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IL POETA DEGLI EPITAFFI

Poesia nella poesia, questo ci accade d’incontrare quando prendiamo in mano il libro di Edgar Lee Masters o ascoltiamo l’LP di Fabrizio De Andrè. Nella nostra esperienza, culturalmente blasfema, i due lavori si sommano, quasi esaltandosi a vicenda. Tutto inizia da “La Collina”: il brano introduttivo dell’album, così come la prima poesia del libro di Masters. Si tratta di un volo sul cimitero di Spoon River: uno sguardo sull’umanità lì sepolta. C’è di tutto, dai morti accidentali sul lavoro, a quelli uccisi per rissa; compaiono donne morte per amore oppure di aborto, o ancora uccise in un bordello dalle “carezze di un animale”.

Di volta in volta riconosciamo l’emozione che respiriamo dentro, anche con un po’ d’orgoglio: quasi che l’ascolto o la lettura rappresentino un privilegio raro, dovuto a una scoperta originale. Riponiamo il volume nella biblioteca con la dovuta cura, in un posto dove lo si possa trovare con facilità. Ci saranno altre occasioni per tirarlo fuori, quando il cuore chiama l’emozione di un luogo immobile e veritiero, quale quello del cimitero di Spoon River.

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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

La rubrica del lunedì questa volta ci offre una grande opportunità: quella di celebrare Henri Cartier Bresson, con due libri che lo riguardano. Ricordiamo che il fotografo francese nasceva a Chanteloup-en-Brie il 22 agosto 1908. Lui è stato uno dei fotografi più importanti del ‘900, avendone intuito lo spirito. Per questo motivo è passato alla storia come “L’Occhio del Secolo”. Con i suoi scatti è riuscito a cogliere la vera essenza della vita, mentre la sua esistenza è stata tutta dedicata a trasformare la fotografia in un mezzo di comunicazione moderno, influenzando intere generazioni di fotografi.

Padre del foto giornalismo, Bresson ha contribuito a portare la fotografia, surrealista nel suo caso, al cospetto di un pubblico più ampio. Non è quindi solo un nome da ricordare, ma pure il capostipite di una generazione di fotografi che, senza di lui, non sarebbero esistiti. Crediamo, forse presuntivamente, che tutti gli debbano essere grati, anche i semplici appassionati, perché è dai suoi scatti che l’immagine prende vigore e fama, diffondendosi.

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IL CESTISTA DEI RECORD

Ci prendiamo una piccola pausa, dettata anche dalla passione per la pallacanestro. Il desiderio è quello di riportare alla luce una leggenda dello sport, caduta col tempo nel dimenticatoio. Stiamo parlando di Wilt Chamberlain. I suoi numeri parlano di un giocatore unico, in altezza e nelle prestazioni. Appare strano il fatto che non abbia vinto tanto (solo due titoli NBA, il campionato americano di pallacanestro). Ma la vita è così, soprattutto nello sport della palla a spicchi, dove la chimica di squadra spesso supera il risultato delle qualità individuali. Resta il fatto che Wilt ha raggiunto dei record siderali, mai più superabili; e per questo merita il ricordo che gli stiamo dedicando.

La fotografia proposta porta la firma di Annie Leibovitz; ed è riconoscibile. Lei ha sempre contestualizzato con cura i soggetti ritratti, e qui ha raggiunto l’estremo: ritrarre un campione di basket, notoriamente molto alto, di fianco a un fantino. Giù il cappello.

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L’INVASIONE DI PRAGA

Riprendiamo la notizia dello scorso anno, per la sua valenza storica e fotografica, oltre che per la coerenza con gli eventi odierni. Sono le 23 del 20 agosto del 1968. Le truppe sovietiche varcano la frontiera cecoslovacca e puntano su Praga. L’invasione russa mette fine a ogni sogno di “primavera”. In Cecoslovacchia, dal 5 gennaio 1968, è in carica un governo presieduto dal riformista Alexander Dubcek, che ha portato avanti un programma di riforme politiche democratiche riguardanti anche i sindacati (che rinascono) e la libertà di stampa. Il timore sovietico è che l’esempio della Cecoslovacchia costituisca un precedente nell’Europa Orientale.

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