GIORNATA MONDIALE DEL BIKINI
Il 5 luglio del 1946 nasce il bikini. Lo stilista francese Louis Réard, il creatore, ha cambiato per sempre la storia della moda. Il “due pezzi” divenne un vero e proprio capo di tendenza: da qui la giornata mondiale.
Abbiamo scelto una notizia estiva, che peraltro avevamo già pubblicato, per un 5 luglio che propone altre ricorrenze. Oggi merita di essere ricordato Joseph Nicéphore Niépce, un padre della fotografia. Nel 1826 lui riuscì a ottenere una veduta della finestra del suo studio, al primo piano della casa di campagna nei pressi di Saint-Loup de Varenne, in Borgogna. Non si trattò di uno scatto, la posa durò otto ore. Niépce moriva il 5 luglio 1833.
Passiamo al calcio. È il pomeriggio del 5 luglio 1982, sono le 17,15. Qui in Italia c’è un caldo torrido e anche in Spagna non si scherza: Italia-Brasile finisce 3 a 2 e diventa leggenda: la partita più bella della storia, quasi un remake di Italia-Germania 4-3 di Mexico ’70.
In quel luglio 1982, il ritratto della nostra Italia è contraddittorio, come sempre. Alle spalle vi sono gli anni terribili di violenza e terrorismo (altri ne arriveranno), con un debito pubblico che cresce esageratamente: quello lasciato in eredità alle generazioni future. Viene infatti rotto allora il “patto generazionale”, che avrebbe previsto come ogni generazione sarebbe stata meglio delle precedenti, per via degli investimenti di padri e madri sul futuro dei figli.
Si fa comunque festa, anche per merito degli azzurri di Spagna, perché la voglia di rinascita emerge e diventa tangibile. Milano era già “da bere”. L’anno dopo il Governo Craxi avrebbe elargito ottimismo per un triennio.
Il 5 luglio nasceva Jean Cocteau, regista, poeta, drammaturgo, scrittore francese e autore di alcuni saggi. Per parlare di lui ci sarebbe venuto in aiuto Robert Doisneau. Avremo comunque tempo e modo per parlarne.
Torniamo al bikini. Tutto nacque per una bomba, anzi due: quelle all’idrogeno sganciate nel luglio del 1946 dagli americani, che conducevano test nucleari, su un atollo delle Isole Marshall, Bikini per l’appunto. Lo stilista Louis Réard era convinto che la nuova moda avrebbe causato effetti esplosivi e dirompenti sulla società e sui costumi, al pari di quanto avveniva nell’atollo.
Circa le fotografie, non volevamo cadere nel banale. Potevamo mostrare attrici, modelle, scene di film, ma abbiamo preferito sorvolare. Il bikini è estivo, per natura, come la scelta di oggi. Proponiamo quindi un’immagine da catalogo (autore Beppe Buttinoni) e una scena di spiaggia (a firma Massimo Sestini). In quest’ultima c’è tutta l’estate come la vogliamo, da comuni mortali. Il sex appeal lo lasciamo alla fantasia e alla storia di un tempo che è stato.
Beppe Buttinoni, un incontro
Incontriamo Beppe Buttinoni presso il suo studio. Lo raggiungiamo dopo un’oretta di viaggio da Milano, districandoci tra le rotonde (nascono come funghi!) della bergamasca. Lo stabile è grande, spazioso: diviso su due piani; al primo, il luogo dello scatto, con fondali enormi, bank, luci, pannelli. L’approccio di Beppe è cordiale, un po’ come lo immaginavamo. Sta per iniziare una seduta di shooting, ma lui è tranquillo: preso più dal telefono e dalle compagnie aeree che gli spostano i voli. «Debbo andare in Egitto ed ancora non so quando potrò partire», ci dice. «La stylist è a New York e credo non potrà viaggiare con noi», aggiunge.
