[JANIS JOPLIN, ZUCCHERO E RUGGINE]
Janis Joplin, grandissima, parla di musica, ma anche di un’era, quando i margini della libertà si spostarono più in avanti: prima non era così, e neanche dopo capitò la stessa cosa. Questioni di sogni e d’idee, ambizioni dimenticate per un modo che tornava a normalizzarsi, troppo. Furono i giovani a generare lo scossone, con una rivoluzione annunciata e mai combattuta: solo promessa. Tutto culminò con Woodstock, la "tre giorni di pace e musica". Oggi si affibbia il nome "Woodstock" a qualsiasi raduno che conti più di qualche migliaio di persone, fosse anche la sagra della polenta coi porcini. I ragazzi che popolarono l’evento non erano solo fatti come copertoni, né si trovavano lì per una vacanza sui generis. Per tre giorni l’utopia si è trasformata in realtà: quella di un mondo diverso, libero, pacifico, solidale. La rivoluzione, dopo Woodstock, non c'è stata. Non importa, comunque; ma quei tre giorni sono esistiti davvero, e la musica che li ha accompagnati resta ancora con noi, con tutta la sua forza, la sua libertà, il suo significato.
C’era anche Janis Joplin