Skip to main content

GLI 81 DI DINO ZOFF

Il 28 febbraio è un giorno importante per la fotografia. Il 28 febbraio 1839 troviamo, per la prima volta, il termine “fotografia” in una lettera che Sir John Herschel, astronomo, matematico, chimico, spedì a Fox Talbot. Lo scienziato aveva scoperto il fissaggio, ottenendo copie stabili nel tempo, e introdotto i sostantivi positivo e negativo. Ne abbiamo già parlato. Sempre il 28 del mese in corso compie gli anni Oliviero Toscani. Pure per lui sono 81. Lo abbiamo incontrato più volte, ma anche oggi gli dedichiamo i nostri auguri.

Volgendo gli occhi altrove, ecco comparire Dino Zoff, il portiere nato oggi nel 1942. Il suo nome è da leggenda, per una carriera piena di lustrini. Ci occupiamo volentieri di lui, anche per l’immagine umile che ha sempre mostrato di sé, nonostante i trionfi.

Il tempo non passava mai. Siamo allo stadio di Sarriá di Barcellona. E’ il 5 luglio 1982. L’Italia incontra il Brasile, forse il più forte di sempre. Gli azzurri stanno vincendo 3-2. L’arbitro ha annullato il quarto goal degli italiani per un fuorigioco inesistente. All'89' Zoff, con un ottimo intervento, riesce a parare sulla linea di porta un colpo di testa di Oscar, da distanza ravvicinata. La partita termina dopo poco più di un minuto di recupero.
Tale partita è considerata da alcuni come uno dei più grandi incontri di calcio di tutti i tempi, per via del risultato altalenante. “Pablito” Rossi è andato a segno tre volte, ma quella parata di Zoff entrerà nella leggenda.
La nazionale brasiliana viene eliminata dalla competizione, per quella che sarà ricordata come la Tragedia del Sarriá.

Per l’Italia arriverà il mondiale, quello del Presidente Pertini in tribuna. La nazione tutta si è stretta nell’orgoglio di quel risultato sportivo, che oggi ricordiamo con nostalgia. Certi eroi non esistono più e non ne nascono. Gli azzurri della pedata oggi il mondiale lo guardano in televisione. Peccato.

Continua a leggere

FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con “Fotografia da Leggere”. Questa volta ci rivolgiamo ad un grande classico della manualistica: “Il Negativo” di Ansel Adams (Zanichelli editore). Tutti gli appassionati di fotografia conoscono Ansel Adams, molti imitandone lo stile. Le pubblicazioni tecniche lo citano spesso, riferendosi al “sistema zonale”. Tra l’altro, il rinnovato interesse per l’analogico, e nei confronti del grande formato, ha riportato sugli scudi il fotografo americano. In molti si sono emozionati di fronte ai suoi paesaggi, alle immagini dei parchi. Parecchi di noi, poi, hanno in biblioteca (quella fotografica) “Il Negativo”, quale bibbia del proprio sapere.

La padronanza tecnica di Adams è indiscutibile. Weston e Strand lo consultarono spesso per dei consigli tecnici. E’ stato consulente fotografico per Polaroid e Hasselblad. Adams ha sviluppato il famoso e complesso "sistema zonale", per controllare e correlare l'esposizione e lo sviluppo, consentendo ai fotografi di visualizzare in modo creativo un'immagine e produrre una fotografia che corrispondesse alla loro visione. Ha prodotto decine di manuali tecnici sulla fotografia, che sono i libri più influenti mai scritti sull'argomento.
Nel volume scopriremo come Ansel si sia distinto per il suo rigore, per l’impegno, per l’amore dedicato ai suoi soggetti. Rimane un esempio da imitare: in fotografia e non solo.

E’ difficile suggerire cosa si può imparare al cospetto di un fotografo quale Ansel Adams, consultando poi il suo “Negativo”. Lo abbiamo ripetuto spesso: un fotografo, come ogni artista, vive in un contesto storico dal quale non può prescindere; in più percorre la propria vita in relazione a quanto gli viene offerto.
Di Ansel Adams occorre seguire l’esempio, che vuol dire rigore, impegno, intensità. Le sue immagini vivono di precisione, dove il soggetto preferito (e ricercato) s’ingigantisce sempre più col passare degli anni. Noi dobbiamo ricercare la nostra attitudine, il soggetto amato, perseguirlo con dedizione. Resta poi la fotografia: Ansel ne ha avuto fiducia, dedicandole tutto se stesso, con coraggio. Anche qui possiamo seguire le sue orme.

