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NASCE IL CORRIERE DELLA SERA

5 marzo 1876, nel pomeriggio esce il primo numero del quotidiano Corriere della Sera.

Lo stesso giorno, ma nel 1935, nasce Letizia Battaglia, tra le prime fotoreporter italiane. Le sue immagini hanno raccontato Palermo, le tradizioni popolari, i bambini, le donne; e poi la guerra di mafia in Sicilia. Dal 1974 al 1991 dirige il team fotografico del quotidiano palermitano L’Ora e sempre nel 1974 fonda l’agenzia Informazione Fotografica. Nel 1985 è stata la prima donna europea a ricevere il Premio Eugene Smith per la fotografia sociale. Cofondatrice nel 1979 del Centro di documentazione Giuseppe Impastato, nel 2017 ha inaugurato il Centro Internazionale di Fotografia a Palermo.
Ci ha lasciato il 13 aprile 2022. Giusto ricordarla oggi, con ammirazione.

Per tornare al Corriere della Sera ci rivolgiamo a una fotografia divenuta iconica. E’ il 2 giugno 1946. Con un referendum istituzionale, gli italiani votano il passaggio dalla monarchia alla repubblica (12.717.923 voti contro 10.719.282); Umberto II di Savoia lascia il paese. E’ un grande cambiamento, che avviene dopo ottant’anni di monarchia, due guerre mondiali, un conflitto civile. A ricordare l’esito del referendum c’è l’immagine che vediamo, ormai diventata un simbolo. Ritrae una giovane donna sorridente, che sbuca fuori da una pagina del Corriere della Sera. La fotografia fu pubblicata per la prima volta il 15 giugno del 1946 sulla copertina del settimanale Tempo, il periodico fondato nel 1939 da Alberto Mondadori sull'esempio di Life.
La bellezza genuina della donna e il suo sorriso infondono fiducia e speranza, dopo anni di guerra, a una nazione che doveva ripartire. Oggi sappiamo che quella donna si chiamava Anna.
Per ottenere l'immagine, che durerà più di settant’anni, il fotografo aveva prodotto 41 scatti con la sua Leica, come si vede nei provini a contatto conservati presso il Museo della Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo. Pare che alcuni siano stati realizzati sulla terrazza della sede dell’Avanti.
La fotografia di Federico Patellani è stata utilizzata per illustrare articoli, saggi e libri; ha accompagnato mostre e manifestazioni politiche. Siamo sicuri che le occasioni si moltiplicheranno anche in futuro.

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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con “Fotografia da leggere”. Oggi incontriamo “Caro Maestro, Caro Simenon”, di André Gide e George Simenon, Lettere 1938 – 1959 (Rossellina Archinto, Milano).

Il rapporto del libro con la fotografia è certamente labile, tenue, forse inesistente. Certo è che la sua lettura ha indotto alcune riflessioni, dalle quali sono nati dubbi e perplessità. Su di loro è giusto soffermarsi. La settimana scorsa abbiamo proposto: “Dieci splendidi oggetti morti”, di Massimo Mantellini; due di questi sono la Penna e la Lettera. Non vogliamo entrare negli argomenti trattati in entrambi i capitoli, dove peraltro c’è un’analisi delle cause e dei perché circa la “morte” degli oggetti. Certo è che le missive ci mancano: come scrittori e lettori. Chi scrive ha sempre spedito una lettera a casa durante i viaggi. Non era importante la velocità delle poste, perché troppo spesso tornava prima dell’arrivo delle parole scritte. Era però importante “salvare” un tempo, con fermezza; perché non venissero dimenticati sentimenti e sensazioni vissuti al momento. Un racconto postumo avrebbe edulcorato il tutto, diluendone i significati. Il rapporto con la fotografia inizia a diventare più credibile, perché lo scatto si occupa di tempo, salvandolo appunto.
Per finire, oggi abbiamo l’esistenza di raccontarci con maggiore profondità: come soggetti, ma anche per le fotografie che desideriamo produrre. Sempre di racconto si tratta. La lettura del libro che proponiamo oggi può essere utile.

Sinossi di André Gide e George Simenon, Lettere 1938 – 1959

Qualcosa nella scrittura del giovane Simenon coinvolge Gide profondamente; legge e rilegge i suoi romanzi cercando di comprendere il mistero di quella straordinaria capacità di rinnovamento. Non ci riuscirà, e il saggio sull’opera di Simenon più volte anticipato non sarà mai portato a termine. Dal canto suo, Simenon vede in Gide l’autorità capace di accompagnarlo fuori dalla crisi, verso «il romanzo» cui aspira ma che, forse, non ha ancora scritto. Così, le quarantun lettere di questa inusuale corrispondenza finiscono per essere una sorta di conversazione preliminare, nell’attesa di un incontro liberatorio mai veramente avvenuto, mai veramente cercato.

