IL NAPOLEONE FOTOGRAFO
Molte celebrità sono nate il 12 marzo: Gianni Agnelli (l’Avvocato, 1921), Jack Kerouac (1922), Gabriele D’annunzio (1863), Loriano Macchiavelli (scrittore, 1934). I primi due li abbiamo incontrati gli anni scorsi.
Curiosando nel volume “Storia della Fotografia” (Beaumont Newhall, edizioni Einaudi) leggiamo di Napoleon Sarony, ritrattista; personaggio interessante, che fotografava le celebrità invitandole in studio via lettera, pagandole anche per ottenerne i diritti.
Sin dal 1860, dice il volume, la fotografia di ritratto era cambiata. Gli autori facevano uso di sfondi dipinti, insieme a sostegni, colonne, steccati, poltrone; ambientazioni dissimili da quelle utilizzate ai tempi del dagherrotipo. Il piccolo formato delle carte-de-visite aveva perso piede, a favore di superfici sensibili più generose. Attori e attrici aumentarono la domanda d’immagini che li riguardassero, questo per farsi pubblicità; e finirono per imitare le pose assunte in scena durante le sessioni di scatto. Si può parlare di “fotografia teatrale”, dove il risultato finale dipendeva molto dalla capacità del soggetto nell’esprimere la propria personalità.
Uno dei fotografi di teatro più originale fu appunto Napoleon Sarony, nato il giorno nel quale moriva il suo omonimo (Napoleone I). Egli studiava la posa adatta per i suoi clienti e li istruiva in vari modi: dall’adulazione alla minaccia, imitando anche la mimica necessaria. Napoleon non disponeva di molti aiuti e si affidava completamente al suo operatore, Benjamin Richardson. Ecco cosa diceva di lui: «Se io scelgo una posa, e l’apparecchio è pronto, Richardson che è mio assistente da tanto tempo, afferra le mie idee in tutta la profondità e con tutta la rapidità necessaria».