Continua a leggere

L’INVENTORE DEI BLUE JEANS

Levi Strauss, assieme a Jacob Davis, ha brevettato i famosi blue jeans con i rivetti in rame. I pantaloni, nati come indumento da lavoro, si trasformano, dagli anni ’30, nell’abbigliamento casual per eccellenza, amatissimo dai giovani, inossidabile al cambio delle mode. I blue jeans, simbolo delle contestazioni anni ’60, in realtà hanno aperto una moda, un modo di essere; elementi che si sono rinnovati nel tempo, e in vari ambiti. Alcuni indossatori “illustri” ne hanno rafforzato il mito. Bruce Springsteen, col suo “Lato B da copertina” – quello di Born in the U.S.A. –, ha portato il jeans alla mercé della musica. Lo scatto è di Annie Leibovitz. Catherine Bach, la Daisy Duke di “Hazzard”, indossò un hot-pant: molto hot e poco pant, a dire il vero; e divenne l’icona della serie televisiva. Marilyn Monroe indossò i jeans nel film “Gli Spostati”. Erano a vita alta e col risvolto.
Molti altri miti dello spettacolo hanno vestito i famosi pantaloni a cinque tasche, portandoli sempre in auge: John Wayne, Susan Sarandon e Geena Davis (nel film Thelma & Louise), James Dean (nel film Gioventù Bruciata) e molti altri. La moda futura ci riserverà altre sorprese, ne siamo certi.

Anche la musica si è impossessata dei jeans. Ne portiamo un esempio solo.

Lampi di luce, al collo una croce
La dea dell'amore si muove nei jeans
Mi fido di te - Jovanotti (2005).

Chi scrive, da ragazzo, riceveva in dono un 501 all’anno; e li ha conservati quasi tutti. Ai tempi rappresentavano un simbolo di appartenenza. C’era poco di più, comunque, almeno nella moda. Altri tempi.

Continua a leggere

IL PRESIDENTE PIU’ AMATO

Il 24 febbraio 1990 ci lascia Sandro Pertini, il Presidente della Repubblica più amato. Lo ricordiamo per il Mundial 1982, ma in generale per aver ricoperto una figura istituzionale con maggiore dinamismo e una comunicazione semplice, nonché molto efficace. Lui era con noi. Molti lo ricordano la notte tra il 12 e il 13 giugno 1981 accanto ai genitori di Alfredino Rampi, il bambino caduto in un pozzo artesiano a Vermicino. Tutta l’Italia perse il sonno davanti al televisore, nella speranza di un salvataggio; e tra i soccorritori c’era proprio il Presidente, a 85 anni d’età. Amava esserci perché era un combattente, condannato sei volte ed evaso due: uno spirito irrefrenabile.

Del Mondiale di Spagna 1982 (il Mundial), oltre ai gol di Paolo Rossi, alle parate di Zoff e all’urlo di Tardelli, tutti ricordano il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, festoso in tribuna accanto a Juan Carlos o durante la partita a carte sull’aereo di ritorno.
Quel 1982 appartiene a un mondo che non esiste più. Il mondiale di quell’anno divenne un evento entrato nell’immaginario collettivo. Tardelli che corre urlando, l’esultanza del presidente della Repubblica, la partita a carte sul volo di ritorno di Bearzot, Causio, Zoff e lo stesso Pertini si trasformarono nelle pagine di un romanzo che emozionò e scosse un Paese in difficoltà. Eravamo tutti italiani.

Eppure le cose non andavano tanto bene: l'Italia era un paese fragile, instabile politicamente ed economicamente. L'inflazione viaggiava intorno al 17%. Anche il calcio non aveva fatto eccezione in quegli anni: travolto nel 1980 dallo scandalo del calcioscommesse. Paolo Rossi, venne squalificato per 2 anni e tornò appena in tempo per convincere Bearzot a inserirlo nella lista dei convocati per la Spagna. Andò tutto bene. Pertini e la sua Italia lo meritavano.

Continua a leggere