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ALEKSANDR RODCHENKO, ARTISTA FOTOGRAFO

Leggiamo sul Beaumont Newhall, Aleksandr Rodchenko (nato il 23 novembre 1891) abbandonò la pittura costruttivista per seguire la professione di fotografo e disdegnava le fotografie prese tenendo l’apparecchio all’altezza della cintola. Nel 1928 le chiamò le “riprese ombelicali”. Disse: «In fotografia vige il vecchio punto di vista, l’angolo visuale di un uomo in piedi che guarda diritto davanti a sé e fa quelle che io chiamo “riprese ombelicali”. Io combatto questo punto di vista e lo combatterò insieme ai miei colleghi della nuova fotografia. Oggi le riprese più interessanti sono quelle colte “dall’alto in basso” o “dal basso in alto” o quelle in diagonale.

I fotografi artisti degli anni ’20 si cimentarono anche nella doppia esposizione. Uno dei risultai più felici è il ritratto che Rodchenko fece al pittore Aleksandr Sevcenko, riprendendolo di fronte e di profilo.

Sempre sul Beaumont Newhall si legge: Aleksandr Rodchenko creò molti fotomontaggi che ricordavano lo stile dei dadaisti, ma erano pervasi da un dinamismo tutto particolare. Quelli che illustravano il libro si poesie di Vladimir Maakovski mostrano gli occhi ossessionati della stessa donna, ripetuti in una grande varietà di situazioni.

Tra i protagonisti dell'avanguardia russa, Rodchenko l’attraversò in tutti i suoi movimenti artistici. Inizialmente indirizzò la sua ricerca all'arte non figurativa, per poi volgere la sua attività verso opere grafiche e manifesti; impegnato anche nella progettazione industriale. Dagli anni Trenta si dedicò con sempre maggior intensità alla fotografia. Gli angoli d’interesse per noi che cerchiamo di capire si allargano oltremodo. Comprendiamo però come l’avanguardia artistica rappresenti un atteggiamento prima ancora di essere una scelta. E Rodchenko lo dimostra.

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IL BOLERO DI RAVEL

Dedichiamo le prime righe a un evento importante, del quale abbiamo parlato gli anni scorsi. Era il 22 novembre 1963, a Dallas. Il corteo presidenziale viene fatto segno da colpi d’arma da fuoco che raggiungono al capo John Fitzgerald Kennedy. Il corpo del presidente degli Stati Uniti d’America si accascia sulle braccia di sua moglie Jacqueline. JFK morirà poco dopo. Verrà incolpato un certo Lee Harvey Oswald, ma si parlerà anche di complotto.
Bello, amato e amante delle donne, di origine irlandese, cattolico, è stato il più giovane presidente eletto degli Stati Uniti d'America, con uno scarto comunque minimo rispetto all’avversario. La sua breve presidenza, in epoca di guerra fredda, fu segnata da alcuni eventi molto rilevanti: il Muro di Berlino, la conquista dello spazio, lo sbarco fallito nella baia dei Porci nella Cuba di Fidel, la crisi dei missili di Cuba, gli antefatti della guerra del Vietnam e l'affermarsi del movimento per i diritti civili degli afroamericani.

La fotografia, come atteggiamento, ci permette di guardare altrove, alla ricerca di nuove contaminazioni. Il 22 novembre 1928 avvenne la prima esecuzione del Bolero di Maurice Ravel, all'Opéra di Parigi. Il Boléro è una musica per balletto, divenuta celebre anche come componimento sinfonico. Si tratta dell'opera più popolare del compositore.

Diamo al Bolero di Ravel un merito importante: ha avvicinato tanti alla musica classica e al balletto. In questo ambito, si potrebbero citare altre composizioni: il concerto K 622 per clarinetto e orchestra di W. A. Mozart (secondo movimento) o Il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in si bemolle minore, op. 23 di Pëtr Il'ič Čajkovskij (primo movimento). Di fatto, però, il bolero del compositore francese vince per forza e facilità d’ascolto. Bene così.

Le scelte fotografiche sono abbastanza deboli: un dipinto e una fotografia senza autore. Entrambe le immagini riportano al tema, però, salvando il tempo di allora.

