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L’AUTORITRATTO DI BAYARD

E’ il 18 Ottobre 1840, Hippolyte Bayard espone il proprio autoritratto. Ne abbiamo parlato tre anni addietro, in poche righe. Crediamo, comunque, che lui meriti di più: come inventore, ma anche (e soprattutto) come fotografo. Lui fu uno dei padri della fotografia, avendo inventato un procedimento noto come stampa positiva diretta. Il 24 giugno del 1839 realizzò la prima mostra fotografica, presentando alcuni suoi lavori. Bayard sarebbe stato persuaso da Arago a posticipare la data della sua invenzione, questo per favorire Daguerre. Non vogliamo approfondire la storia politica delle cose, sta di fatto che il nostro, l’anno successivo, si finse annegato, mostrando l’immagine che vediamo. Con un po’ di fantasia, aveva confezionato uno dei primi auto ritratti e, sicuramente, la prima foto di contestazione della storia.

Per parlare di Bayard ci viene in aiuto Roberto Mutti con le sue “Interviste impossibili” (del libro parleremo presto). Lui incontra, con tanta fantasia, il fotografo in un caffè che da’ sulla Senna, a due passi dal Pont des Arts, forse il più bello di Parigi. Bayard parla chiaro del suo nudo, ma soprattutto ha voluto sottolineare come lui sia stato un fotografo vero, più dei suoi colleghi scopritori, Daguerre in primis. Circa il contenuto melodrammatico della sua lettera d’accompagnamento al finto annegamento nell’intervista ha fornito un commento lapidario: «Meglio che suicidarsi davvero».

Roberto ha chiesto a Bayard quale fosse la sua fotografia preferita. Ecco cosa ha risposto il fotografo francese: «La stupirò, ma non è il mio autoritratto da annegato, bensì la ripresa di una semplice sedia in un giardino del 1850: c’è il dettaglio della paglia del sedile, la delicatezza dell’ombra sull’innaffiatoio, l’inseguirsi delle foglie; è la bellezza della fotografia, non occorre chissà quale soggetto».

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LA MARTINA DEL TENNIS

La leggendaria campionessa di tennis Martina Navratilova è innegabilmente una delle più grandi atlete di tutti i tempi. Per chi a fine anni ‘70 seguiva lo sport della racchetta, la sua comparsa fu una sorpresa. Era brava, troppo; armata di un servizio devastante, forte da fondocampo e sotto rete. Il suo tennis era muscolare. I maligni, conoscendo il suo orientamento sessuale, dicevano che avrebbe potuto competere nei tornei maschili, anche se solo di un livello più basso. Di certo ha portato una venata nuova nel tennis “rosa”, aggiungendo quella potenza poi emulata dalle colleghe negli anni successivi.

Nel corso della sua carriera tennistica, Martina si è distinta sette volte come "Tour Player of the Year" della WTA, nominata "Atleta femminile dell'anno" dall'Associated Press e dichiarata una delle "Top Forty Athletes of All-Time" da Sport Illustrated. Dopo essere stata inserita nell’International Tennis Hall of Fame, ha continuato a prendere parte agli eventi WTA, gareggiando anche ai Giochi Olimpici del 2004. Mentre si avvicinava al suo 50° compleanno nel 2006, ha deciso di lasciare il circuito del tour dopo il suo ultimo incontro in un torneo del Grande Slam, in doppio misto con Bob Bryan agli US Open. Ancora in forma fenomenale, sull'orlo dei 50 anni, è diventata la giocatrice più anziana ad aver vinto un titolo del Grande Slam.

Martina ha giocato a tennis con energia, passione ed emozione. A oggi lei, più di chiunque altra, è nota per aver portato il tennis femminile a un livello completamente nuovo per velocità, aggressività e forma fisica.

