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OTTO STEINERT E FOTOFORM

Parlare di Otto Steinert (nato il 12 luglio 1915) significa occuparsi del dopoguerra tedesco. La fine del conflitto, infatti, avrebbe portato un cambiamento culturale forte. Anche qui da noi lo scenario è di profondo rinnovamento. La situazione fotografica nell’Italia del dopoguerra è piuttosto articolata, componendosi di due elementi principali: il fotogiornalismo e il neorealismo. Non si può parlare di entrambi senza prendere in esame tutta la situazione italiana, particolarmente da un punto di vista culturale. La miseria, poi gli anni del boom: l’Italia cambia radicalmente. L’economia, prima tipicamente agricola, volge verso l’industrializzazione. Le campagne si svuotano e là rimangono solo anziani e bambini, talvolta le donne. Cambierà il concetto di famiglia ed anche il suo ruolo all’interno della società. La fotografia, quella italiana, sarà lì a documentare tutto questo.
Il cambiamento, quindi, non andrà ritrovato solo nelle vicende storiche e sociali, ma anche e soprattutto nello sguardo verso le cose. Già nel periodo bellico possiamo trovare due anticipazioni a tutto questo: da un lato “Ossessione”, il film di Luchino Visconti, tratto dal Romanzo "Il Postino Suona Sempre Due Volte" Di James Mallahan Cain; da un altro “Occhio Quadrato”, un libro fotografico di Alberto Lattuada. La pellicola cinematografica (del 1940) racconta di una storia d’amore paradossa, che arriva fino all’omicidio: incomprensibile per un’Italia del tempo. “Occhio quadrato” è una raccolta di fotografie che il regista-scrittore inizia a raccogliere nel 1937 (finirà nel 1948).

Tornando in Germania, nel 1949 nasce il Fotoform, a opera di Steinert. Là in quegli anni diventarono molto famose alcune composizioni fotografiche a tema astratto. Fotoform si proponeva di far riscoprire le possibilità creative e le forme espressive dell’avanguardia fotografica d’anteguerra, che la politica culturale nazionalsocialista aveva completamente occultate.
Strette inquadrature, contrasti netti, strutture astratte, situazioni che riproducessero effetti surrealisti, stampe in negativo, solarizzazioni, sono i mezzi espressivi di Steinert e dei suoi allievi. Queste tecniche si rifacevano dichiaratamente ad alcuni grandi fotografi come Man Ray e soprattutto Moholy-Nagy.

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IL FOLK DI SUZANNE VEGA

Suzanne Vega (nata l’11 luglio 1959) è stata tra le prime cantautrici donne salite alla ribalta tra la fine degli anni '80 e l’inizio dei '90. I suoi testi folk-pop, ispirati principalmente da Leonard Cohen, Lou Reed e Bob Dylan, hanno convinto le case discografiche che i cantautori in stile folk non rappresentavano una realtà del passato, aprendo la strada ad altre interpreti al femminile, Tracy Chapman in testa.

Ascoltiamo spesso Suzanne Vega, anche perché ci riporta agli anni ’80 e quindi alla nostalgia di un tempo andato. Del resto, c’è tanta chitarra (che passione!) nei brani della cantante: un po’ come vorrebbe il genere folk, con l’aggiunta di colore e assoli negli arrangiamenti. Le sei corde dello strumento sono suonate “in pieno” e, nelle canzoni, c’è poco arpeggio o finger-picking, come vorrebbe il genere al quale Suzanne appartiene.

La musica folk, e così quella della cantante americana, genera una sorta di complicità. Il brano entra nel cuore all’ascolto: piace e lo si ripesca più volte. Le vicende non finiscono lì, perché s’indaga sui testi e circa i contenuti, come ci è capitato più volte con Dylan, un poeta musicale. Ecco quindi le ragioni di una scelta, quella dei due brani che ascoltiamo spesso durante i viaggi in macchina. Il primo è “Marlene On the Wall” e si riferisce a un poster sul muro dell’attrice Marlene Dietrich, quindi a una fotografia. La cantante si domanda: «I suoi occhi possono veramente vedere? O si tratta solo di una foto sul mio muro? Che consiglio mi darebbe?».

Il secondo brano che ascoltiamo frequentemente è “Luka”, forse quello più famoso nel repertorio della cantante statunitense. Il testo racconta la drammatica storia dei maltrattamenti fisici subiti in famiglia da un bambino chiamato Luka e si contrappone al colore dato dalla musica. Giusto così, però, perché un ragazzino rimane tale anche quando le cose per lui non vanno bene.