Per finire, le lettere del libro racchiudono sentimenti e suggestioni che non sarebbero mai esistiti oggettivamente. Scrivere e raccontarsi è importante, perché è un modo per anticipare (e creare) momenti che potrebbero anche non avverarsi.

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TOP GUN

3 marzo 1969, nasce la United States Navy Fighter Weapons School, conosciuta come Top Gun, presso la base navale di Miramar.

Non nutriamo particolari simpatie per le vicende militari, ma la nascita di Top Gun ci permette di ricordare l’omonimo film, uscito in Italia nel 1986. La pellicola riscosse un successo enorme e anche qui vacilliamo un poco, perché già ai tempi ne riconoscemmo la retorica eccessiva, tipicamente americana. Sta di fatto che consacrò Tom Cruise come una star internazionale. Del resto, piaceva (molto) il suo essere strafottente, il sorriso smagliante, quella sicurezza rara messa in discussione solo dalla morte, in volo, del suo grande amico.
Già, si vedono tanti aerei nel film, manovre spericolate e impossibili, il tutto per un finale lieto e logico. Ai maschietti piaceva l’interprete femminile, quella Kelly McGillis che interpretava un “pezzo grosso” dell’aviazione americana e che finirà per cadere tra le braccia del bellissimo Tom.

Vediamo la trama. Pete "Maverick" Mitchell (Tom Cruise) e Nick "Goose" Bradshaw (Anthony Edwards) sono rispettivamente pilota e navigatore di aerei da guerra, nonché cadetti della prestigiosa scuola per i Top Gun. Fra molteplici acrobazie aeree e spacconate assortite si avvicenda la storia d'amore tra Maverick e Charlie, l'insegnante di volo interpretata da un'affascinante Kelly McGillis. Il pilota protagonista nella parte conclusiva del film si troverà a dover fare i conti con una crisi depressiva (visto il decesso del copilota) che gli farà perdere la fiducia nelle sue doti da pilota e che lo metterà a dura prova durante una missione aerea contro dei Mig russi.
Il film di Tony Scott, fratello del più noto Ridley Scott e defunto nel 2012, ebbe un successo strepitoso. In molti ricordano gli occhiali del protagonista, di moda ancora oggi.

La pellicola, in certi momenti, si presenta col linguaggio del videoclip. La colonna sonora è considerata fra le più belle nella storia del cinema: Danger Zone e Take My Breath Away, tema amoroso del film, valse l'Oscar come migliore canzone furono successi straordinari. Musica, inquadrature, scene e cromatismi rendono tuttora piacevole la visione del film, ma i dubbi restano: troppa retorica che non ci piacque allora e che ci ha impedito in seguito di vedere il sequel.

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IL PRIMO KING KONG

2 marzo 1933, il film King Kong viene presentato per la prima volta a New York. L’interprete è un gorilla alto dieci metri, sopravvissuto sull’isola del Teschio all’estinzione dei dinosauri. Si ritroverà tra i grattacieli di New York, dove, per amore di una donna, si compie il suo tragico destino.
Alla prima, il pubblico americano reagì con entusiasmo, meravigliato dagli effetti speciali e dalla trama romantico-avventurosa. I due aspetti collocano il film tra i capolavori assoluti della storia del cinema. La pellicola ispirò un remake nel 1976, prodotto da Dino De Laurentiis e premiato con l’Oscar per i “migliori effetti speciali” (curati dall’italiano Carlo Rambaldi).

La trama di King Kong è semplice, anche se spesso viene tralasciata. Carl Denham è un avventuroso produttore di documentari e ingaggia una giovane disoccupata di New York, Anna, come attrice. I due partano per l’isola del Teschio La donna verrà rapita dagli indigeni locali, per essere data in pasto alla loro divinità, King Kong appunto, il quale però, anziché uccidere la ragazza la porta con sé, innamorandosene. Il gorilla finirà per essere catturato e messo in mostra a New York, ma dopo essersi liberato scatenerà la paura fra gli spettatori.
L’affetto di King Kong per Anna lo rende umano. Ecco perché gli spettatori finiscono per amarlo, anche perché tutto quello che lui mette in atto prima di essere ucciso è frutto dell’amore per Anna, che ricerca disperatamente. Il destino del gorilla è figlio della sua condizione di mostro, ma soprattutto del sentimento che nutre per la donna, il che arricchisce la trama della pellicola.

Si contano almeno otto film a tema King Kong, che quindi diventa quasi un eroe del cinema. Peraltro le pellicole sono state girate in epoche differenti e distanti tra loro: si va da Il trionfo di King Kong, del 1962, fino a Kong Skull Island del 2017.

Nel 1976 arriva il primo vero remake prodotto da Dino De Laurentiis, che ripropone la storia originale con Jeff Bridges, Charles Grodin e Jessica Lange (l’attrice della quale parleremo) nei ruoli dei protagonisti. Viene ricordato per gli effetti speciali di Carlo Rambaldi, premiati anche con un Oscar.

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