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LE FOTOGRAFIE DI RENÉ MAGRITTE

Da tempo, nel nostro diario quotidiano, c’imbattiamo nel rapporto tra fotografia e mondo intellettuale. Ieri parlavamo di Leonardo Sciascia e del suo libro “Sulla fotografia”, ma già giorni prima ci occupavamo di Monet e della sua ispirazione tratta dall’immagine scattata.
Tralasciando Man Ray, che fotografo lo era davvero, abbiamo visto come anche Picasso si sia avvicinato alla fotografia (la sua “amante non tradita”, dicevamo). Del resto, sono saltati alla ribalta Verga, Simenon, Capuana, Zola e persino Pascoli. Il merito va ascritto ai ricercatori, che sono andati a ricercare negli archivi, trovandovi appunto fotografie. La nostra passione può essere considerata quindi una pratica trasversale, colta quanto basta quando trova nell’artista il punto d’appoggio, la motivazione fondamentale.

Arriviamo a oggi. A metà anni ‘70, dieci anni dopo la sua morte, venne scoperta l’esistenza di una serie di fotografie e film realizzati dall’artista belga René Magritte. Lui ha utilizzato la fotografia per vari scopi, come spunto per dipinti o lavori commerciali, improvvisando scene con gli amici, e mettendo a memoria eventi familiari. Nel suo archivio si possono trovare molti momenti della sua vita personale: genitori e fratelli, i primi anni del suo matrimonio con Georgette, la loro vita a Bruxelles; ma anche professionale, dove osservare le fotografie di Magritte con alcuni dei suoi quadri.

Ricordiamolo. Le opere dell’artista belga, pittore surrealista, erano caratterizzate da elementi particolari: il torso femminile, l'“ometto” borghese, la bombetta, la mela, il castello, la roccia, la finestra e altri oggetti comuni, spesso ambientati in situazioni insolite e contraddittorie, impossibili; e questo rende Magritte riconoscibile nell’ambito dell’arte contemporanea, anche al di fuori degli addetti ai lavori o degli appassionati d’arte. Le sue fotografie ci stupiscono, ma mostrano una coerenza forte con l’artista e il suo linguaggio.

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RICORDANDO LEONARDO SCIASCIA

Ricordare Leonardo Sciascia (deceduto il 20 novembre 1989) è doveroso, anche dal punto di vista personale. Lo abbiamo conosciuto lentamente, come spesso accade quando la gioventù arriva a distrarti. Solo col tempo siamo riusciti a comprendere il suo anticonformismo, lo spirito critico e la lucidità dei suoi scritti. Oggi, quando entriamo in una libreria e riconosciamo un volume dell’autore siciliano, sentiamo di aver ritrovato un amico, l’intellettuale che ancora ci sta accompagnando per comprendere il suo verbo siciliano dedicato all’Italia e al mondo.

Leonardo Sciascia ha apprezzato molto la fotografia. Prova ne è il suo libro “Sulla fotografia”, dove emerge come l’osservazione della realtà da parte dell’autore siciliano corra parallela alla sua curiosità circa l’arte dello scatto. Nel volume vengono presentate alcune immagini inedite catturate da Sciascia. Come recita la sinossi, in esse è possibile ricostruire una sorta di “geografia degli affetti” dell’autore, dalla “sua” Racalmuto alla famiglia, per arrivare agli stimoli del suo celebre viaggio letterario compiuto con l’amico Ferdinando Scianna in occasione della lavorazione di “Ore di Spagna” (un altro libro da leggere per forza).

Nel ricordare Sciascia, ci piace menzionare il suo legame con il fotografo Ferdinando Scianna. Erano amici, i due, lo sono stati per oltre vent'anni; ma forse c’era di più: quell’amore che Ferdinando ha dedicato a un padre, un mentore, un maestro.
Entrambi erano accumunati dalla passione per l'immagine e la parola, inserendo il desiderio nel loro lavoro: Scianna con i suoi scatti in bianco e nero, Sciascia con la lucidità dei suoi libri.

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