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PER LA PRIMA VOLTA IN COPPIA.

25 luglio 1946. Dean Martin e Jerry Lewis si esibiscono per la prima volta in coppia.

Dean Martin è l’italiano in America già nella nostra fantasia, perché ci sarebbe piaciuto così. Volto simpatico e piacente, godeva di quell’aria strafottente cara a coloro che possono farcela, pur partendo dal basso. La sua carriera non ha mai avuto sussulti, al cinema come in televisione, persino sul palco come cantante: dove spesso ha messo in mostra la sua italianità. Del resto, chi inizia in umiltà ha forti capacità di adattamento, per cui non l’hanno spaventato i ruoli metropolitani e nemmeno quelli western, come in “Un dollaro d’onore”, dove impersonava l'aiuto sceriffo al fianco di John Wayne.

I tempi cambiano, così del Dean attore si è persa la memoria, soprattutto dei film recitati al fianco di Jerry Lewis. Qualcosa è rimasto, però, e vive con la sua voce. Si tratta di due canzoni che accompagneranno pubblicità o servizi di vario genere, anche negli anni a venire: “Mambo italiano” e “That’s amore”. In entrambi i brani c’è l’italianità che rimane appiccicata pur dopo una vita trascorsa oltre oceano.

Jerry Lewis, nato il 16 marzo 1926 a Newark, nel New Jersey (USA), ha abbandonato la scuola superiore per esibirsi nei teatri di New York, e nei nightclub. Incontrò per la prima volta il cantante Dean Martin nel 1944 e due anni dopo insieme diventarono una squadra di artisti. Il loro spettacolo consisteva in Martin che cantava e Lewis che faceva il clown.
Il loro primo film, La mia amica Irma (1949), consacrò Martin e Lewis come star del botteghino, e i successivi Irma va a Hollywood e Il sergente di legno (entrambi del 1950) ebbero lo stesso successo. Martin e Lewis divennero la coppia comica più popolare del decennio e apparvero in 16 film in otto anni.
Dopo aver realizzato Mezzogiorno di... fifa (1956), Martin e Lewis hanno avuto un litigio, al quale seguì la loro separazione.

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UN ATLETA, UN FOTOGRAFO

Le Olimpiadi imminenti quasi ci invitano a parlare di sport, riprendendo un episodio accaduto alle Olimpiadi di Londra del 1908. Ci sarà comunque spazio anche per la fotografia, per una news che diventa doppia.

24 luglio 1908 – Il maratoneta Dorando Pietri, stremato dalla fatica, taglia per primo il traguardo della maratona alle Olimpiadi di Londra 1908 sorretto da due giudici di gara: per questo aiuto verrà poi squalificato e perderà la medaglia d'oro, ma riceverà comunque le lodi da parte degli spettatori.

Dorando Petri, all'anagrafe Pietri (Correggio, 16 ottobre 1885 – Sanremo, 7 febbraio 1942), un panettiere di Carpi, gareggiò nella corsa più importante dei giochi. Dorando entrò per primo nello stadio Olimpico, ma iniziò il giro della pista d'atletica nel verso sbagliato. I commissari gli fecero riprendere la giusta direzione, ma Dorando Petri, stanchissimo, iniziò a cadere più volte. I commissari, incitati dal pubblico, aiutarono Petri a rialzarsi, che così tagliò il traguardo con diversi minuti di vantaggio sul secondo.
Hayes, arrivato secondo, presentò ricorso e vinse. Agli occhi di tutti, Regina compresa, parve una ingiustizia immane. Per questo motivo la regnante stessa pensò di donare una coppa d'oro all'italiano, e così fu.
Per l'italiano ci furono le occasioni per la rivincita. Il 25 novembre 1908, al Madison Square Garden di New York, Petri riuscì a vincere, distaccando Hayes negli ultimi 500 metri. La sfida fu ripetuta l'anno successivo, con lo stesso esito.
Un cuore grande, quello di Dorando; che lo tradì a 56 anni con un infarto.

Il fotografo Libero Tosi

Il 24 luglio 1902 nasce Libero Tosi, a Guastalla. Ultimo di cinque figli frequenta corsi di disegno e fotografia presso il maestro decoratore Masetti, allora direttore della Scuole d’Arte di Guastalla. Esordisce come professionista nel ’19, a diciassette anni, quando fonda con Plinio Zani lo “Studio Artistico Fotografico Tosi & Zani” in quel di Gualtieri, paese che ospitò Ligabue e dove Benito Mussolini insegnò come supplente.

