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I RITRATTI DI LOTHAR WOLLEH

Lothar Wolleh, nato il 20 gennaio 1930, è stato un noto fotografo tedesco, divenuto famoso per i suoi ritratti di artisti. Fino alla fine degli anni Sessanta Lothar Wolleh ha lavorato come fotografo commerciale. Ha poi realizzato ritratti di pittori e scultori contemporanei di fama internazionale. Complessivamente ha fotografato circa 109 artisti, tra cui personaggi noti come Georg Baselitz, Joseph Beuys, Dieter Roth, Jean Tinguely, René Magritte, Günther Uecker, Gerhard Richter, Edward Kienholz, Otto Piene e Christo.

Nel 1967, Lothar Wolleh pubblica una serie di fotografie che mostrano come soggetto Magritte e sua moglie Georgette, nella loro casa di Bruxelles. Queste immagini vengono scattate e sviluppate solo pochi mesi prima della morte di Magritte, e molte di esse sono destinate a entrare nella storia.
Un ritratto famoso, scattato in quel periodo (che riportiamo), mostra il surrealista accanto a un suo dipinto: Magritte è lì vestito come l'uomo del dipinto, completamente in nero con una camicia bianca, solo che, a differenza del soggetto dell'opera, non porta la bombetta; e l'opera non ha testa.
Si dice che la fotografia che ritrae René Magritte con sua moglie abbia ispirato Paul Simon a comporre la ballata "René and Georgette Magritte with their dog after the war".

René Magritte, ricordiamolo, era molto coinvolto dalla fotografia, il che può dimostrare l’empatia che si riscontra nei ritratti di Lothar Wolleh. Ha utilizzato gli scatti per vari scopi: come spunto per dipinti o lavori commerciali e mettendo a memoria eventi familiari. Nel suo archivio si possono trovare molti momenti della vita personale, compresi i primi anni del suo matrimonio con Georgette. Lartista fotografò per tutta la vita entusiasticamente e nell’ultimo decennio utilizzò una cinepresa 8 mm.

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FRANCESCA, IL GESTO ESTREMO

Francesca Woodman si uccide il 19 gennaio 1981, quando aveva soli ventitré anni. L'artista soffriva di depressione e ansia. Stava attraversando un momento difficile della sua vita, così ha deciso di gettarsi dalla finestra di un palazzo, a New York. Ne abbiamo parlato tre anni addietro, ma abbiamo deciso di occuparcene anche oggi, per l’importanza del suo lavoro fotografico e artistico.
Prima di porre fine alla sua vita, Francesca ha scritto una lettera che diceva: «La mia vita a questo punto è come un sedimento molto vecchio in una tazza di caffè e preferirei morire giovane lasciando diverse conquiste ... invece di cancellare frettolosamente tutte queste cose delicate».

Rimaniamo sempre sorpresi di fronte agli scatti di Francesca Woodman. Nascondono il tormento e l’incomprensione, pur nella bellezza; e raccontano un’esistenza troppo veloce, dove il silenzio accompagna il dubbio, quella fragilità di chi non sa risolvere.
Circa Francesca Woodman, sì è parlato di stimoli culturali arrivati a maturazione proprio a Roma; ma l’incessante proposta del proprio corpo restituisce a noi che guardiamo delle immagini struggenti e potenti, ideati da una mente che con difficoltà riesce a tenere insieme essere e percepire.

Ecco ancora le prole di Francesca Woodman (1979): « Uso i nudi in parte in senso ironico, come i nudi della pittura classica. Voglio che le mie immagini abbiano una certa qualità senza tempo, personale ma allegorica come fanno nei dipinti storici; ma mi piace il bordo ruvido che la fotografia dà a un nudo. Mi piace osservare l'immediatezza di una fotografia lottare con “immagini senza tempo” come avviene, ad esempio, in una fotografia pittorialista».

Fotografava se stessa, Francesca; mettendo in luce angosce e paure. I propri autoritratti erano ambientati in luoghi spogli e squallidi. Da ogni scatto, però, maturava un'emozione: mostrata anche da quel corpo che alle volte esibiva e, in altre occasioni, nascondeva.