Grande fermento, quindi: questo è ciò che notiamo da subito. Nello studio si lavora molto, ma l’attenzione per le luci è quasi maniacale. Questo ci piace, anche perché vediamo (in diretta) la genesi della foto. «Mi piacciono le luci che dipingono», ci spiega Beppe: «Ed anche delle sorgenti forti che provengano da dietro il soggetto, quasi a tagliarlo». Noteremo questi aspetti tecnici visionando le sue fotografie, come anche un formalismo d’immagine non scontato.
Costumi e intimo si vedono un po’ ovunque, ma spesso manca l’originalità, il nuovo, forse anche l’azzardo. Beppe guarda oltre, perché ha dalla sua la luce e l’ombra. Queste vengono usate con maestria: non per giocare su cosa svelare o nascondere, ma al fine di esaltare il soggetto; che quindi è interprete della scena e non solo illuminato di bianco.
Beppe Buttinoni, note biografiche
Beppe Buttinoni è nato nel 1961. Dopo le scuole superiori, nel 1983, ha iniziato i suoi studi di fotografia commerciale e di moda allo IED (Istituto Europeo di Design) di Milano. Il suo primo Portfolio gli ha dato la possibilità di iniziare a lavorare per un certo numero di Aziende commerciali e di abbigliamento. Nel frattempo, approfondisce e migliora le sue conoscenze frequentando workshop guidati da fotografi di fama internazionale e corsi specializzati in Italia e all'estero, da cui attinge quelle tecniche che trasferisce nei propri lavori.
Si dedica con successo alla fotografia pubblicitaria, che per lunghi periodi lo vede intento ad approfondire le più avanzate tecnologie analogiche e digitali.
Dalla creatività vivida e intrigante, amplia di continuo le proprie conoscenze, con una ricerca dedicata allo studio della luce in location e all’aperto.
Nel corso degli anni è riuscito a viaggiare spesso in molti paesi per realizzare i servizi fotografici.
La fotografia impossibile di Massimo Sestini, un incontro
Non è la prima volta che incontriamo Massimo Sestini: era già successo sette anni addietro e ne scaturì un’intervista dal titolo “La Fotografia Impossibile”. Oggi ci rammarichiamo di aver riservato unicamente un ambito “estremo” al lavoro del fotografo fiorentino. E’ vero: lui si presenta adrenalinico, esplosivo, persino imprevedibile; però le sue immagini stanno raccontando spettacolarmente le piccole e grandi storie del nostro Paese e di tutto il mondo.
Massimo Sestini è una notorietà nel suo genere. Lungo le pareti del suo studio, a Firenze, riconosciamo tante fotografie, ormai icone del nostro tempo, di fianco ai suoi backstage. Lo vediamo “appeso” ad un elicottero, all’interno di un caccia della Marina Militare o immerso di fianco a un sommergibile. Questa volta, però, non ci lasciamo ingannare. Per quanto difficili (o impossibili) gli appostamenti di Massimo rappresentano punti di vista autoriali, scelti per raccontare: in profondità.
Lui si definisce anche paparazzo (termine del quale abusa), forse per via degli esordi. No, non è il termine a spaventarci (il capostipite dei paparazzi era tale solo perché padre, ma sempre di fretta, papà-razzo), bensì la linea di demarcazione che si sviluppa tra bene e male; tra la presunzione culturale e la stessa che, dall’altra parte, condanna senza tregua un’informazione anche “spinta”, ma sincera. Non siamo certo qui a decidere del dove collocare quella riga.
Preferiamo guardare le fotografie, giudicandole per quello che sanno restituirci, scoprendo così come siano belle, buone ed efficaci. Ne esce un Sestini giornalista, con il cuore per la notizia; ma anche un altro: tecnologico, coraggioso, senza limiti, però fotografo vero, e per nulla spavaldo. Crediamo altresì che le sue “imprese” nascano anche dal desiderio di superarsi, per dedicare al soggetto la propria timida sensibilità; del resto molti dei suoi lavori sono strutturalmente unici, particolarmente quelli scattati in volo. Quando si è lassù, in uno “zenit personale”, si ha solo un’opportunità, che poi è la visione d’insieme. Gli altri accadimenti sono preclusi, lasciati ai terrestri; e Massimo può solo guardare, pensando a noi: con una preghiera tutta sua.
