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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con fotografia da leggere. Oggi ci occupiamo di due libri, il primo dei quali non fotografico: “Andare per Treni e Stazioni”, di Enrico Menduni (Edizioni Il Mulino). E’ stata la lettura di questo lavoro che ci ha permesso di conoscere e apprezzare l’autore, inducendoci ad acquistare “La fotografia, dalla camera oscura al digitale”, sempre Edizioni Il Mulino.
Iniziamo dal primo. Il treno e le stazioni sono un soggetto fotografico per eccellenza, perché si viaggia sui binari per un motivo concreto, non unicamente turistico. Convogli e pensiline diventano il crocevia di tante storie, tutte da raccontare. Leggiamo nella sinossi: «Tutti abbiamo ricordi ferroviari, viaggi infantili con i nonni, magari su accelerati con sedili di legno, gite giovanili in comitiva, forse per partecipare a una manifestazione a Roma o per raggiungere qualche amore lontano, trasferte per raggiungere la caserma o la sede di lavoro e viaggi di nozze, magari a Venezia. Le valige sulla reticella con l’etichetta di lontani alberghi, il venditore di cestini da viaggio sul binario, il fischio della locomotiva e il capostazione impettito con l’orologio da taschino e il berretto rosso sono altrettante foto nostalgiche e sbiadite di un itinerario sentimentale attorno al treno che ci porta in luoghi lontani e fa incontrare in una temporanea intimità persone sconosciute, che forse s’incontreranno di nuovo o probabilmente mai più».

“La Fotografia” di Enrico Menduni non è solo un trattato di storia della fotografia, ma molto di più, questo per via di uno sguardo attento alle rilevanze sociali scaturite dalla pratica dello scatto, sin dal 1839. Leggiamo nella premessa: «La fotografia si è inserita in mezzo ad altre attività di natura comunicativa e artistica, come disegnare, dipingere, scrivere, modificando e comprimendo il loro ruolo. Altre sue funzioni sono del tutto nuove, conseguenze dell’assetto moderno della società».

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PAUL McCARTNEY, ANCHE FOTOGRAFO

Il 18 giugno 1942 nasce Paul McCartney. Ne abbiamo celebrato il compleanno anche nel 2020, presentando, a mo’ di regalo, la moglie Linda e il suo libro: “Linda McCartney, Life in Photographs”; ed. Taschen. Di Paul McCartney sappiamo molto, anche per sentito dire; addirittura che potesse essere già deceduto ai tempi della copertina di Abbey Road (La fotografia che ritraeva i Fab Four sulle strisce pedonali, scattata da Iain McMillan l’8 Agosto 1969). Che dire? Abbiamo scoperto i Beatles un po’ in ritardo, anche per questioni generazionali (non eravamo ancora ragazzini durante la Beatlemania), ma la curiosità su di loro cresce giorno per giorno, perfino mentre ascoltiamo “Let il be” in auto durante i lunghi viaggi. Ecco quindi la sorpresa, improvvisa e benvenuta: Paul, il bassista dei Fab Four, scattava fotografie; e le ha rese disponibili per un libro appena uscito, anche qui da noi. Nulla di strano, per il periodo, ma la meraviglia rimane. Non abbiamo ancora acquistato il volume (lo faremo a breve), però siamo persino orgogliosi nel pensare a McCartney come uno di noi, mosso dalla stessa passione: quella di riscoprire una fotografia in un cassetto, pronta a farci ridere, piangere, meravigliare.

Nel 2020 è stata riscoperta nell'archivio di Paul McCartney una straordinaria raccolta di quasi mille fotografie, che aveva scattato con una macchina fotografica da 35 mm. Sono immagini che catturano momenti privati e intimi, vissuti tra la fine del 1963 e l'inizio del 1964, mentre nel Regno Unito scoppiava la Beatlemania e quando, dopo la prima visita della band negli Stati Uniti, i “Fab Four” divennero le persone più famose del pianeta. Le fotografie sono il resoconto personale di McCartney di questo periodo esplosivo, in cui i Beatles erano “l'Occhio del Ciclone".