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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con fotografia da leggere. Questa volta incontriamo un romanzo, anzi un legal thriller storico-politico. Si tratta di “Assassinio del Padre”, il caso del fotografo Philippe Halsman, di Martin Pollack (edizioni Bollati Beringhieri). Il libro è di assoluto interesse e molto preciso nella narrazione storica. Ne esce tutta l’Austria del momento e anche il carattere del giovane Philippe.

pCinque anni prima del trionfo di Hitler, nel tribunale penale di Innsbruck s’intravede quanto accadrà in Europa di lì a poco. Un misterioso processo per parricidio spalanca gli occhi sull’onda antisemita pronta a scatenarsi da lì a poco. Il nome dell’imputato, Philippe Halsmann, è conosciuto tra gli amanti della fotografia: nel dopoguerra sarà il ritrattista che negli USA, soprattutto per LIFE, convincerà le celebrità a saltare davanti all’obiettivo, bloccandole con i piedi sollevati dal suolo.

Pochi sanno che la vita del fotografo avrebbe potuto subire un triste destino, all’età di 22 anni. Nel settembre 1928 Halsmann è in gita sulle Alpi col padre, dentista ebreo di Riga, quando durante un’escursione il vecchio muore cadendo da un dirupo. Gli investigatori sono convinti che Philippe abbia ucciso il padre. Il movimento filonazista tirolese si schiera contro il ragazzo, mentre gli intellettuali viennesi si collocano sull’altro versante, contro i filo nazisti. La stampa europea è divisa in due. A favore del giovane Halsmann si espongono Einstein, Fromm, Mann e Freud. Arrivano due condanne, poi la grazia: il fotografo ripara in Francia, ma l’invasione tedesca (1940) lo costringe a fuggire ancora: prima a Marsiglia, poi negli USA; sempre con l’aiuto di A. Eistein. In seguito, l’orrore della Shoah farà dimenticare l’atteggiamento antisemita di Innsbruck. La vicenda è ricostruita in modo avvincente in questo capolavoro di Martin Pollack.

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NASCE LA WALT DISNEY COMPANY

Il 16 Ottobre 1923 nasce la Walt Disney Company: una storia di successo, ma anche un marchio che è entrato nell’olimpo dei brand mondiali, come patrimonio aziendale e per percezione. Negli ultimi anni, per via della nascita dei marchi tecnologici, le classifiche sono venute a modificarsi, ma Disney è rimasto sempre lassù, ai vertici. A questo punto, se ci pensiamo bene, ci accorgiamo come i brand con più notorietà siano quelli rimasti nella mente dei consumatori perché hanno costruito con loro un rapporto di fiducia. In fin dei conti, non dobbiamo chiederci quali siano i brand più famosi: risiedono già nelle nostre idee. Molti di questi hanno lavorato sulla propria reputazione e ormai non possono essere dimenticati. Ad esempio, se si vuole mostrare un cartone animato a dei bambini, cosa ci viene in mente? Probabilmente Disney.

Non dobbiamo comunque fermarci unicamente in un ambito strategico. Walt Disney ha creato un filone mai copiato, nel quale personaggi inventati animavano i sentimenti più comuni, di adulti e bambini. Si può chiamare in causa una retorica eccessiva, quella del bene che vince sul male, ma il risultato non cambia: i personaggi Disney vincono anche oggi, quando l’elettronica d’intrattenimento ha contagiato masse enormi di praticanti. Si tratta però di un ambito diverso: i video-giochi (li chiamiamo così per non citare dei marchi) vorrebbero essere simili alla realtà, la stessa che viene allontanata dai prodotti Disney per lasciare posto al sogno. Possiamo essere d’accordo su un punto: Topolino, Paperino, Mary Poppins non rappresentano esempi d’arte d’animazione, ma non ne hanno avuto neanche l’ambizione. Sono però ben confezionati, partecipi di film perfetti, scritti magistralmente e diretti con cura. Le musiche accompagnano il tutto come in un musical. Un esempio? “Cars, motori ruggenti”, il cartone in lungometraggio del 2006 (molto bello) ha come cameo musicale James Taylor, che canta la canzone “Our Town”. Una curiosità sul film: la versione italiana può vantare importanti doppiatori non di professione, come Marco Messeri, Sabrina Ferilli, i piloti Alex Zanardi, Jarno Trulli, Giancarlo Fisichella ed Emanuele Pirro, il comico Marco Della Noce (noto per il personaggio del meccanico ferrarista Oriano Ferrari).

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