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PROIEZIONISTA E FOTOGRAFO

I film vivono di storie, che alle volte ci portano lontano con la fantasia, in ambiti mai esplorati eppure coinvolgenti. E’ il caso di “Nuovo Cinema Paradiso”, diretto da Giuseppe Tornatore, costruito su pochi elementi, trattati però in profondità. C’è Alfredo (Philippe Noiret), il proiezionista del cinema in paese, e un ragazzino che cresce al suo fianco mentre lui proietta le pellicole; emerge però anche la Sicilia del tempo, in un divenire incessante e ben ritmato. S’intuisce poi, sempre nel film, il ruolo della sala cinematografica: centrale nella vita della comunità, lì come altrove. Si andava al cinema, ecco tutto: frequentemente. Altri tempi.

L’Alfredo del film comunque è esistito realmente e si chiamava Mimmo Pintacuda, fotografo e proiezionista, nato l’11 agosto 1927 a Bagheria, nel palermitano, stessa città di Tornatore, e morto a 86 anni il 21 dicembre del 2013. A lui il regista si è ispirato per Nuovo Cinema Paradiso, il suo film di maggiore successo, vincitore di un Golden Globe e un Oscar nel 1990, come migliore film straniero.

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LA NOTTE DI SAN LORENZO

«San Lorenzo, prendi una noce e guardaci dentro», così diceva, in dialetto, la nonna paterna di chi scrive. Era bello ascoltarla la sera, seduti insieme su quel balcone che guardava la valle. L’estate era già in discesa e le ombre, di giorno, iniziavano ad allungarsi. Lei parlava del marito, delle domeniche mattina, di quella montagna di fronte con un paesino sulla vetta: quello che, a suo dire, non avrebbe mai visitato. In effetti, fu così; il Monte delle Casette le rimase sconosciuto, anche perché il confine della sua esistenza coincideva con l’orizzonte visibile: la Chiesa in fondovalle, la strada che conduceva al mercato, il sentiero dell’orto e quello che portava al Camposanto, dove quotidianamente andava a visitare i suoi cari. Il suo tempo era scandito dai rintocchi delle campane e dalla corriera che suonava in curva, poco più in alto.

«Prendi una noce e guardaci dentro», ripeteva quella nonna la sera del 10 agosto; perché all’interno di quel frutto si sarebbe potuto trovare un’indicazione per il futuro: benevolo o meno, a seconda del contenuto. E’ bello ancora oggi ricordarne i racconti, che allora suonavano come una fiaba, mentre lei invece stava consumando il suo ultimo tempo a riflettere.

Quel balcone è ancora là, e nulla è cambiato nel paesaggio di fronte. Nelle sere d’estate ha ospitato la generazione successiva, quella del padre e della madre di chi adesso sta scrivendo, intenti a raccontare storie alle nipoti. Quell’orizzonte oggi è in attesa.

«Prendi una noce e guardaci dentro».

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IL PREZZO DEL SUCCESSO

Non si può entrare nella vita degli altri quando non se ne conoscono i risvolti intimi, ma è logico pensare che l’esistenza di Whitney Houston sia stata occupata, nel bene e nel male, da un successo fragoroso, difficile da gestire. Gli affetti non l’hanno premiata come avrebbe meritato, compreso quelli che la legavano al marito, poi lasciato dopo episodi (si dice) di maltrattamento. La via d’uscita della droga forse rappresentava la scelta più semplice, almeno nel breve periodo; e Whitney ne ha abusato a lungo, danneggiando anche la voce, il dono che madre natura le aveva offerto sin da bambina. I commenti non servono, anche perché cadrebbero nei luoghi comuni più banali. Dispiace però pensare a una vita troncata nella tragedia, con un corpo ritrovato in solitudine nella camera di un albergo.

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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con fotografia da leggere, ma anche da vedere, questa volta. L’opportunità ce la offre Ferdinando Scianna, valido fotografo e sublime scrittore, che negli anni ci ha abituato a riconoscere il rapporto stretto esistente tra fotografia e letteratura. Il libro che proponiamo è “Visti & Scritti”, edizioni Contrasto (2014). Nel volume, il fotografo racconta, con parole e immagini, gli innumerevoli incontri avuti, nel corso della sua vita, e i ritratti che ne sono scaturiti.

Sfogliando le pagine con curiosità, come si fa in libreria prima dell’acquisto, saltano fuori Giuseppe Tornatore e Mario Monicelli, Paolo Pellegrin, Henri Cartier-Bresson, e poi Ken Follett, Toni Servillo, José Saramago, Karl Lagerfeld, Gianfranco Ferrè, Alberto Moravia e tanti altri. L’emozione che pensiamo di poter provare è quella di un viaggio, dove la vita di Scianna potrebbe esserne l’asse portante. Poi si scopre che c’è molto di più, frutto dello sguardo autoriale che il fotografo siciliano ha dimostrato di avere sin dalla giovane età, lo stesso che lo ha portato a indagare una prossimità quotidiana, ricca di episodi, diventata consistente e significante con la continua narrazione di sé. Il volume è uno di quelli da avere per forza, per il quale va creato nella biblioteca un posto di privilegio. Perché sì, quelle pagine vanno lette più volte, in certi casi anche solo consultate. Sarà il miracolo della fotografia a farcele apprezzare, quello che appartiene all’uomo, alla sua vita, al suo racconto.

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