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LO SCRITTORE FOTOGRAFO

Lo confessiamo: è stata una scoperta occasionale. Carl Van Vechten non era nei nostri pensieri, essendo saltato fuori quasi dal nulla nel mare magnum della rete. Bene così, comunque; anche perché la curiosità suscitata fa parte della fotografia al pari di altre qualità necessarie. Ci troviamo di fronte a uno scrittore fotografo, che peraltro inizia a scattare tardi nella vita, a cinquantadue anni: straordinario! Non desideriamo entrare nel solito circolo vizioso circa il rapporto tra immagine (scattata) e letteratura: ne abbiamo già parlato. Tra l’altro, non siamo riusciti a trovare nulla che ci spiegasse le ragioni di una scelta così radicale (la fotografia al posto della scrittura), portata avanti in tarda età. Carl ci ha sorpreso in questo, confermando però ciò che pensiamo circa l’arte dello scatto: una pratica “trasversale” in grado di farci contaminare da altre forme di espressione. Con la fotocamera in mano, o con l’idea d’averla, osserviamo diversamente, comprendiamo, cerchiamo, sogniamo anche; e forse a Carl è successo proprio questo: ha iniziato a guardare le persone (era ritrattista) con maggiore intimità e attenzione.

C’è poi dell’altro: dal 1839 a oggi, il mercato fotografico non ha mai consentito un facile accesso a tutti gli autori. Lo stesso potrebbe dirsi per la fama, assolutamente non democratica in ambito fotografico. Insomma: la celebrità è sempre stata per pochi, al di là dei lavori prodotti. Questo per dire che ci sono tanti archivi da scoprire e molti fotografi (sconosciuti) ai quali dedicare i favori di una ribalta. C’è sempre da imparare, non solo di fronte ai grandi nomi. Ogni autore racconta una storia, anche con la propria vita.

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NUREYEV A PARIGI

Rudolf Nureyev visse un’esistenza di estremi: dalla povertà alla ricchezza, dall’anonimato alla più assoluta celebrità. Nato su un treno in un angolo dimenticato dell’Unione Sovietica, superò le difficoltà, divenendo un acclamato danzatore.
Il 16 giugno 1961, ecco arrivare la svolta, forse quella più decisiva della sua vita: presso l’aeroporto Le Bourget di Parigi, sfuggì al controllo del KGB e si consegnò alle autorità locali, chiedendo asilo politico al governo francese. Sull’onda del successo ottenuto in città, non si aspettava certamente di essere rispedito in Russia.
Era stata la fortuna a portarlo a Parigi. A causa di un infortunio del Primo Ballerino del Kirov Kostantin Sergeyev, a lui fu concesso di sostituirlo in un’esibizione nella capitale francese. Pubblico e critica rimasero estasiati, ma lui infranse le regole, quelle che vietavano di frequentare stranieri. Ecco il motivo per il quale fu accompagnato all’aeroporto: un rimpatrio dal quale, forse, non sarebbe più potuto tornare. Nureyev prese la decisione in un istante, quella dell’asilo politico.

La storia della sua vita prese il volo, obbedendo a quegli istinti che sin da giovanissimo abitavano in lui. Conquistò il mondo della danza, divenendo un oggetto del desiderio. E lui sorprese il pianeta con la sua spavalderia, che a volte diventava arroganza; ma era la sua bellezza a vincere, quella rara e muscolare che è di pochi. Tutti lo volevano: uomini, donne, fotografi, celebrità ricche e famose (Mick Jagger e Pablo Picasso tra queste); ma nascondeva anche un sommerso segreto, fatto di eccessi portati avanti nei bassifondi. Ecco ancora gli estremi: era ricco, ma decadente; amato, eppure anche odiato. Continuerà a ballare, fino alla fine, senza sosta: quasi che la danza potesse surrogare una terapia interiore e fisica. Del resto, insisteva nel portare avanti il suo credo: sacrificio e sudore, come agli esordi.

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