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PHILIPPE HALSMAN A MILANO

Abbiamo incontrato Philippe Halsman più volte e oggi ci occuperemo di una mostra che lo riguarda, esposta a Palazzo Reale, nella città di Milano, fino all’1 settembre 2024.

Lui era solito far saltare i suoi soggetti, per una ragione “logica”: «Ogni inibizione dovuta alla presenza dell’obiettivo viene annullata, perché l’attenzione è rivolta maggiormente al salto. Vengono così rivelati i veri tratti del viso». Philipp ha immortalato diversi personaggi illustri: Marilyn Monroe, Frank Sinatra, Dean Martin, Jerry Lewis, Muhammed Alì, Louis Armostrong.
Philippe Halsman è famoso per altri accadimenti, non solo legati alla rivista LIFE, per la quale ha prodotto più di cento copertine. Il fotografo, prima di approdare negli USA, era stato accusato di omicidio. Suo padre, infatti, morì in circostanze misteriose durante una gita in montagna. Philippe era con lui.

Il fotografo (Riga, 2 Maggio 1906 – New York, 25 Maggio 1979) ha comunque avuto una vita tormentata. Nasce da una famiglia ebrea, composta da un dentista e una preside di liceo. Nel settembre del 1928, durante una gita sulle Alpi Austriache, il padre Morduch muore in circostanze misteriose. Philippe venne accusato di omicidio e condannato per questo a quattro anni di reclusione. Tutta la propaganda anti ebraica era contro di lui e all'epoca il caso si diffuse sulla stampa di tutto il mondo. Molti si espressero a favore di Philippe, a sostegno della sua causa; tra questi ricordiamo A. Einstein e T. Mann. Venne rilasciato nel 1931, a condizione però che lasciasse il territorio austriaco.
Inizia per Philippe un lungo peregrinare. Si trasferì a Parigi, dove, come fotografo, collaborò con alcune riviste di moda. Ma l'invasione tedesca (1940) lo costrinse a fuggire ancora: prima a Marsiglia, poi negli USA; sempre con l'aiuto di A. Eistein.
Il caso di Philippe Halsman è stato ripreso da Martin Pollack quale elemento ispiratore per il romanzo “Assassinio del Padre”, il caso del fotografo Philipp Halsman (edizioni Bollati Beringhieri). Il libro è di assoluto interesse e molto preciso nella narrazione storica. Ne esce tutta l'Austria del momento ed anche il carattere del giovane Philipp. Ne consigliamo la lettura.
Philippe si era avvicinato alla fotografia, appassionandosi, all'età di tredici anni: essendo venuto per caso in possesso di una fotocamera. Ha studiato ingegneria.

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IL PRIMO OTTOVOLANTE

16 giugno 1884. A Coney Island (New York) entra in funzione il primo ottovolante, non per i brividi, ma con uno scopo panoramico. Gli avventori salgono su una carrozza che percorre circa 200 metri per arrivare da una torre all'altra, lentamente, con la sola forza di gravità.

Coney Island ci riporta alla memoria un film diretto da Woody Allen: La ruota delle meraviglie (Wonder Wheel), girato nel 2017 e ambientato negli anni ’50. La trama della pellicola è semplice. Ginny (Kate Winslet) lavora a Coney Island come cameriera. Dopo un matrimonio fallito e un figlio da crescere, si consola con Humpty (Jim Belushi), un uomo al quale deve nascondere le bottiglie di alcool perché non diventi violento.
L’equilibrio matrimoniale, già precario, subisce due scossoni: arriva Caroline (Juno Temple), la figlia di Humpty in fuga dopo il suo matrimonio finito con un gangster che le dà la caccia perché sa e ha visto troppe cose; Ginny invece vive un amore estivo con un bagnino più giovane di lei, Mickey (Justin Timberlake), che sogna di fare il drammaturgo e le ricorda i suoi anni migliori, quando faceva l’attrice. Caroline e Mickey s’incontreranno, il che complicherà le cose.

Coney Island è la location del film di Woody Allen. Appare come un set creato appositamente, mentre invece esiste davvero così come la vediamo nella pellicola. Le piccole storie di donne e uomini s’inseriscono perfettamente nella scenografia: da un lato ci sono sogni e speranze nella vita e nell’amore, dall’altra emerge la consapevolezza di inseguire qualcosa di artefatto, dove l’attesa è troppo grande per essere vera. Il cromatismo accompagna i sentimenti nel loro divenire, il che trasforma il film in un capolavoro. Il merito va attribuito anche a Vittorio Storaro (direttore della fotografia), alla sua seconda collaborazione con Allen.

