IL REGISTA DI BLOW UP
Insieme a Fellini, Bergman e Kurosawa, Michelangelo Antonioni è accreditato per aver definito il film d'arte. Eppure il cinema di Antonioni è oggi riconosciuto anche per essere fuggito di fronte a ogni facile categorizzazione. Tra i contributi più importanti delle sue creazioni in pellicola vi è la descrizione della noia post-boom, evidente nelle trasformate abitudini di vita e di svago delle classi medie e alte italiane. Rilevando i profondi cambiamenti tecnologici, politici e psicologici nell'Italia del secondo dopoguerra, Antonioni ha deciso di esplorare le ambiguità di una nazione improvvisamente alienata e dislocata.
Antonioni manipola abilmente i bordi della struttura cinematografica. Lo spazio negativo è prominente come il positivo, il silenzio è forte come il rumore, l'assenza è palpabile come la presenza e la passività diventa il motore di una forza come azione diretta. Lasciando domande senza risposta e i punti della trama irresoluti, rinunciando a esposizione, suspense, sentimentalismo e altre aree di sicurezza cinematografiche, Antonioni rilascia lo spettatore in una nebbia meravigliosa e densamente stratificata per contemplare i dilemmi imprecisi e le infinite possibilità dei suoi personaggi. Le sue grandi e ingombranti domande si riversano nel mondo fuori dal cinema e al di là del tempo.