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HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA

11 aprile 1970, viene lanciata la missione Apollo 13. Doveva essere la terza a sbarcare sulla Luna dopo quelle di Apollo 11 e Apollo 12, ma è diventata celebre per il guasto che impedì l'allunaggio e rese difficoltoso il rientro sulla Terra dell’equipaggio.

Le vicende dell’Apollo 13 sono state ricostruite in un film diretto da Ron Howard, con Tom Hanks nel cast (1995). Un’esplosione a bordo del modulo lunare mette a rischio la sopravvivenza dei tre astronauti, che riescono a rientrare sulla terra grazie alla loro tenacia e all’abilità dei tecnici di Houston. Gli effetti speciali e gli autori coinvolti riescono a generare la giusta suspense. Nel film Tom Hanks pronuncia una frase diventata famosissima, trasformatasi anche in un modo di dire d’uso comune ai tempi: «Houston, abbiamo un problema». Probabilmente si tratta di una delle citazioni cinematografiche più famose di tutti i tempi, anche se parrebbe essere errata. L’astronauta al vero avrebbe detto: «Ah, Houston, abbiamo avuto un problema». I docenti di “Problem Solving” si sentiranno defraudati, perché è durante i loro training che la famosa frase viene portata ad esempio.

Il film Apollo 13 ci permette d’incontrare l’attore Tom Hanks e la carriera straordinaria che ha percorso sino a oggi. Il suo volto di uomo comune si è adattato a ruoli variegati, comici e drammatici; con delle apparizioni che hanno soddisfatto anche il pubblico delle pellicole d’amore. Menzionare i suoi successi risulta quasi inutile, anche se (non neghiamolo) molti li abbiamo visti più volte: prima al cinema, poi in TV. Ci stiamo riferendo a Philadelphia, Forrest Gump, The Terminal e altri. Lui non si è mai scomposto, recitando le parti senza sbavature. Possiamo citare un altro capolavoro? Saving Mr. Banks, per la regia di John Lee Hancock (2013). Lì Tom interpreta Walt Disney mentre cerca di ottenere i diritti cinematografici di Mary Poppins. Nel ruolo si comporta da imprenditore compassato, signorile, giustamente presuntuoso; e ben figura in una pellicola che restituisce emozioni a ogni frame. Da rivedere.

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I 60 DI NANCY BRILLI

Per Nancy la recitazione è stata quasi terapeutica. Aveva perso la madre quando era ancora bambina, così l’infanzia l’ha costretta al dolore, vista anche la figura assente del padre. Nella professione ha trovato la propria spinta vitale, con la quale ha ottenuto numerosi riconoscimenti per il suo talento di attrice. Bella da impazzire, radiosa e fresca, Nancy Brilli sembra una ragazza ribelle anche grazie ai capelli arruffati e disinvolti: certamente un effetto anti età.
C’è dell’altro, però. La sua bellezza vive nel colore degli occhi, nelle espressioni, nel modo di ridere, nell’atteggiamento. Anche il corpo non è male (anzi), il che contribuisce a un’estetica non omologata, quasi da antidiva. Classificarla come la ragazza della porta accanto risulta esagerato, anche perché rimane pur sempre sofisticata, speciale, ideale per quell’incontro desiderato da tanti.

Ricordiamo Nancy nel film “Compagni di scuola” (1988), diretto e interpretato da Carlo Verdone. Lei è una mantenuta di lusso e invita nella sua villa sull'Appia antica i compagni di scuola, quindici anni dopo la licenza liceale. Un pomeriggio e una sera insieme bastano per giungere alla conclusione che nessuno è riuscito a realizzarsi, anche se il più imbranato riuscirà a trarre dall’incontro la forza per ribellarsi a un’esistenza insignificante.
La pellicola di Carlo Verdone potrebbe essere definita “Il Grande Freddo” all’italiana, ma il paragone è improponibile, anche perché risulterebbe riduttivo per entrambi i lavori. La commedia dell’attore romano regge e Nancy ne esce bene (molto), con l’aiuto del suo talento innato.

