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NASCE LA COPPA DAVIS

L’ultima l’abbiamo vinta noi. Ci stiamo riferendo alla Coppa Davis, che rimarrà in Italia per un anno, come fece nel lontano 1976. Ne siamo orgogliosi.

La storia del trofeo è antica. Tutto nacque il 9 febbraio 1900, quando un giovane tennista americano di nome Dwight F. Davis ebbe l’idea di una competizione internazionale di tennis che vedeva contrapposti i migliori giocatori del mondo. Lui si distinse anche per la generosità, perché grazie alle sue donazioni contribuì finanziariamente alla creazione del trofeo stesso. Fece fondere sei chilogrammi d'argento da un gioielliere di Boston per creare la famosa coppa che aveva l'aspetto di una grossa insalatiera.
Le prime due squadre si fronteggiarono l’estate del 1900 sui campi del Logwood Cricket Club di Boston, una britannica e l’altra americana.

Dalla nascita del torneo, gli Stati Uniti sono la nazione che l’ha vinto più volte (32), seguita da Australia (28), Regno Unito, Francia (10) e Svezia (7).
Fino al 1973 la Coppa Davis era stata vinta solo da USA, Regno Unito, Francia ed Australia. Il loro dominio fu spezzato nel 1974, quando Sudafrica e India si qualificarono per la finale. Ad ogni modo, l'India si rifiutò di disputarla per protestare contro la politica di apartheid del governo sudafricano, consegnando così la vittoria al Sudafrica. Da allora diverse altre nazioni vinsero il torneo; tra queste l'Italia che se l’aggiudicò nel 1976 e appunto nel 2023.

La nascita della Coppa Davis ci ha permesso di contattare un vecchio amico, un fotografo che milita da anni in ambito tennis, Giorgio Maiozzi. E’ lui che ci ha fornito le immagini che vediamo: grazie. Del resto, sin dalla prima intervista ci ha parlato delle sue passioni: il tennis e la fotografia; quelle che si sono alimentate a vicenda. Non potevamo fare a meno di chiamarlo.
Oggi crediamo che la “doppia passione” (tennis più fotografia) in Giorgio abbia rappresentato unicamente un modo di vivere, o forse una via per farlo. In lui abita anche il sogno, il disegno lontano: cose che hanno bisogno di puntelli per vedersi realizzate, le motivazioni duplici appunto. Continueremo a seguirlo, chiamandolo più volte. Sarà sempre un piacere.

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MAXIME DU CAMP, SCRITTORE E FOTOGRAFO DI VIAGGIO

Maxime du Camp, lo scrittore francese con la voglia di viaggiare, non amava particolarmente disegnare i templi e le antiche rovine che incontrava. Un giorno ha detto: «Ho perso tempo prezioso nel disegnare i monumenti che volevo ricordare, disegnavo lentamente e in modo errato». Così, nel viaggio di diciotto mesi attraverso il Medio Oriente con il suo amico Gustave Flaubert, Du Camp progettò di creare immagini sorprendentemente precise di piramidi e iscrizioni geroglifiche utilizzando le fotografie, un processo inventato dal collega francese Louis Daguerre solo dieci anni prima. La coppia iniziò l’escursione in Egitto, arrivando sul delta del Nilo alle 10 del mattino del 15 novembre 1849.

Du Camp non è stata la prima persona a usare una macchina fotografica lungo il fiume Nilo; altri l’hanno preceduto, quasi subito dopo l'invenzione della fotografia nel 1839. Lui fu il pioniere dell'uso dei negativi su carta invece dei dagherrotipi, che non permettevano di essere riprodotti. I negativi su carta, invece, potevano restituire un numero infinito di stampe, senza danneggiare l'originale.
L’uso del nuovo media fu una scelta fortunata o ponderata? Du Camp non era un fotografo esperto, ma aveva imparato a utilizzare i negativi su carta dal professionista Gustave Le Gray, molto famoso al tempo.

Nel giro di poche settimane, lo scrittore si sentì abbastanza sicuro da portare con sé la macchina fotografica in viaggio. Tutto andò bene e non incontrò difficoltà tecniche, ma dei problemi di carattere logistico. Non doveva essere stato semplice trasportare tutta l'attrezzatura necessaria per un viaggio fotografico di diciotto mesi e sviluppare i negativi durante gli spostamenti, spesso in mezzo al deserto. Quando Du Camp e Flaubert soggiornarono alla Maison de France a Tebe, ad esempio, affittarono un'intera stanza solo per riporre l'attrezzatura fotografica.

Nel settembre del 1850, meno di un anno dopo aver intrapreso la sua avventura, Du Camp era pronto a porre fine alla sua carriera fotografica. E’ tornato in Francia con un bagaglio leggero, che però conteneva 214 negativi. 125 di questi furono scelti per il libro di Du Camp, messo in vendita al pubblico nell'aprile 1852. Il libro fu un successo.
Quasi per caso, il fotografo amatoriale Du Camp aveva scritto la storia della fotografia di viaggio, ma non avrebbe più scattato.

