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L’ESERCITO USA IN VIETNAM

9 febbraio 1965, le prime truppe combattenti degli Stati Uniti vengono inviate nel Vietnam del Sud. Prende definitivamente corpo così uno dei capitoli più controversi della storia moderna, laddove sono gli stessi USA a interrogare se stessi. All’interno vive la contestazione, che peraltro ebbe una dimensione globale, particolarmente a livello studentesco.
Vanno ricordati, sempre in ambito USA, gli avvenimenti del 3 novembre 1969. Nei campus delle università americane, tra cortei e dimostrazioni, andava in scena la più grande crisi d’identità che mai gli americani avessero vissuto nella loro storia. Le generazioni dei giovani che avevano creduto al sogno di Kennedy di un’America di liberi e uguali, bruciavano la bandiera a stelle e strisce. Nella seconda guerra mondiale aveva rappresentato per tutto il mondo il simbolo della libertà dal dominio del nazismo e del fascismo. Adesso, nel mondo bipolare della guerra fredda, diventava l’emblema di un conflitto infinito tra le due super potenze che si contendevano i popoli poveri e deboli, i Davide in rivolta contro i Golia. E i giovani stavano dalla parte di Davide e dicevano basta alle guerre, basta alla minaccia atomica che pesava su tutto il pianeta.

Molti fotografi raccontarono il Vietnam della guerra, con delle immagini diventate iconiche: Nik Ut, Horst Faas, Eddie Adams, Don McCullin, Larry Burrows e tanti altri. C’era anche il nostro Romano Cagnoni, a raccontare però il Vietnam del nord.
Anche il cinema si è occupato a lungo del Vietnam, dipingendo scenari alienati, personaggi all’oblio, spettacolarizzando (purtroppo) un conflitto diventato a sua volta idea. Trash a parte, ricordiamo Apocalipse Now (con Dennis Hopper nelle vesti di un fotografo) e Platoon.
Il 30 aprile 1975 finisce tutto, con delle cifre impressionanti (cinquantamila americani uccisi e tre milioni di vietnamiti deceduti). Su suolo del Vietnam sono cadute tante bombe come cinque guerre mondiali. Per anni quella nazione si classificherà al secondo posto come esportatrice di metallo riciclato.

Come dicevamo, molti fotografi si sono impegnati nel raccontare gli eventi bellici del Vietnam, ai tempi al centro della comunicazione mediatica. Alcune immagini sono poi diventate iconiche e indimenticabili. E’ il caso dello scatto di Eddie Adams, che gli valse il premio Pulitzer. La foto ritrae il generale Nguyễn Ngọc Loan mentre spara alla testa di Nguyễn Văn Lém, un prigioniero, nelle strade di Saigon. Adams ha fissato per sempre nella pellicola l’attimo in cui il proiettile entra nella testa del prigioniero, una foto di guerra che è stata definita tra le più drammatiche e impressionanti.

Tra le immagini celebri, non possiamo dimenticare quella della bambina di Nick Ut, che si riferisce a fatti accaduti l’8 Giugno 1972 nel villaggio di Trang Bang, teatro di uno dei più tragici giorni della guerra. Lì, per registrare gli eventi, vi erano una manciata di giornalisti e cameramen, ma Nick è riuscito a catturare quello che il fotografo francese Henri Cartier-Bresson definiva "il momento decisivo". Una bambina di nove anni, di nome Kim Phúc, sarebbe diventata il volto di tutto ciò che vi era di sbagliato nella guerra.

I due fotografi di oggi

Non proporremo le immagini di Eddie Adams e Nick Ut, che peraltro abbiamo già pubblicato. Ci occuperemo così di altri due fotografi, Larry Burrows e Romano Cagnoni.

Nella primavera del 1965, a poche settimane dall'arrivo in Vietnam di 3.500 marines americani, un britannico di 39 anni di nome Larry Burrows iniziò a lavorare a un servizio per la rivista LIFE, raccontando l'esperienza quotidiana delle truppe statunitensi sul campo e nell'aria, nel mezzo della guerra che si allarga rapidamente. La fotografia che riportiamo riguarda una disastrosa missione in elicottero del 31 marzo 1965. Il racconto fotografico di Burrows, con le sue immagini e il suo resoconto personale dell'operazione straziante, fu pubblicato due settimane dopo nel numero del 16 aprile 1965 di LIFE.

Romano Cagnoni riuscì a entrare in Vietnam del Nord, tra i pochissimi fotografi non comunisti; ma anche ad avvicinare il leader politico Ho Chi Minh e a farsi concedere un ritratto. Pare gli abbia detto: “I popoli d’Occidente che amano la libertà sarebbero lieti di vederla in buona salute”. La fotografia, di grande successo, divenne la copertina di LIFE del 14 gennaio 1966.
Romano Cagnoni ci ha lasciato il 30 gennaio 2018, nella sua Pietrasanta, dove aveva visto i natali. Noi lo avevamo incontrato tre anni prima, dedicandogli la copertina di Image Mag (settembre-ottobre 2015).

