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[LA LINA DI HARARI]

Conosciamo Guido Harari attraverso il ritratto della regista Lina Wertmuller. Il fotografo l’ha interpretata nuda in una vasca da bagno, con sul volto i soliti occhiali bianchi. L’immagine vive di una sua forza, dovuta a un contesto curato e coerente, quasi d’altri tempi. E’ la curiosità a guidarci nella complessità dello scatto, com’è già successo per i ritratti di Fabrizio De André e Patti Smith (quest’ultima senza anfibi, in una dimora decadente).

Lina Wertmuller, note biografiche

Lina Wertmuller nasce a Roma il giorno 14 agosto 1928, in una famiglia agiata. A diciassette anni s’iscrive all'Accademia Teatrale, collabora in seguito con celebri registi teatrali, come Garinei e Giovannini. Lina Wertmuller lavora poi per radio e televisione: sua è la regia della prima edizione della celebre trasmissione "Canzonissima". Si avvicina al cinema con Federico Fellini, nei film "La dolce vita" (1960) e "8 e mezzo" (1962). Nella seconda metà degli anni '60 inizia la collaborazione con l'attore Giancarlo Giannini, nasceranno così: "Mimì metallurgico ferito nell'onore" (1972), "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto" (1974) "Pasqualino Settebellezze" (1975) e altri ancora. Nel 1992 dirige "Io speriamo che me la cavo" (con Paolo Villaggio). Seguiranno altre pellicole con attori del calibro di Tullio Solenghi, Veronica Pivetti, Sophia Loren e Claudia Gerini. È stata la prima donna nella storia a essere candidata all'Oscar come migliore regista, per il film Pasqualino Settebellezze, nel 1977. Nel 2020 le è stato assegnato il Premio Oscar alla carriera. Lina Wertmuller si è distinta anche come scrittrice.

Guido Harari, la passione e oltre

Molte volte, in fotografia, sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se il sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso verso uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima. Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto, dall’incontro. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarlo, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel suo creare, un movimento continuo. Saltiamoci sopra: è meglio.

Guido Harari, note biografiche

Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007). Di lui ha detto Lou Reed: "Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo".

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