DALLA MONTAGNA ALLA CITTA’
Non dimentichiamolo: oggi è la Festa della Mamma. Ne abbiamo parlato il 10 maggio, perché quel giorno, nel 1908, si celebrava la figura della madre per la prima volta.
Ripetiamo quanto dicemmo. La madre, la mamma, fa eco a tutta l’esistenza dell’umanità: lei conosce il pianto, la gioia, il perdono, la vita. E lo sanno bene quanti si trovino in cattive acque. «Mamma mia» esclamano, desiderando quell’abbraccio universale che li ha sempre protetti. Ricordare la donna madre, quindi, non è solo l’occasione per una festività, ma un modo per nutrire rispetto per tutta l’umanità: quella alla quale apparteniamo.
Oggi incontriamo Mario Gabinio, nato a Torino il 12 maggio 1871. Lui è stato un fotografo, alpinista e ferroviere. La sua attività si è svolta prevalentemente nell'area della città di Torino e della regione Piemonte, a partire dagli ultimi due decenni dell'ottocento.
Le fotografie di Mario Gabinio sono sorprendenti, perché mutevoli nel tempo. Dalla montagna arriva in città, con consapevolezza, sviluppando linguaggi nuovi. Ritrova l’architettura, il movimento, la sperimentazione. Seguendo i principî di Lázló Moholy-Nagy diffusi in ambito fotografico, creò le immagini di luce in movimento (La giostra Zeppelin 1934, che riportiamo).
Nell’osservare le sue immagini, dobbiamo considerare il periodo storico. Siamo a fine ‘800, quando il ritratto focalizzava ancora gli autori. Gabinio non se ne occupa e arriva al successo, alla fine internazionale, con la forza di chi è padrone dello strumento e di quanto occorre per raccontare.
Nei primi anni del ‘900 iniziò a partecipare a rassegne internazionali: dal 1934 al 1937; da Stoccolma a Vienna, a Bruxelles, Johannesburg, Ottawa, Parigi, Boston e Londra. Espose immagini di natura morta che s’inserivano nel dibattito sulla fotografia artistica e sul "pittorialismo". Lui però non si esprime, non prende posizioni dialettiche, fuori luogo per una personalità del suo rango. Fotografa e basta, arricchendo un archivio tutto da consultare.