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CHARLES BAUDELAIRE E LA FOTOGRAFIA

Charles Baudelaire nasce il 9 aprile del 1821, a Parigi. Lo ricordiamo oggi anche per il suo atteggiamento nei confronti della fotografia.

Siamo nel 1859. La Société Française de Photographie ottiene dal ministro delle Belle Arti che ai fotografi venga concesso di esporre al Palazzo dei Champs-Elysées in occasione del Salon annuale di pittura.
Baudelaire recensì quella mostra. Ecco cosa disse: «…Se si permette alla fotografia di sostituire l’arte in qualcuna delle sue funzioni, essa l’avrà presto soppiantata o corrotta completamente … Bisogna dunque che essa ritorni al suo vero compito, che è d’essere serva delle scienze e delle arti, ma la più umile serva, come la stampa o la stenografia, che non hanno né creato né sostituito la letteratura. Che arricchisca essa rapidamente l’album del viaggiatore e restituisca ai suoi occhi la precisione che potrebbe mancare alla sua memoria, che essa abbellisca la biblioteca del naturalista, ingrandisca gli animali microscopici; rafforzi con qualche informazione le ipotesi dell’astronomo; che essa sia infine il segretario e il taccuino di chiunque abbia necessità nella sua professione di un’assoluta esattezza materiale, fin qui nulla di meglio. Che salvi dall’oblio le rovine cadenti, i libri, le stampe e i manoscritti che il tempo divora, le cose preziose di cui va sparendo la forma e che chiedono un posto negli archivi della nostra memoria, essa sarà ringraziata e applaudita. Ma se le si permette d’invadere il dominio dell’impalpabile e dell’immaginario, soprattutto ciò che vale perché l’uomo vi a aggiunto qualcosa della sua anima, allora sventurati noi!». (Fonte: Beaumont Newhall, “Storia della Fotografia”, edizioni Einaudi).

Baudelaire con le sue parole non condanna la fotografia, anzi; in un certo senso ne è affascinato per via delle potenzialità possedute nel riprodurre il reale. Non la vuole come forma d’arte, in un contrasto che spesso incontriamo anche oggi nelle parole di tanti pensatori.

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I SEGRETI DI TWIN PEAKS

8 aprile 1990. Negli USA, sulla rete ABC, viene trasmessa la prima puntata della serie “I Segreti di Twin Peaks”. Ideato e diretto da David Lynch, raggiunge subito un ampio successo. L’ultima puntata sarebbe andata in onda il 10 giugno 1991 (il giorno 11, in Italia).

Tutto parrebbe incentrato su un mistero avvenuto in una piccola cittadina, dove una studentessa viene rinvenuta morta. Twin Peaks, però, rivela molto di più, perché come in un cocktail mescola abilmente il giallo, il thriller, con una “spruzzatina” di soprannaturale e comicità. I personaggi che si susseguono sono uno più strano e singolare dell’altro.
Anche la colonna sonora divenne iconica, l’elemento introduttivo per la tensione del mistero. Portava la firma di Angelo Badalamenti. Pare che Lynch fosse di fianco al musicista mentre componeva “The Laura Palmer Theme”, un brano della colonna sonora. Gli avrebbe detto: «Ok Angelo, adesso siamo seduti in un bosco buio e c’è un lieve vento che soffia attraverso gli alberi di sicomoro. E c’è la luna e qualche verso di animale in sottofondo e puoi ascoltare il bubolato di un gufo».

Lynch è un’artista poliedrico, contaminato, abile ricercatore in più di una disciplina. Lui è regista, sceneggiatore, pittore, musicista, fotografo, designer. Pur venendo considerato (a ragione) un simbolo del cinema, nelle sue pellicole è riconoscibile l’influenza delle altre arti, in una profonda coerenza di fondo.

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