”Il click è l’ultimo dei problemi, perché occorre che emerga il progetto fotografico, già a livello istintivo. Io penso sempre all’impaginato, che poi è il prodotto finale. Alla fine, è necessario che emerga la personalità dell’autore."
FRANCESCO FRANCIA, LA FORZA DELLA LUCE
Della luce oggi se ne parla poco, ce ne rendiamo conto parlando con Francesco Francia, conosciuto al telefono. Pensare che per anni abbiamo sentito dire come fotografare significhi scrivere con la luce, o quantomeno leggerla. Il tempo e le tecnologie hanno dirottato le attenzioni su abilità differenti, con una continua ricerca della scorciatoia, della semplificazione, pur tra attenzioni tecniche di utilizzo o comportamentali.
Certo è che la luce crea suggestione (è Francesco a dircelo), restituendo significato a quanto si sta producendo. E qui il discorso si allarga, di molto; perché mettere l’illuminazione al primo posto significa avere le idee chiare, progettare per istinto, dirigere il set senza concedere al soggetto scappatoie interpretative personali. Francesco porta avanti la seduta di scatti come farebbe un regista, e qui sta la sua particolarità. Il click, quello decisivo, nasce da solo, quasi alla stregua di una conseguenza logica, indotta da un’idea che già guarda all’impaginato, a quanto andrà su carta. Tutto, per lui, deve essere sotto controllo, ma anche questo non riesce a spiegare a fondo il suo lavoro. Osservando le fotografie che ci ha dedicato (grazie), abbiamo provato ad immaginare pensieri e immaginazione: il trionfo della fantasia creativa; perché la luce ha un colore, una diffusione, mostra dettagli e lascia leggere; dipinge anche, laddove è necessario. E forse, in tutti (amatori o professionisti) dovrebbe sorgere un desiderio in più: quello di delegare agli elementi illuminanti l’ambito del proprio operare, studiando ancora: dalla lampadina in su, dalla finestra al pannello che riflette. Tutto sotto controllo? Il fotografo diventa un Art Director? E’ probabile che deva essere così, ma in un secondo momento, come conseguenza. La post produzione, il ritocco? Tutto buono, per carità; ma se la luce è buona il gioco è fatto, senza sotterfugi. E con Francesco lo abbiamo capito. Giusto così.
D] Francesco, quando hai iniziato a fotografare e perché?
R] Da ragazzino, a sedici anni. Ero ossessionato dal ricordo dei miei nonni. Li fotografavo di nascosto, nell’orto e anche in casa. Giravo anche dei video, in VHS; sempre cercando di non palesare la mia presenza. In seguito, tutto è passato; almeno fino ai vent’anni. Un giorno, la mia ex suocera arrivò a regalarmi una fotocamera che aveva trovato. Tutto iniziò nuovamente con quel presente. Mio padre era un fotoamatore, con tanto di 6X6, ma non mi aveva mai aiutato. Iniziai così a leggere i suoi libri, facendo anche pratica. Comprai da uno zio la Camera Oscura, che allestii nella cucina dei miei. Tre giorni la settimana mi recavo a Roma per seguire dei corsi di fotografia. Partivo dopo le 18,30, a fine lavoro, e rincasavo all’1,30 per correre in CO, dai miei però e non da mia moglie. Questo periodo è durato due anni. Osservavo fotografie complesse con altre persone, quelle degli autori che sono diventati i miei preferiti: Newton, Adams, LaChapelle. Mi sono innamorato di Playboy e decisi di diventarne un fotografo. Il glamour è così diventato parte del mio lavoro, con un impegno forte sulle luci e circa la gestione del soggetto. Sono diventato Ambassador Nikon e ho iniziato a occuparmi di pubblicità, abbandonando il vecchio lavoro.
D] La tua è stata passione per la fotografia?
R] Direi più un’ossessione, una droga; soprattutto dopo aver imparato le tecniche relative all’illuminazione. Simulavo la notte di giorno, i tramonti. Ho scoperto quindi le potenzialità della luce e le sue possibilità creative: una grossa componente della mia fotografia, che ho sempre condiviso con tutti, alla ricerca di un entusiasmo collettivo. Non a caso, mi sono dedicato anche alla formazione, insegnando ai docenti di fotografia.
D] La passione è stata utile?
R] Per forza, in sua mancanza non avrei potuto fare nulla. Questo mestiere lo porti avanti solo con la passione, perché non ti restituisce integralmente quanto investi.
D] Fotograficamente come ti definiresti?
R] Sono un ibrido, un fotografo comunque; anche se molti dissero che ne incarnavo cinque in uno, con altrettante identità. Ero diventato un direttore creativo, con tutti i pro e i contro del caso: faccio ritratti, ma non sono un ritrattista puro.
D] Qual è la qualità più importante per un fotografo come te?
R] Sono necessarie versatilità e padronanza tecnica. Devi essere un Art Director, a meno che tu non sia già un artista, per la gestione del set. Anche le luci sono importanti. Il click è l’ultimo dei problemi, perché occorre che emerga il progetto fotografico, già a livello istintivo. Io penso sempre all’impaginato, che poi è il prodotto finale. Alla fine, è necessario che emerga la personalità dell’autore.