Mercoledì 12 luglio 2023, alle ore 21.00, Suzanne Vega canterà al Festival di Villa Arconati 2023, nel giardino dell’omonima villa, a Bollate (Milano). Che voglia!

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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con “Fotografia da Leggere”. Questa volta incontriamo un libro che indaga la storia della nostra passione: “Breve storia della fotografia” di Jean-A. Keim, edizioni Einaudi. La sua lettura risulta utile, anche se s’incontrano nomi ed episodi conosciuti. A trarne beneficio è la nostra consapevolezza, quella che può farci riconoscere il miracolo che accade quando premiamo il pulsante di scatto: lo stesso che in tanti hanno cercato durante la metà dell’800.

Leggiamo nella prima pagina: «La fotografia è essenzialmente un’immagine del mondo ottenuta senza che l’uomo vi svolga un’azione diretta. La mano umana non interviene a tracciare linee o a stendere colori; si limita a far scattare un apparecchio e a utilizzare prodotti chimici per lasciare che la luce soltanto riproduca una parte di quello che l’occhio scorge. Queste operazioni fisiche e chimiche, alle quali non partecipa, sembravano dare ogni garanzia di autenticità alla fedeltà della riproduzione».

Nella sinossi si legge: «I fotografi da Niepce a oggi, dalle esperienze in camera oscura ai mutamenti tecnici e alle ricerche sperimentali; l'ambiente sociale, la fotografia come mestiere, le ripercussioni culturali, letterarie, estetiche. In questo libro lo studioso francese Jean A. Keim affronta un ventaglio di questioni che fanno della fotografia un capitolo particolarmente vivace dell'esperienza culturale degli ultimi centocinquant'anni. In appendice un capitolo scritto appositamente da Wladimiro Settimelli, illustra le vicende italiane.

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I VOLTI DI TOM HANKS

Prima di occuparci di Tom Hanks, parliamo di calcio. Il 9 luglio 2006, a Berlino, nella finale dei Mondiali di Calcio di Germania 2006, l'Italia batte la Francia per 5 a 3, ai calci di rigore. È il quarto titolo mondiale conquistato dagli azzurri, ventiquattro anni dopo il trionfo a Spagna '82. Decisivi risultano l'errore di Trezeguet e il goal di Grosso. Negli ultimi minuti di gioco, il campione francese Zidane colpisce con una testata l’italiano Marco Materazzi. Il gesto gli costa l'espulsione, la dodicesima della carriera. Il giorno successivo Zidane viene comunque eletto miglior giocatore del Mondiale.

Tom Hanks con i suoi volti ha impegnato le nostre vite. Ci ha raccontato l’America con Forrest Gump e Walt Disney in Saving Mr. Banks. In mezzo, abbiamo visto tanto altro: un innamorato, un malato di AIDS, il personaggio dei romanzi di Dan Brown. I volti dell’autore cambiavano quando necessario, e nel modo giusto; tanto che adesso, mentre riflettiamo, scorrono nella memoria come in un trailer.
Ritorna spesso nei nostri occhi la scena della panchina di Forrest Gump. Lì l’attore pronuncia una frase diventata storica: «Mamma diceva sempre: la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita». E in effetti, i ruoli di Tom Hanks diventano quasi una lezione di vita, nelle sue componenti assolute; anche perché pronuncia parole difficili a dirsi nella realtà: «Perché non mi ami Jenny, non sono un uomo intelligente, ma so che cos'è l'amore» (Da Forrest Gump). Non basta però conoscere l’amore perché questo venga corrisposto, neanche quando la vita (fortunata) ti concede gloria e denaro. Ma Tom Hanks è così: racconta l’estremo, il sentimento oltre il limite; quello che non trovi neanche dopo una lunga corsa lungo gli Stati Uniti (siamo sempre in Forrest Gump). E continua a correre il nostro pensiero, perché i film di Tom sono vicini, tanto; concreti e invidiabili per come si sviluppano. Sorge in noi quasi un’invidia positiva: «Sono anch’io quello, la penso così». Sarà meglio per noi iniziare a correre, senza una motivazione qualsiasi; un po’ come ha fatto Forrest: «Quel giorno, non so proprio perché decisi di andare a correre un po’, perciò corsi fino alla fine della strada, e una volta li pensai di correre fino la fine della città, pensai di correre attraverso la contea di Greenbow, poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell' Alabama, e cosi feci. Corsi fino all'oceano e, una volta lì mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre, quando arrivai a un altro oceano, mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui, tanto vale girare di nuovo e continuare a correre; quando ero stanco dormivo, quando avevo fame mangiavo, quando dovevo fare ..., insomma, la facevo!».
Buona corsa.

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