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BUONE VACANZE DA IMAGE MAG

E’ il primo week end di agosto. Simbolicamente l’abbiamo scelto per significare le vacanze di tutti: quelle di coloro che partiranno e le altre, dei molti che sono già tornati. Ovviamente il nostro pensiero si estende anche ai tanti che vivranno il mese in città.

Partivamo per un mese, con i genitori. Era un periodo lungo, divertente, privato: una Domenica lunga un mese. C’era anche il modo per ripensare: a sé stessi, alla vita, al domani. Si fermava l’Italia, ecco tutto: con le città vuote mostrate alla TV. Spesso si tornava alla casa di un tempo, alle origini, o anche dai nonni. E il rullino finiva lì, proprio prima delle scuole: sviluppato e conservato in un cassetto.

L’augurio? E’ quello di continuare a riempire quella memoria, perché ci vede inseriti nel tempo, nel pensiero che diviene, in un rituale che si ripete da anni, anche se in modo diverso. Nell’incertezza attuale, è cosa buona ricordarci da dove siamo partiti, con coraggio. Il domani ci sarà, e sarà migliore.

Buone Vacanze

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CLAUDE EATHERLY, IL PILOTA DELLA BOMBA

Ne parliamo il giorno prima, perché crediamo sia giusto così. Claude Eatherly era un ragazzo texano, nato nel 1918, figlio di agricoltori. Forse si trattava di una persona semplice. Al college non si distingue e abbandona gli studi prima del tempo. Si arruola nell’aviazione statunitense nel 1940. Come pilota è bravo, molto; e la carriera lo premia: nel 1941 era già ufficiale, anche se di primo grado. La sera del 5 agosto 1945 andò a dormire sapendo di dover compiere una missione importante, ma forse la sua coscienza era tranquilla, anche se il giorno dopo avrebbe fatto sganciare l’ordigno più potente che sia mai stato utilizzato in guerra. Del resto era un eroe del volo “bellico” ed è probabile che un briciolo di orgoglio personale gli abbia fatto intraprendere l’incarico con la dovuta lucidità. Non lo sappiamo, anche perché poco si conosce di quell’ultima notte. La bomba atomica su Hiroshima del 6 agosto 1945, però, gli avrebbe cambiato la vita. Conosceremo il suo volto in un ritratto di Richard Avedon.

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L’ALBA DELL’OLIVETTI

4 agosto 1932. Adriano Olivetti trasforma la "Ing. C. Olivetti & C." di Ivrea, nella società Olivetti, ma soprattutto promuove una nuova visione d’impresa, dove profitto, democrazia e giustizia sociale convivono in equilibrio. I suoi operai percepivano salari superiori alla media, beneficiavano di convenzioni per case e asili accanto alla fabbrica, avevano una biblioteca in azienda per poter leggere durante le pause. In fabbrica si tenevano continuamente concerti, mostre, dibattiti. Presso l’Olivetti lavoravano intellettuali, scrittori, artisti, alcuni con ruoli di vertice. La cultura in quell’azienda aveva un valore.

Tra il 1930 e il 1960 anche Ivrea cambia aspetto. Si sviluppa un modello moderno di città industriale, con uffici, abitazioni, mense e asili progettati da grandi architetti. Un complesso urbano che nel 2018 è stato riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco: «Per la moderna visione della relazione tra industria e architettura».

Dell’Olivetti vanno anche ricordati anche i prodotti. Noi ne segnaliamo uno: la lettera 22, un’eccellenza. Quella macchina per scrivere è entrata nelle collezioni permanenti del MoMA - Museum of Modern Art di New York e premiata con il Compasso d'Oro nel 1954. E’ stata inoltre scelta (1959) dall'Illinois Technology Institute come il miglior prodotto in termini di design degli ultimi 100 anni.

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NASCE IL TEATRO ALLA SCALA

Nasce il Teatro alla Scala, l’epicentro mondiale della lirica e del bel canto. Un tempo il melodramma aveva un carattere popolare e chi ha avuto la fortuna di conoscere le generazioni precedenti la nostra ricorderà come le romanze di Verdi e Puccini si cantavano in casa. Con i nonni, spesso la serata veniva trascorsa ascoltando le opere liriche per radio. Per tutti, il Teatro alla Scala rappresentava il luogo di culto, dove nascevano e si tramandavano le leggende di soprani e tenori, di un loggione severissimo. Forse oggi è giusto ricordare un’altra data importante, l’11 maggio 1946. Quel giorno la Scala riapriva dopo essere stata ricostruita (a tempo di record) sulle macerie dei bombardamenti. Milano dimostrò il suo orgoglio, la tenacia della volontà di reagire. E molti cittadini erano lì, ad ascoltare l’orchestra diretta da Arturo Toscanini, rientrato in Italia dopo un esilio iniziato nel 1931, causato dallo schiaffo di Bologna. Il Direttore d’Orchestra parmense aveva settantanove anni e in molti, a fine concerto, scorsero sul suo viso un piccolo sorriso (merce rara per lui, severo com’era). Rinasceva la Scala, la musica continuava a vivere.

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