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VIETATA LA CACCIA ALLE BALENE

23 luglio 1982. La Commissione internazionale per la caccia alle balene decide che entro 1986 sia vietata la cattura per fini commerciali di questi cetacei. Questo trattato è risultato troppo blando, visto che si contano migliaia di uccisioni.

Parlare di balene ci apre la fantasia ai ricordi. La memoria approda subito a Moby Dick (Moby-Dick; or, The Whale) il romanzo scritto da Herman Melville (1851). C’è poi Pinocchio, con una visione più intima del cetaceo.
I viaggi ci hanno portato vicino alle balene. Ricordiamo il whale watching sul fiume San Lorenzo, in Canada; ma il meglio doveva ancora venire.

E’ stata l’Argentina a regalarci la sorpresa maggiore, vicino a Puerto Madryn (una piccola Rimini, un po’ decadente). Lì dalla costa emerge la Penisola di Valdès e già per arrivarvi è possibile incontrare lama della Patagonia, struzzi, armadilli, lepri patagoniche ed europee, oltre ad innumerevoli specie di uccelli stanziali e migratori: albatros, petrelli, cormorani e gabbiani. E’ la promessa argentina a prendere corpo, quella invocata dal libro “In Patagonia” di Bruce Chatwin. Sulle spiagge della costa, generalmente nel secondo semestre dell’anno, si possono ammirare le balene. Chi scrive si è recato là due volte: in agosto e a ottobre, il periodo migliore per il whale watching. Lì decine di cetacei si avvicinavano giocando con le imbarcazioni. Il tele era di rigore, ma un 70-200 andava benissimo, perché la coda era vicina, che quasi la si poteva toccare.

Circa la fotografia, abbiamo scelto un’immagine di Sebastião Salgado, tratta dal ibro Genesi (Ed. Taschen). Il volume è in bianco e nero, e rappresenta il risultato di più di 32 viaggi in giro per il mondo. Essendo andato dove nessun uomo era mai giunto prima, il fotografo definisce Genesi la sua personale lettera d’amore alla Terra.

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WILLEM DAFOE, BRAVO E VERSATILE

Attore dall'espressività singolare, Willem Dafoe si è imposto nell’universo di Hollywood come uno degli attori più versatili oggi in circolazione, capace di spaziare dalle pellicole più commerciali a quelle maggiormente legate a progetti autoriali.

Lo ricordiamo nel film Platoon, diretto da Oliver Stone partendo dalla propria esperienza di volontario nel conflitto.
La trama riguarda le vicende di una giovane leva, che come prima cosa appena sbarcato all'aeroporto vede i sacchi con i cadaveri in partenza. Inizia così un viaggio nella paura, in un crescendo di esasperazione, con la presa di coscienza, al momento di ripartire, che il Vietnam è stato l'inferno. La giovane recluta dirà: «Non abbiamo combattuto contro il nemico, abbiamo combattuto contro noi stessi. E il nemico era dentro di noi».

È un film di dilemmi morali portati nella concretezza. Stone immerge la macchina da presa dentro il plotone, fa sentire la guerra dall'interno, guarda raramente l'insieme, piuttosto come ci si sente a stare nel fango, nel buio, tra gli alberi, magari sotto il tiro del nemico o degli stessi compagni d'armi. C'è anche il tentativo di difendere la propria umanità e integrità, non farsi accecare dalla rabbia, non cedere alla violenza gratuita sui civili.

Platoon ci presenta un Vietnam vero. Una recluta parte volontaria e scopre a sue spese gli orrori del conflitto. Capirà anche che l'America in realtà è in guerra con se stessa. Si tratta di un film fatto da chi in guerra c'è stato davvero, e il fatto emerge durante la visione. Mancano i patriottismi e i moralismi: il conflitto è sullo schermo e sembra di esserci dentro, di poter respirare la polvere del Vietnam.

Il film dove recita Willem Dafoe, Platoon appunto, a nostro giudizio è il migliore del genere. Non si alza alcun sipario sulla guerra e mancano i personaggi surreali. Chi combatte, nella pellicola, non distingue più il bene dal male. La patria è lontana, non più definita. Restano i dilemmi, svelati nella loro cruda durezza.

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