LA VOCE DI NAPOLI NEL MONDO
Il 25 febbraio 1873 nasce Enrico Caruso, nella sua Napoli. Lui, tenore dalla voce passionale, è riuscito a far congiungere le opinioni (da tifo) degli appassionati lirici: per tutti era il migliore. Chi scrive, ricorda, tra orgoglio e nostalgia, il padre che metteva sul piatto un vecchio 78 giri: Mattinata di Ruggiero Leoncavallo, cantata da Enrico Caruso, con l’accompagnamento al pianoforte dello stesso compositore (ne riportiamo la fotografia). Gli occhi da ragazzo sapevano comprendere, perché il tenore napoletano era anche per lui un mito già consolidato. La sua voce tenorile, timbrata e penetrante, poteva essere immaginata, perché popolare, sorta tra vicoli e chiese prima di venire formata dallo studio.
Il tempo passa e quel disco è ancora nella biblioteca di casa. Intanto, sempre chi scrive, ha frequentato teatri e arene alla ricerca della lirica. Quella musica l’ha poi riconosciuta in molti film. Ne “Gli Intoccabili” (The Untouchables del 1987, diretto da Brian De Palma) Robert De Niro, Al Capone nella pellicola, dopo aver dato mandato ai propri scagnozzi di far fuori Sean Connery (Jimmy Malone), proprio mentre si sta consumando l'agguato mortale, se ne sta sul palco reale di un teatro a commuoversi sulle note di Vesti la giubba, più nota come Ridi, pagliaccio, celeberrima aria dell'omonima opera di Ruggero Leoncavallo. La voce era di Caruso? Non lo sappiamo e nemmeno abbiamo controllato, ma l’immagine di Caruso appariva nitida e concreta, perché documentari e speciali televisivi avevano tramandato la presenza scenica del tenore napoletano.
L’arte di Caruso è stata riportata in vita dalla canzone di Lucio Dalla che ne porta il nome. Il brano disegna un profilo poetico del suo saluto di fronte al mare di Sorrento : «Lì dove il mare luccica, e tira forte il vento, su una vecchia terrazza, davanti al golfo di Surriento, un uomo abbraccia una ragazza, dopo che aveva pianto, poi si schiarisce la voce ,e ricomincia il canto, Te voglio bene assaje, ma tanto tanto bene sai, è una catena ormai, che scioglie il sangue dint’ ’e ’vvene sai…».
Quel disco a 78 giri è ancora in biblioteca, inascoltato da anni. Verrà il giorno in cui avremo il coraggio di porlo su un grammofono, perché le sue note possano accompagnare un caffè gustato in terrazzo. Davanti non ci sarà il mare di Sorrento, ma sapremo accontentarci.