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MARIA GRAZIA CUCINOTTA, CORAGGIO E DELICATEZZA

E’ bella, Maria Grazia Cucinotta; e molti l’hanno definita mediterranea. Non desideriamo criticare i giudizi di nessuno, ma crediamo che gli “spot” abbiano contribuito a connotare l’attrice come “italica”, facendo sì che ereditasse uno spazio occupato prima dalle Loren e Lollobrigida. Il suo impatto s’impone, per carità; ma travolge anche il suo modo di dedicarsi senza sfrontatezza e nemmeno presunzione, col coraggio di chi vuole dire la sua, pacatamente. Nella pellicola “Il postino” emerge tutto questo, con pure una rassegnazione al destino, che è poi una regola di vita. Maria Grazia è una donna del suo tempo, con forse un po’ di Sicilia addosso. Già, quell’aspetto non lo si può cancellare; ma rappresenta un valore aggiunto di verità tra coraggio e delicatezza.

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MICK JAGGER, “L’EVERGREEN”.

Il 26 luglio è un giorno di grandi compleanni, almeno per noi. Nascono: Elliott Erwitt (1928) e Stanley Kubrick (stesso anno). Di loro ci siamo già occupati, ma oggi è giusto ricordare anche Francesco Cossiga (sempre 1928), George Bernard Shaw (1856) e Sandra Bullock, l’attrice (1964). In un panorama già vasto, esce anche il nome di Mick Jagger, l’evergreen della musica e non solo.

«C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones», così cantava Gianni Morandi negli anni ’60; e non c’è dubbio che entrambi i gruppi abbiano occupato il loro tempo apponendovi la firma del cambiamento epocale. Resta il fatto di come gli Stones siano stati maggiormente musicisti, sempre in tour, legati dal pentagramma e dalle contaminazioni musicali. Sono poi entrati nel terzo millennio autorevolmente, con un album, “A Bigger Bang”, riconoscibile per stile e sonorità.

Mick Jegger, con Keith Richard, è il padre dei Rolling Stones, riuscendo a diventarne l’icona. Magrissimo, sempre uguale (beato lui), si esalta sul palco: oggi come allora. Anche questo è un merito.

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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con la fotografia da leggere. Questa volta incontriamo un romanzo, dove la fotografia diventa quasi una voce fuori campo, che conferma, suggerisce, fungendo da contrappunto alle riflessioni di otto figli, invitati dal padre a festeggiare il suo ottantesimo compleanno.

Il libro è “Camera Oscura”, di Günter Grass (Giulio Einaudi Editore, 2009).

pLa fotografia, almeno qui, è trattata per come noi la consideriamo: un elemento oggettivo e significante, che vive anche nel tempo del cassetto, sempre disponibile a farci commuovere, gioire, sorprendere.

Nelle due fotografie a corredo, la prima riguarda la nostra Box Camera, acquistata, per pochi soldi, in un mercatino rionale. Non l’abbiamo mai usata, ma nel maneggiarla percepiamo il peso delle storie raccontate, finite forse in qualche scatola che ancora esiste. La domanda che scaturisce, poi, è sempre quella: la fotografia può avvicinare la felicità? Probabilmente, sì: già nel gesto, all’inizio della ricerca, quando si vuole raccontare. Tutto sta a comprenderne il senso, con responsabilità. Quella stampa che esce dal cassetto non rappresenta un elisir, tantomeno un linimento; può far sorgere quel brivido che alle volte è difficile afferrare, ma che almeno offre un senso alla stessa esistenza.

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IL CIELO DI AMELIA EARHART

Abbiamo già parlato di Amelia Earhart, nel 2021; per celebrare la sua trasvolata atlantica (prima donna). Ai tempi ricordammo come l’aviatrice venisse evocata nel film “Una notte al museo 2 – La Fuga”, del 2009, nell’interpretazione dell’attrice di Amy Adams.

Leggendo la sua vita, si scopre come il cielo fosse l’habitat di Amelia. Dopo le tante sfide vinte e i numerosi record superati (al femminile, ovviamente), l’aviatrice vuole l’ultimo traguardo: il giro del mondo. A 7000 miglia dall’arrivo, il suo aereo si perde nel nulla. Lo si cerca invano per anni. Nonostante le molte teorie, non esiste alcuna prova del destino di Earhart. Non c'è dubbio, tuttavia, che il mondo ricorderà sempre Amelia Earhart per il suo coraggio, la sua visione e i suoi risultati rivoluzionari: sia nell'aviazione, che per le donne. In una lettera al marito, scritta nel caso in cui un volo pericoloso si fosse rivelato l'ultimo, il suo spirito coraggioso era chiaro: «Per favore, sappi che sono abbastanza consapevole dei rischi», ha detto. «Voglio farlo perché voglio farlo. Le donne devono cercare di fare le cose come hanno provato gli uomini. Quando falliscono, il loro fallimento deve essere solo una sfida per gli altri».

Per molti, Amelia vola ancora nel suo cielo.

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