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L’UOMO DEI FIOCCHI DI NEVE

Immaginiamo un ragazzino ossessionato dalle condizioni atmosferiche, costretto a vivere in una fattoria lontana, dalla quale si allontanava di rado. Cerchiamo comunque di pensare alla sua curiosità per le cose piccole e all’amore che provava nei confronti della neve, frequente negli inverni del Vermont. Con una fotocamera ricevuta in dono, passerà tutta la vita a ritrarne i cristalli, producendo un lavoro originale e scientifico al tempo stesso.
La fotografia apre orizzonti nuovi anche a chi è costretto a non spostarsi mai dalla propria abitazione. Non è poco.

Wilson Bentley, l’uomo dei fiocchi di neve, è nato il 7 febbraio 1865 nella città di Jericho, nel Vermont (alcune fonti riportano il 9 febbraio come data di nascita). Agricoltore di professione, attirò l'attenzione mondiale con il suo lavoro pionieristico nel campo della fotomicrografia. La cosa più notevole è stata il suo vasto lavoro con i fiocchi di neve.
Raramente si avventurava lontano dalla fattoria della sua famiglia, situata sul bordo orientale del monte Bolton. A causa della posizione remota e degli inverni rigidi, la frequenza regolare nell'unica aula scolastica di Jericho era quasi impossibile. Il signor Bentley raccontò in seguito di non aver mai frequentato la scuola pubblica fino all'età di 14 anni, ma di aver comunque ricevuto un'istruzione straordinaria da sua madre, un'ex insegnante di scuola con una vasta collezione di libri e una serie di enciclopedie.
Quando ha ricevuto in dono un microscopio, ha iniziato a osservare più da vicino il mondo che lo circondava. Nel 1925, ricordò: «Sotto il microscopio, scoprii che i fiocchi di neve erano miracoli di bellezza; e sembrava un peccato che questa bellezza non dovesse essere vista e apprezzata dagli altri. Ogni cristallo era un capolavoro di design e nessun disegno fu mai ripetuto. Quando un fiocco di neve si scioglieva, quel disegno andava perduto per sempre. Solo quella bellezza spariva, senza lasciare alcuna traccia dietro di sé».

Bentley iniziò a disegnare i fiocchi di neve, producendo oltre 300 disegni; ma si scioglievano in fretta, così chiese ai suoi genitori di acquistare una macchina fotografica. La richiesta sulle prime parve assurda: si trattava di una spesa elevata da sostenere per una famiglia di contadini, oltretutto a favore di un oggetto apparentemente di scarsa utilità. Wilson, allora diciasettenne, venne però accontentato e due anni dopo ritrasse il suo primo fiocco di neve. Era il 15 gennaio 1885.

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DA ATTORE A PRESIDENTE

Ricordiamo il film “Ritorno al futuro”, di Robert Zemeckis. Marty McFly (interpretato da Michael J. Fox) va per caso indietro nel tempo grazie a un’invenzione del dottor Emmett Brown (Christopher Lloyd), suo amico. Dal 1985 si ritroverà nel 1955, dove incontra i suoi genitori giovani mentre è alla ricerca dello scienziato, per potere tornare nei suoi anni. Non è stato facile convincere Emmett dell’accaduto, soprattutto dopo il dialogo che riportiamo. Il dottor Brown chiede: «Dimmi, ragazzo del futuro, chi sarà il Presidente degli Stati Uniti nel 1985?». «Ronald Reagan», risponde Marty. «Ronald Reagan? È l’attore?», riprende l’altro. «E il vicepresidente chi è, Jerry Lewis? Suppongo che Marilyn Monroe sia la First Lady e John Wayne il Ministro della Guerra!».

Nelle parole dello scienziato c’è tanto stupore, condiviso anche da chi, nella vita reale, seguiva durante gli anni ’80 le elezioni statunitensi. Già, ricordiamolo: Il 4 novembre 1980, con un risultato schiacciante oltre ogni aspettativa, gli americani eleggono presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan. L’ex attore vince in 45 stati su 50, umiliando il presidente uscente, il democratico Jimmy Carter. Nonostante ciò, rimase lo stupore: poteva un ex attore di Hollywood assumere la guida della più grande potenza del mondo? Con gli occhi di oggi, ci rendiamo conto come le elezioni USA degli anni ’80 costituirono un evento in anticipo con i tempi. Anche in altre parti del pianeta si sarebbero visti entrare in politica personaggi al di fuori dell’ambiente. E poi, a Reagan non sono mancate le tappe d’avvicinamento alla Casa Bianca. La sua è una storia tutta americana. Nasce a Tampico, nello stato dell’Illinois, il 6 febbraio del 1911. Cresce quindi nel Midwest, cuore pulsante della cultura stelle e strisce. Dopo aver lavorato nel cinema, nel 1966 Ronald Reagan fu eletto governatore della California con un margine di un milione di voti; fu rieletto nel 1970. La via per la Casa Bianca era ormai tracciata.

Di Reagan verranno ricordate la spinta di ottimismo e la modernizzazione che seppe infondere negli USA e in tutto l’occidente. Lui è anche il presidente che seppe vincere il comunismo e la Guerra Fredda senza eventi bellici, come amava ricordare Margaret Thatcher.

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