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[ORNELLA MUTI, BELLEZZA E TALENTO]

A noi è piaciuta molto la Muti fine anni ’80, quando la commediola italiana era finita nel dimenticatoio, almeno per lei. In “Cronaca di una morte annunciata” (1986) di Francesco Rosi forse ha dato il meglio di se stessa. Di certo la sua bellezza non passava inosservata, anche perché al di fuori dei luoghi comuni o delle tendenze della sua era. Occhi verdi, sorriso accattivante, gamma espressiva a grande latitudine: Ornella era un po’ questo, il che l’ha resa disponibile per il cinema impegnato e le pellicole più commerciali. Per il resto godiamoci le sue fotografie. Una porta la firma di Helmut Newton: silenzio.

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[AUGURI A TUTTE LE DONNE]

Alle volte ci siamo persi solo a vederle camminare. In altre occasioni ci sono piaciuti i gesti, i sorrisi, le movenze. Farle ridere ci ha sempre procurato soddisfazione, così come il parlare con loro, a lungo. Da giovani ce ne siamo innamorati all’improvviso, come in un soffio: sperando in un dopo, e poi in un altro ancora.

Con loro abbiamo vissuto l’amore: quello che si sospira e anche l’altro, che pure “si fa”. Le abbiamo rincorse, pregate, ammirate, attese, salutate, baciate, riprese, allontanate, abbracciate, lasciate. Siamo stati anche lasciati: senza comprendere, o rinunciando a farlo. Abbiamo riso, per loro; pianto. Alle volte ci siamo anche meravigliati. Sono le donne, quelle dalle quali abbiamo sempre imparato qualcosa.

L'occasione ci suggerisce (e lo facciamo volentieri) di occuparci delle donne fotografe, ma il rispetto ci impone di usare nome e cognome. L'8 Marzo non deve rappresentare un punto d'arrivo, ma sempre una data dalla quale ripartire: abbandonando pregiudizi e luoghi comuni. Dimentichiamo, ad esempio, i plurali, tipo: “le donne”, “quelle donne”, “tutte le donne”, “perché le donne”. Ci vorrà più rispetto, ecco tutto: nel leggere e nel comprendere. Forse aveva ragione Honoré de Balzac: “... Devono avere i difetti delle loro qualità”.

Auguri a tutte le donne

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[LA REGINA DEL NEOREALISMO]

La grande Anna Magnani è l’antidiva per definizione, ma anche una figura centrale del neorealismo italiano. Nessuna come lei è riuscita a interpretare la popolana sboccata con genuinità, senza cioè costruire quella figura caricaturale tanto cara alla commedia all’italiana.

Con lei vive l’Italia dei poveri, quella che soffre; e che quindi lascia emergere comportamenti sensibili e generosi. I suoi personaggi trasudavano passione, tra rabbia e affetto; con quel tormento tipico di chi la vita la deve grattare con le unghie.

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[LA PRIMA DE “LA TRAVIATA”]

Era domenica come oggi, quel 6 marzo del 1853, quando per la prima volta andava in scena alla Fenice di Venezia “La Traviata”, opera scritta da Giuseppe Verdi. Quella prima fu un fiasco colossale. La colpa dell’insuccesso può essere attribuita all’argomento trattato (ricavato da “La signora delle camelie” di Alessandro Dumas, messo a libretto da Francesco Maria Piave), ma anche agli interpreti, incapaci, ai tempi, di fare emergere il dramma di un amore controcorrente, ostacolato dalle convenzioni e dai pregiudizi.

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