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UMBO, RIVOLUZIONE E POESIA

Umbo (nato il 18 gennaio 1902) aveva una mentalità rivoluzionaria, che manifestava anche nella vita. A Berlino, i primi anni, passava la notte nei parchi e sugli autobus, facendo lavori saltuari come operaio, imbianchino, fattorino e persino clown. Nel 1926, quando il suo amico del Bauhaus, Paul Citroen, gli mise tra le mani una macchina fotografica, Umbo scoprì il mezzo col quale poteva esprimere la propria creatività. Ha iniziato a sperimentare con la fotografia. I volti dell'ambiente bohémien di attori e artisti di Berlino, così come le scene della vita cittadina, divennero il suo soggetto principale e gli valsero rapidamente la reputazione di uno dei più importanti fotografi dell'avanguardia degli anni '20.

Lui rappresentava "tutto ciò che è nuovo" ed esercitò un’influenza importante sul movimento artistico del Neues Sehen (Nuova Visione), i cui principi erano direttamente legati al Bauhaus. Il Neues Sehen identificava la fotocamera come un secondo occhio per guardare il mondo, con angoli di ripresa alti e bassi, in un contrasto di forma e luce. Umbo ha cercato di ritrarre la vita come si presentava naturalmente, catturando l’espressione naturale di persone e luoghi.

Umbo era una persona molto malinconica e sensibile, che lottava con il senso di solitudine, una componente del suo carattere che esprimeva nella fotografia con il suo stile poetico e sensibile. Allo stesso tempo, era uno spirito libero, pieno di eccentricità, alle prese con le luci e ombre della sua vita come faceva nelle fotografie. Alla stregua di molti grandi artisti nel corso dei secoli, Umbo era spesso tormentato dai dubbi su se stesso. Mente brillante, ha lottato per affermarsi, anche se oggi rimane solo una piccola firma, appena scarabocchiata, nell'angolo delle sue fotografie.

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IZIS, IL POETA UMANISTA

Izis Bidermanas (nato il 17 gennaio 1911) può essere collocato tra gli umanisti francesi, anche se non raggiunse mai la fama dei suoi contemporanei: Robert Doisneau, Henri Cartier-Bresson, Willy Ronis e Brassai. La sua Parigi, quella delle scene di vita quotidiana, vive tra il sogno e la malinconia; e le motivazioni ci sono tutte. Fugge dalla Lituania a 19 anni, alla ricerca di una prospettiva migliore. Durante la guerra, Izis, sua moglie e Manuel, allora di soli tre anni, furono costretti a fuggire da Parigi quando passò sotto l'occupazione tedesca. I genitori e il fratello, rimasti in Lituania, furono uccisi durante lo sterminio di massa degli ebrei. Izis non tornerà più nel suo paese natale.

Artista malinconico e a volte meditabondo, Izis ha infuso un po' di tristezza nel suo lavoro. Le fotografie della Parigi operaia - bambini per strada, uomini che mangiano nei bar, biancheria stesa sui fili - mostrano difficoltà ma anche dignità nei soggetti.
«Questa è la 'mia Parigi' che ho sempre fotografato», avrebbe detto negli anni '70; «Non è la Parigi moderna, e nemmeno quella vecchia». Del resto, lui ha abbracciato la capitale francese, per scelta. Il suo sogno giovanile lì si è amplificato, facendo emergere le scelte fotografiche. Non ha mai ricercato l’aspetto curioso, o almeno questo traspare da ciò che vediamo; piuttosto si soffermava sulla fragilità umana, nella convinzione che tutti ne fossimo pervasi.

Izis si muove con disinvoltura nella sua Parigi, anche se in punta di piedi; e non si pone nella terra di confine come Doisneau, tra chi esiste e colui che guarda esistere. Lui vive con gli abitanti alla pari, senza sotterfugi; in più non prende in eredità la città di chi l’ha preceduto con la fotocamera. Occupa il proprio tempo con decisione, pur nella malinconia. Il suo lavoro è pervaso da una tristezza poetica, che si esprime in un quaderno “a righe”, dove la narrazione diventa poema.

Ci siamo soffermati a lungo sulla Parigi del fotografo lituano, ma è giusto ricordare come lui abbia lavorato per Paris Match durante vent’anni. Per la testata francese realizzerà importanti reportage, ritraendo diversi personaggi che animavano la vita culturale francese: il filosofo Albert Camus, scrittori come Georges Simenon, Jean Cocteau e Marcel Jouhandeau; pittrici come Dora Maar e Marie Laurencin; i pittori Georges Rouault e Pierre; personaggi del mondo dello spettacolo, cantanti e attori, come Édith Piaf, Orson Welles e Grace Kelly.
Nel 1951 è stato invitato a esporre il suo lavoro insieme a Doisneau, Cartier-Bresson, Ronis e Brassai al MoMA di New York.

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