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NASCE LA CATENA DI MONTAGGIO

7 ottobre 1913, Henry Ford introduce la catena di montaggio per la produzione di un nuovo modello di automobile, la Ford Modello T. Questa vettura, prodotta solamente nel colore nero, era robusta e spaziosa. L’industriale aveva l’obiettivo di creare un veicolo accessibile a tutti, anche alle classi meno abbienti della società. Era però necessario diminuire i costi e i tempi di produzione. Per questo decise di introdurre la catena di montaggio nel suo ciclo produttivo, che avrebbe permesso di abbattere i costi di fabbrica. Henry Ford riuscì anche ad aumentare lo stipendio dei suoi operai e a diminuire le loro ore lavorative. Il fordismo divenne sinonimo di produzione in serie e pose le basi per la nascita della società dei consumi.

La catena di montaggio ha cambiato il modello industriale, con dei riflessi sociali, politici e culturali. Presupponeva comunque manodopera, il che ha richiamato, almeno qui da noi, famiglie dalle campagne, favorendo anche la migrazione sud-nord. Nascevano i quartieri dormitorio, ma anche interi agglomerati urbani, se non addirittura piccole città. E’ il caso dell’Olivetti e dell’attigua Ivrea, patrimonio dell’Unesco, cresciuta con la fabbrica, per volere del suo imprenditore.

Queste premesse introducono quanto verrà dopo: la vita di Henry Ford, ma anche il film “Tempi moderni”, dove le gag richiamano appunto alla catena di montaggio. La parentesi fotografica è dedicata all’Olivetti, un vanto nell’imprenditoria italiana, raccontata da Gianni Berengo Gardin.

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LA GERMANIA DI KARL-HUGO SCHMÖLZ

Nel film neorealista di Roberto Rosselini “Germania anno zero”, il dodicenne Edmund Köhler inciampa tra le rovine della Berlino devastata dalla guerra, nel 1948. Le ferite sono ancora troppo fresche, dopo anni di guerra e il permanere del senso di colpa.

Le fotografie architettoniche di Karl-Hugo Schmölz, scattate pochi anni dopo, presentano un paese in una fase di ripresa economica, liberato dalle macerie. Le sue immagini, scattate per lo più a Colonia e dintorni, indicano una società che ha eliminato i suoi cumuli di detriti con una convinzione ben formata nel progresso. Gli sportelli bancari, gli uffici amministrativi, e le case editrici dell'epoca dovevano essere luminosi e spaziosi. Linee fluide e superfici piacevoli, alte facciate in vetro e portali, nonché colori prevalentemente chiari, conferiscono agli edifici un'atmosfera percettibilmente eterea ed elegante, conferendo al boom economico della Germania occidentale uno stile architettonico moderno.

Il boom portò a Schmölz incarichi che richiedevano un aspetto nuovo e più ottimista. Oggi queste fotografie vengono guardate con un leggero senso di nostalgia; dopo tutto, suggeriscono una nuova perdita. Molti degli edifici costruiti in Germania negli anni '50 stanno gradualmente scomparendo e vengono sostituiti con nuove costruzioni che conferiscono un diverso spirito del tempo. Come in molti altri ambiti della vita, oggi manca la volontà di preservare il passato. E così le fotografie estetiche di Karl-Hugo Schmölz svolgono una funzione molto tradizionale della fotografia: documentano ciò che è stato.

(Fonte: Deutsche Börse Photography Foundation)

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LA ROSE DEL TITANIC

Kate Winslet non ha mai amato i ruoli commerciali, rifiutando anche parti importanti. Eppure è diventata, in pellicola, Rose DeWitt Bukater, una ragazza aristocratica che s’innamorerà di Jack (Leonardo di Caprio) durante il viaggio tragico del Titanic. Per quella parte Kate ha vinto una fitta concorrenza, ma è difficile immaginare un’altra nei panni di Rose, perché pronta all’amore con ingenuità e decisione, reale nel manifestare quel sentimento che la travolge prima delle stesse idee.

Rose ha diciassette anni, una madre egoista, un fidanzato facoltoso (ma noioso) e una vita pianificata. Imbarcata sul Titanic, e insoddisfatta del futuro sposo, incontra Jack, romantico disegnatore della terza classe, che ha vinto a poker un biglietto per l'America. Rose e Jack s’innamorano, senza ritegno, perché sono al posto giusto, su una prua che li avrebbe accompagnati oltre l’orizzonte delle loro vite. Il Titanic, però, è colpito al cuore da un iceberg e affonda, assieme al futuro dei due giovani amanti. Ottantaquattro anni dopo l'ultracentenaria Rose, scampata al naufragio e sopravvissuta a Jack, racconterà la meraviglia di un amore tra diversi per provenienza sociale e la stupidità di un mondo che continuamente divide l’umanità in classi.

Anche noi vorremmo essere sulla prua di una nave, come Jack e Rose, capaci di un amore estremo e imprevedibile, che ci spinga oltre, al di là dei confini, delle convenienze, dei luoghi comuni che troppo spesso ci hanno condizionato. Eppure forse è stato così, almeno per i più fortunati.

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PRIMO VIAGGIO DELL’ORIENT EXPRESS

Il 4 ottobre 1883 l’Orient Express viaggiò per la prima volta. Era un treno passeggeri a lunga percorrenza, messo in servizio dalla Compagnie Internationale des Wagons-Lits. Partiva da Parigi Gare de l’Est per arrivare a Istanbul. Il servizio si interruppe per le due guerre mondiali fra il 1914 e il 1921 e fra il 1939 e il 1945, per cessare definitivamente nel 1977 a causa della concorrenza dei trasporti aerei. L’Orient Express rimase un servizio quotidiano Parigi-Vienna fino alla riduzione del tragitto nel 2007 e alla momentanea cancellazione del 14 dicembre 2009.

L’Orient Express era un treno che ha prodotto dei miti, ben utilizzati da scrittori e registi. Non serviva a raggiungere un luogo, ma trasportava il passeggero in un altrove esotico e ambiguo: quell’oriente immaginario e incomprensibile, che viveva oltre l’orizzonte plausibile. La destinazione era importante, ma la prima tappa del viaggio diventava il treno stesso: l'anima dell'avventura, la sua ragione d'essere, il luogo propizio per la seduzione, lo spionaggio e naturalmente all'omicidio.

Assassinio sull'Orient Express è da molti considerato il capolavoro di Agatha Christie, ed è sicuramente uno dei gialli più noti e letti in tutto il mondo. Dal libro sono nati due film, dal cast faraonico. In entrambi, il treno, intrappolato nella neve, diventa ancor di più soggetto e non ambiente, luogo di riflessioni e intime confessioni. I personaggi ne escono rafforzati, compreso Hercule Poirot: impassibile, elegante, curato fino al dettaglio; e intelligente per tutti, anche troppo. Originale è il finale e la morale che ne consegue, immaginabile solo sul quel treno.

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