Massimo Sestini, note biografiche
Massimo Sestini è nato a Prato (Firenze) nel 1963. Le prime fotografie le scatta mentre frequenta il liceo scientifico: concerti rock e le primissime foto rubate al mare, a Forte dei Marmi. Qui è istruttore di windsurf e si fa passare informazioni dai bagnini. Alla fine del liceo comincia a occuparsi di cronaca locale, passando dalla Nazione a una piccola agenzia fiorentina, la Fotocronache di Fulvio Frighi; collabora a un altro quotidiano, La Città. Pubblica i primi servizi. Non compie nessuno studio di fotografia, ma ricorda che qualcosa al liceo gli hanno insegnato.
Comincia a occuparsi di grande cronaca e piazza i suoi primi scoop nel 1984. Riesce a fotografare Licio Gelli a Ginevra mentre viene scortato in carcere e il 23 dicembre1984 è il solo fotografo ad entrare nel vagone del Rapido 904 annientato da una bomba nella Galleria di San Benedetto Val di Sambro. Una sua foto sarà la cover di Stern.
Anche se sempre più attratto da avvenimenti internazionali, non perde la passione per la cronaca della sua città: con l’apertura dell’edizione di Firenze de La Repubblica, nel 1988, comincia a presentarsi come il punto di riferimento per la copertura fotografica di città e regione. Vince l’appalto fotografico per Repubblica. Lo terrà per una decina d’anni. Manterrà quindi a lungo una doppia funzione: fotografo e agente, coordinando il lavoro di reporter locali.
Inizia a lavorare sempre di più a livello internazionale e nel decennio successivo collabora con le principali agenzie fotografiche italiane (l’agenzia di Giovanni Liverani, l’Olympia di Walfrido Chiarini, Farabola, Contrasto), ottiene un contratto di fotografo staff dalla grande agenzia francese Gamma, che gli permetterà di essere presente ai grandi fatti, cerimonie internazionali, inizia la sua collaborazione con tutte le principali testate italiane.
E’ un decennio di attività formidabile. Bossi in canottiera, il funerale di Casiraghi nel 1990, il bikini di Lady D sono alcuni scatti celebri. E’ presente e scatta la foto esclusiva nei tragici avvenimenti italiani: l’incursione sulla Moby Prince in fiamme, le foto aeree degli attentati a Borsellino e Falcone.
La collaborazione con Epoca di Roberto Briglia e Carlo Verdelli lo spinge al reportage, al fotogiornalismo, in cui una tappa importante è “Italia Novanta”. La fotografia sportiva è un’altra sua passione. La “scuola” di Epoca gli insegna a collaborare da giornalista con i settimanali, così diventa una presenza indispensabile per tutte le principali redazioni italiane: Panorama, Gente, Oggi, Sette, Il Venerdì, Espresso, Sorrisi e Canzoni.
Lavora per il Corriere della Sera. Sempre più organizza o improvvisa scatti aerei per cogliere la foto che nessun altro collega ha.
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta decide di imparare a fare anche i posati, per affrontare i personaggi con un’altra creatività. Luci, preparazione del set, inventiva per accontentare lo stile e le esigenze dei committenti: si trova così a rivedere spesso i personaggi dello spettacolo e della politica che aveva paparazzato, da fotografo “ufficiale” inviato dai giornali. In questo modo aggiunge a quotidiani e settimanali i mensili nella sua esperienza di fotografo “di giornali”, in particolare Style e le testate del gruppo Class.
Le fotografie
Un bikini di Beppe Buttinoni
Marina di Ragusa, vita da spiaggia. Massimo Sestini