D] Francesco, hai avuto dei modelli ispiratori?
R] Tanti, e alcuni te li ho già citati: Newton e Saudek tra questi.
D] Possiedi anche dei libri?
R] Molti, troppi: non so più dove metterli; ma è bello consultarli.
D] Qualche rimpianto per la pellicola?
R] Nessuno, anche perché la uso ogni tanto, in bianco e nero. Mi dispiace per coloro che non l’hanno mai usata o che si sono trovati ad abbandonarla. L’analogico ti fa percepire l’importanza della luce. Tra l’altro, oggi non si trovano più i manuali di fotografia, e anche questa è una mancanza.
D] B/N o colore, hai preferenze?
R] Se dovessi avere dubbi sarebbe meglio cambiassi mestiere. Dipende da ciò che devo fare: la fotografia nasce prima.
D] Curi personalmente il ritocco?
R] Lo faccio poco. Dopo lo scatto il lavoro è pronto per il Cliente.
D] Scatti comunque in RAW?
R] Sì, ma soprattutto per conservare la matrice originale.
D] Dopo tanti anni di carriera, c’è un progetto rimasto indietro e che vorresti portare a termine?
R] Ce ne sono tanti, nascono di continuo. C’è anche un libro tra i miei desideri.
D] Preferisci scattare in studio, in location o in esterni?
R] Anche qui non ho preferenze. Dipende dal tipo d’immagine che devo costruire.D] Hai lo studio a Terni?
R] Sì, ma mi appoggio anche a Roma, Milano e Perugia.
D] Tu parli spesso di progetto, ma forse è giusto chiamare in causa anche la contaminazione culturale …
R] Certo, la fotografia ne è una diretta conseguenza. Ciò che hai visto e incontrato fa parte di te e di quanto scatterai. Già nella fase progettuale entrano in gioco elementi di pensiero, arte, musica, cinema.
D] Stampi le tue fotografie?
R] Sì, ogni tanto.
D] Lo fai personalmente?
R] Certo, ma non spesso. Ero uno stampatore da Camera Oscura, che tra l’altro possiedo ancora. La uso poco, anche perché occorre il tempo. La stampa di per sé è poca cosa, ma quando si maneggiano carte, chimici e ingranditore le ore volano.
D] Terni, la tua città, ti ha offerto qualcosa circa la fotografia, anche solo come elementi d’ispirazione?
R] No, niente. Se vuoi operare in ambiti creativi, sei costretto ad andare via. Io mi sono rivolto a Roma. Terni è industriale, ma manca la cultura.
D] Ci sono molte donne nelle tue fotografie, qual è il tuo rapporto con le modelle?
R] Per me rappresentano un soggetto. Cerco sempre un elemento che riesca ad attrarmi: anche un dettaglio può scatenare tutto. Non recito mai sul set, né lascio spazio all’interpretazione. Io sono il regista ed è fondamentale che io riesca a mettere la firma su tutto, nel bene e nel male.
D] C’è un’ottica che usi preferenzialmente? L’obiettivo preferito?
R] Sì, il 135 mm f/2 DC (Defocus Control). Per anni è stato il vanto di Nikon, e lo è ancora. Monto quell’ottica su una Zf, una fotocamera che ricorda la FM2.
D] Potessi dedicarti un augurio fotografico da solo, cosa ti diresti?
R] Vorrei tanti Clienti: non fanno mai male. Di certo non mi auguro “Buona Luce”, come spesso si sente dire in ambito amatoriale. Non si tratta di un fatto fortuito, perché va gestita. Crea suggestione.
Buona fotografia a tutti
I GRANDI AUTORI
Francesco Francia
Francesco Francia, note biografiche
Francesco Francia è un fotografo pubblicitario ed un fotografo ritrattista che lavora nell’ambito della fotografia di moda, ritratto istituzionale, fotografia commerciale, glamour e still-life. Realizza servizi per campagne pubblicitarie che segue fin dalla fase progettuale: cataloghi aziendali, look book, editoriali moda, copertine, advertising per agenzie pubblicitarie, ritratti istituzionali per personaggi pubblici, foto destinate ad ogni forma di utilizzo commerciale tra cui advertorial per pubblicazioni su riviste moda e luxury.
Grazie alla precedente esperienza nel marketing strategico aziendale, segue i suoi clienti dall’ individuazione del target di riferimento alla progettazione della campagna pubblicitaria fino alla fase attuativa, lavorando a stretto contatto con l’art director o il fashion editor per la definizione del moodboard e dello storyboard. Segue molti clienti nella comunicazione esterna mantenendo sempre coerenza con il concept brand.
Tra gli ultimi lavori di ritrattistica: Progetto Scienza senza Frontiere per l’Istituto Superiore di Sanità e Calendario 2020 della Forza Speciale del G.I.S. per l’ Arma dei Carabinieri.