ARCHITETTURE UMANE
Incontriamo Giorgio Galimberti a più riprese, l’ultima volta presso il suo studio a Meda, in Brianza. In tutte le occasioni si è sviluppato un dialogo schietto, onesto, dove la fotografia (finalmente) ne è uscita vittoriosa, quasi spavalda, senza malinconia. Di certo Giorgio è salito su un treno in corsa, perché figlio d’arte; ma da subito ha messo a disposizione se stesso, con generosità, comprendendo come la pratica dello scatto abbia una valenza relazionale: tra interprete e soggetto. Ecco quindi le sue fotografie, a nostro giudizio potenti e narranti, ma figlie di una ricerca assidua, istintiva, quasi naturale, voluta con forza. C’è tanto nero, nelle immagini che vediamo, profondo, intenso; e dei bianchi che si aprono abbagliando. In mezzo compare la persona, irriconoscibile e materica, definita per come abita e non per identità, elemento imprescindibile del contesto narrativo. Ci viene in mente Giacomelli, ma qui siamo altrove: perché non compaiono le tracce dell’uomo, bensì la sua presenza, come elemento del paesaggio.