Abbiamo cercato a lungo delle fotografie che potessero avvicinarci al primo ottovolante. Il fotografo Giulio Andreini ci ha inviato le montagne russe Cyclone di Coney Island, quelle sorte all’interno di uno dei più famosi Luna Park degli Stati Uniti, nato nel 1903. L’atmosfera è quella che volevamo.

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NASCE LA CELLULOIDE

15 giugno 1869: John Wesley Hyatt brevetta la celluloide, materiale flessibile, elastico, infrangibile e resistente all'umidità, ma anche infiammabile. E’ stata usata soprattutto come supporto per le pellicole fotografiche.

Abbiamo fatto cenno a John Wesley Hyatt quattro anni addietro, ma per celebrare il reverendo Hannibal Williston Goodwin, che il 13 settembre 1898 acquisiva il brevetto per la pellicola fotografica, ivi compreso il processo produttivo. Senza la scoperta della celluloide quel risultato non sarebbe stato possibile.

La pellicola ci riporta a un passato recente, fatto da rullini da 36. Ne apprezzavamo l’odore e anche la dentellatura. Tutti, almeno una volta, non l’abbiamo agganciata bene, così ci siamo meravigliati quando il conta pose segnava 40.
L’abbiamo osservata anche in trasparenza, la pellicola; soprattutto quando la sviluppavamo noi. Ne giudicavamo la qualità, già riconoscendo i soggetti. Oggi ne troviamo qualche bustina nei cassetti di casa, perché alla fine erano le stampe a passare di mano in mano.

C’è dell’altro, comunque. Ai tempi si guardava in piccolo (negativi e provini) per immaginare in grande. Il lentino ci aiutava, ma era il desiderio la nostra guida: quello nato durante lo scatto e mantenuto contagioso sino allo sviluppo. Il resto sarebbe arrivato dopo, in una stanza di fortuna (spesso un bagno) trasformata in Camera Oscura. La luce rossa (o verde) avrebbe aggiunto magia alla nottata. Perché sì, di tempo ne occorreva tanto: per poche stampe. E poi c’era il lavaggio dei lavori stampati e anche un riordino del locale preso in prestito.
Non vogliamo trasmettere nostalgia, perché anche il digitale restituisce quel mistero da svelare che è la fotografia. Conserviamo comunque i negativi, con la cura dovuta. Fanno archivio più dei file in un Hard Disk.

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RABBIA SENESE

Nel titolo abbiamo parlato di rabbia, perché l’atteggiamento musicale di Gianna Nannini (nata il 14 giugno) ci ha indirizzato in tal senso. In realtà lei, nel suo repertorio, è riuscita a trattare temi melodici con la ruggine del suo canto, in uno splendido mix. Un esempio è la cover della canzone “Io che amo solo te”, un vecchio brano di Sergio Endrigo (1962). Nonostante la voce roca, non vendono stravolti i disegni dell’autore, anzi; emerge tra le parole quella dichiarazione disperata di chi ama davvero.

Durante la sua carriera, Gianna Nannini ci ha sorpreso anche con i testi, e molti di questi hanno collaborato al nostro idioma per molto tempo. Un esempio? “Questo amore è una camera a gas, è un palazzo che brucia in città, questo amore è una lama sottile, è una scena al rallentatore; questo amore è una bomba all'hotel, questo amore è una finta sul ring, è una fiamma che esplode nel cielo, questo amore è un gelato al veleno”. In tanti, ai tempi, usavano “la camera a gas” non solo per via dei locali fumosi, ma anche al fine di descrivere situazioni complicate e ingarbugliate.

Sempre riguardo al rapporto tra musica e parole, è giusto sottolineare la poesia che Gianna Nannini riesce a trasmettere nelle sue canzoni. I testi non sono mai scontati e nemmeno omologati. Un esempio viene da “Sei nell’anima”, dove la cantante senese si esprime così: «Sei nell'anima, E lì ti lascio per sempre, Sei in ogni parte di me, Ti sento scendere, Fra respiro e battito». L’dea che esista un spazio percettivo tra l’aria che si respira e il cuore che pulsa ci ha incuriosito da subito e aspettiamo spesso quel ritornello durante i viaggi in auto.

Gianna Nannini, la rocker italiana dalla grinta senese, non incarna unicamente la rabbia o la melodia “roca”. In lei pulsa un mix irresistibile di talento, ribellione e passione. Di certo ha rivoluzionato il panorama musicale italiano fin dagli anni '70, lasciando ampi spazi per chi avesse voluto prenderne spunto. Fra rock, pop e musica d'autore, le sue canzoni sono diventate inni di libertà.

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