FOTOGRAFIA DA LEGGERE …
«Il mondo, la vita, le persone mi appassionano. Li fotografo per cercare di conoscerli, per conoscermi, per esprimere i pensieri, i sentimenti, le emozioni che mi suscitano. Per conservare una traccia. Per me la fotografia è racconto e memoria».
(Ferdinando Scianna).
La frase precedente, a firma di Ferdinando Scianna, troneggia nella quarta di copertina della sua autobiografia: “Autoritratto di un fotografo”, Bruno Mondadori Editore (2011); il libro che segnaliamo nella consueta rubrica del lunedì, “Fotografia da Leggere”.
Il fotografo siciliano è un autore che più di altri è riuscito a coniugare la fotografia con la parola scritta, aprendo così un ventaglio di riflessioni utili a comprendere anche il nostro desiderio d’immagine.
In un incontro, a lui abbiamo chiesto: «Hai anche scritto la tua biografia, che in realtà risulta essere un romanzo di te stesso: E’ corretta questa visione?». Ecco cosa ha risposto: «Sì, un romanzo nato tra tante difficoltà. Quando è nata l’idea del libro, mi sono chiesto perché dovesse essere affidato a un altro autore. Ne sarebbe sorta una complicazione forte. Volevo mettere insieme un racconto, per spiegare da dove nascessero le mie fotografie. Devo dire che il lavoro è stato impegnativo: scrivere un autoritratto vuol dire assumere la “postura” di uno scrittore, per non cadere in un dettato autobiografico».
Con questa premessa nasce il libro cha abbiamo tra le mani, comperato peraltro dodici anni addietro. Una volta letto, ci siamo trovati a consultarlo più volte; questo perché risulta essere ben strutturato in capitoli, tutti animati da un forte istinto narrativo, da romanzo potremmo dire.
Nell’incontro citato in precedenza, abbiamo rivolto a Scianna un’altra domanda: «Nella tua biografia, l’anello di congiunzione tra scrittura e fotografia parte da lontano, dalla giovane età, non è vero?». Lui ci ha risposto così: «Nasce soprattutto con Leonardo Sciascia. Lui vide la mia prima mostra e gli feci visita a Racalmuto. Lo definisco il mio angelo paterno, anche perché mi suggerì: “Leggi questo”, riferendosi a un libro. Ho così scoperto la meraviglia della lettura, l’universo del leggere.
Ecco un’atra domanda rivolta al fotografo siciliano: «La tua scrittura, poi, è lentamente diventata un lavoro, cos’è successo?». Risposta: «Sì, il lavoro del giornalista. I miei amici più importanti sono diventati scrittori, penso ad esempio a Milan Kundera. Così ho compreso la differenza tra la scrittura giornalistica e quella letteraria. Nello stesso tempo, ho preso coscienza del fatto che le mie fotografie potessero essere non solo guardate ma anche “lette”, così ho iniziato a scrivere testi che si adattassero alle immagini. Non si trattava di semplici didascalie, ma della creazione di un linguaggio congiunto. La parola è la creazione più importante dell’uomo. Non esiste fotografo che possa essere messo al fianco di Omero o Dante.
Abbiamo parlato a lungo con Ferdinando Scianna, anche della sua vita. E lui ci ha spiegato come la sua esistenza abbia rappresentato un piatto ben confezionato, dove lui ha utilizzato bene gli ingredienti. Ovviamente si riferiva agli incontri che gli si sono parati davanti; ma a noi tutto questo è apparso troppo semplice, eccessivamente logico. Ci deve essere stato dell’altro, almeno un istinto riconoscibile da pochi; probabilmente una forza interiore chiamata coraggio, desiderio, passione, persino carnalità. Forse la sua terra (la Sicilia) gli è andata incontro, regalandogli il sole, la luce, la cultura (e lo sguardo) per leggerla; ma anche un sapere antico, che gli sta addosso anche quando la lascia, e vive lontano.
Ecco, sì: Ferdinando è partito da giovane. Ce l’ha raccontato, però, senza rimpianto; e nemmeno retorica. Lo strappo c’è stato, ricucito (ma mai dimenticato) dalle cose della vita.
La sua fotografia? Ne abbiamo parlato poco: molto meglio guardarla. Si è preferito spiegare la nostra curiosità per un’esistenza che vorremmo farci raccontare più volte. E’ lì il segreto delle sue immagini, svelato da pochi edotti che ne hanno saputo leggere, prima di altri, lucidità e spirito narrativo.
Ci rendiamo conto di aver scritto solo delle premesse, ma il volume va letto nella sua interezza. La nostra paura era quella di costruire un sunto superficiale di un testo, diluendone il contenuto e persino il modo col quale è stato esposto. Non ci resta che augurare una buona lettura.
Ferdinando Scianna, note biografiche
Ferdinando Scianna nasce a Bagheria in Sicilia, nel 1943. Comincia a fotografare negli anni '60, mentre frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia all' Università di Palermo. In questo periodo fotografa, in modo sistematico, la sua terra, la sua gente, le sue feste. Nel 1965 esce il volume Feste Religiose in Sicilia, con un saggio di Leonardo Sciascia: ha così inizio una lunga collaborazione e amicizia tra Scianna e lo scrittore siciliano. Pochi anni più tardi, nel 1967, si trasferisce a Milano, lavora per L'Europeo, e poi come corrispondente da Parigi, citta in cui vivrà per dieci anni. Nel 1977 pubblica in Francia Les Siciliens (Denoel), con testi di Domenique Fernandez e Leonardo Sciascia, e in Italia La villa dei mostri, sempre con un'introduzione di Sciascia. A Parigi scrive per Le Monde Diplomatique e La Quinzaine Litteraire e soprattutto conosce Henri Cartier-Bresson, Ie cui opere lo avevano influenzato fin dalla gioventù. Il grande fotografo lo introdurrà nel 1982, come primo italiano, nella prestigiosa agenzia Magnum. Dal 1987 alterna al reportage la fotografia di moda riscuotendo un successo internazionale. È autore di numerosi libri fotografici e svolge da anni un'attività critica e giornalistica; ha pubblicato moltissimi articoli su temi relativi alla fotografia e alla comunicazione per immagini in generale. Gli ultimi libri pubblicati con Contrasto sono Ti mangio con gli occhi (2013), Visti&Scritti (2014), Obiettivo ambiguo (2015) e In gioco (2016).
La fotografia
Copertina del libro “Autoritratto di un fotografo”, Bruno Mondadori Editore (2011)