Larry Burrows, il fotografo

Larry era inglese. Educato e schivo, amava i suoi amici e le persone in generale. Durante i combattimenti si distingueva per il coraggio.
In guerra ne ha passate tante, venendone sempre fuori illeso, quasi per magia; tant’è vero che era diventato un mito dell’invulnerabilità. Molti pensavano che fosse protetto da un'armatura invisibile. In realtà lui credeva in se stesso ed era cosciente dei pericoli che stava affrontando. Il suo impegno era profondo, assoluto. Avrebbe potuto essere un chirurgo o un soldato; o qualsiasi altra cosa. Scelse però la fotografia, così il lavoro era diventato la sua vita e, alla fine, la sua morte.
Vale la pena raccontare un piccolo episodio che mostra come il fotografo britannico, con la propria ironia, si sia reso simpatico agli altri. Quando era volato dal Vietnam agli uffici di Life a New York, il fotografo ebbe modo di scusarsi, perché temeva che le sue didascalie fossero scadenti rispetto al contenuto delle immagini. "Scusatemi per i titoli”, disse. "Vi era un fitto fuoco di cecchini ed io non osavo tirar fuori il taccuino bianco”.
Burrows è nato a Londra il 26 maggio 1926. Ha lasciato la scuola a sedici anni, iniziando a lavorare nell’ufficio londinese della rivista Life. Lì ha iniziato a stampare fotografie. Alcuni lo accusarono di aver bruciato, nell’armadio di asciugatura, i negativi del fotografo Robert Capa: quelli relativi allo sbarco in Normandia (D-Day); altri attribuiscono l’errore ad un altro tecnico. Burrows, diventato fotografo, si è occupato della guerra del Vietnam dal 1962 fino alla sua morte, nel 1971.

Romano Cagnoni, il fotografo

Romano Cagnoni è un fotografo riconosciuto e premiato a livello internazionale come uno dei più importanti del ventesimo secolo. Le sue fotografie sono state pubblicate sulle copertine e prime pagine di quasi tutti i più significativi giornali e riviste d’ Europa e degli Stati Uniti. È molto famoso per i suoi lavori di documentazione di guerre e conflitti globali. Durante la sua carriera ha prodotto immagini intellettualmente stimolanti che mostrano a noi stessi la condizione della nostra esistenza ma anche le nostre speranze di cambiarla.

Il suo primo incontro con la macchina fotografica avviene nei primi giorni del dopoguerra, lavorando come assistente presso un fotografo locale bisognoso di trasportare pesante attrezzatura negli studi di scultura di Pietrasanta. Senza aver mai preso in mano un libro di fotografia, inizia così a fotografare tutto ciò che lo affascina, vendendo anche ritratti ai bagnati della costa toscana.
La sua carriera di fotogiornalista inizia quando si trasferisce a Londra nel 1958 dove conosce Simon Guttmann (colui che avviò al fotogiornalismo Robert Capa) ed inizia con lui a lavorare ad argomenti culturali per giornali di qualità. Dopo aver fotografato con successo la campagna elettorale di Harold Wilson, che lo porterà a divenire primo ministro per il partito laburista, Cagnoni insieme con James Cameron è il primo fotografo non comunista ammesso in Nord Vietnam durante gli anni tumultuosi della guerra. Life Magazine pubblicherà al suo ritorno la fotografia del presidente Ho Chi Minh in copertina.
Dopo questa esperienza Cagnoni inizia a pianificare e produrre reportage internazionali per proprio conto. Fotografa in Biafra durante la guerra civile in Nigeria, le cui fotografie vengono pubblicate in grande tiratura da diverse edizioni di Life Magazine facendogli ottenere in America il premio “Overseas Press Award”. Inoltre documenta insieme con lo scrittore Graham Greene, il Cile di Allende, il ritorno di Peron in Argentina, la guerra del Yom Kippur in Israele, la guerra in Cambogia, la guerra in Iugoslavia (con una macchina di grande formato ) e nel 1995 è a Grozny in Cecenia, dove mette in piedi uno studio nella zona di combattimento per fotografare i guerriglieri ribelli. E molte altre storie.
Dopo aver lavorato a Londra per più di trent’anni ritorna nella sua città natale di Pietrasanta dov’è circondato dal paesaggio della sua giovinezza che trova però molto cambiato e decide così di fotografarlo. La serie fotografica “Upside Down memories” che ne risulta è tecnicamente affascinante per le superfici che sembrano dipinte con strati successivi di colore e per i ritmi delle forme che sembrano essere realizzati con Photoshop. In realtà il solo aiuto avuto per fotografare queste memorie è stato il “fantasma della pittura”.
Più recentemente amplia il concetto stesso di come si guarda una fotografia. Sviluppa strutture fotografiche che chiama: Electroluminescent bas-reliefs. In questi bassorilievi elettroluminescenti la percezione della realtà è riconfigurata nel tentativo di riarticolare l’estetica tradizionale in maniera che rispecchi gli aspetti e le circostanze della vita contemporanea.

Cagnoni ha realizzato nella sua carriera più di 45 mostre personali, ha ricevuto molti premi e pubblicato 16 libri. Insieme a Henry Cartiera-Bresson, Bill Brandt, Don McCullin e Eugene Smith è stato, nel libro “Pictures on the Pages” del già editore del Sunday Times Harold Evans, riconosciuto come uno dei più famosi fotografi del mondo.

Le fotografie

Larry Burrows Vietnam, One Ride with Yankee Papa 13 (l’elicottero)
Una milizia nordvietnamita, Vietnam, 1965. Ph. Romano Cagnoni.

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