italia del tempo: una FIAT, la Lambretta, il quotidiano nella tasca della giacca; ma anche una buona dose di sano ottimismo. Il PIL, al tempo, cresceva a due cifre.
Il grande talento del maestro stette nella capacità di raccontare l’Italia e gli italiani così come li vedeva, com’erano: reali, veri, semplici. L’attenzione per Uto Ughi ne è una prova.

Mario De Biasi in mostra

A Mario De Biasi (Sois, Belluno, 1923 - Milano, 2013), tra i più straordinari interpreti del Novecento, instancabile viaggiatore e osservatore del mondo, è stata dedicata la grande retrospettiva che la Casa dei Tre Oci di Venezia ha presentato a fine 2021 (fino al 9 gennaio 2022), dal titolo: “Mario De Biasi, fotografie 1947-2003”.

256 fotografie, metà delle quali inedite e vintage, ripercorrevano l’intera produzione del fotoreporter, dagli esordi della sua collaborazione con la rivista Epoca fino agli ultimi lavori. Per la prima volta, in quella mostra, le fotografie di De Biasi sono state accostate e integrate con i disegni dell’autore, che ne raccontano la poliedricità e la complessità del lavoro.

Mario De Biasi da leggere e vedere

EPOCA, Arnoldo Mondadori Editore

Presso un mercatino, troviamo una copia (edizione speciale) di EPOCA, il LIFE italiano, datata 11 novembre 1956. La curiosità ci spinge all’acquisto: ne è valsa a pena. All’interno troviamo un ampio servizio (30 pagine) circa le tragiche giornate di Budapest. Le firme del pezzo sono di Massimo Mauri (giornalista) e Mario De Biasi (fotografo), accoppiati nella fotografia d’inizio articolo. Immagini e parole si trainano a vicenda, in un racconto rafforzato: una delizia da leggere e guardare. Ricordiamo che Epoca nasce a Milano il 14 ottobre 1950. In redazione hanno lavorato, tra dli altri, Aldo Palazzeschi, Cesare Zavattini, Giovanni Spadolini (futuro direttore del Resto del Carlino, nonché primo ministro della Repubblica). Il Numero che riportiamo vedeva Arnoldo Mondadori come Direttore. Di lì a breve gli succederà (30 dicembre ’56) Enzo Biagi: tanta roba!

Le fotografie

Uto Ughi fotografato da Mario De Biasi, Val Badia 1970.

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