JOAN MIRÓ E UGO MULAS
Oggi incontreremo un intreccio tra pittura e fotografia, come facemmo lo scorso anno lo stesso giorno. Non cambia il pittore (Joan Miró, nato il 20 aprile 1893), ma il fotografo Ugo Mulas prende il posto di Henri Cartier Bresson, il che ci permette di parlare della mostra “Ugo Mulas, l’operazione fotografica”, esposta a Venezia presso Le Stanze della Fotografia nell’isola di San Giorgio Maggiore, la nuova casa della fotografia della città lagunare, fino al 6 agosto.
Nell’esposizione sono visibili 296 opere, tra cui 30 immagini mai messe in mostra prima d’ora. Fotografie vintage, documenti, libri, pubblicazioni, filmati offrono una sintesi in grado di restituire una rilettura complessiva dell'opera di Ugo Mulas (Pozzolengo, 1928 – Milano, 1973), fotografo trasversale a tutti i generi precostituiti, ripercorrendo l'intera sua produzione. Dal teatro alla moda, dai ritratti di amici e personaggi della letteratura, del cinema e dell’architettura ai paesaggi, dalle città alla Biennale di Venezia e ai protagonisti della scena artistica italiana e internazionale, in particolare della Pop Art, fino al nudo e ai gioielli.
Per la prima volta vengono presentati al pubblico così tanti ritratti di artisti e intellettuali, molti dei quali mai esposti prima, come quelli di Alexander Calder, Christo, Carla Fracci, Dacia Maraini e Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Arnaldo Pomodoro, George Segal, per citarne alcuni.
Lungo 14 capitoli tematici emerge il profilo di un fotografo "totale". Il titolo dell'ampia rassegna prende spunto da una delle Verifiche (1968-1972), con cui i curatori (Denis Curti e Alberto Salvadori) hanno scelto di aprire il percorso espositivo. Si tratta di una serie di tredici opere fotografiche attraverso le quali Mulas s’interroga sulla fotografia stessa. Come osserva Alberto Salvadori nel catalogo edito da Marsilio Arte, «Era arrivato il momento di guardare dentro alla sua idea di fotografia, di verificare cosa c’era all’interno, mettendo in pratica un’analisi metalinguistica sul proprio lavoro, lasciando che le immagini continuassero ad essere al centro della visione, ma con occhio e predisposizione diverse. In fondo fare fotografia è come collezionare il mondo, è una vera operazione fotografica. Ecco come la macchina fotografica diviene il mezzo ideale per una consapevolezza di tipo acquisitivo».
La Verifica cui s’ispira il titolo della mostra è la seconda, “L'operazione fotografica, Autoritratto per Lee Friedlander”, dove Mulas riflette sul rapporto tra il fotografo e l'immagine, la costante presenza-assenza dell'autore dentro ogni scatto. L’immagine è quella del fotografo che si riprende allo specchio, coperto dalla macchina fotografica che lo rende non identificabile. Come il fotografo americano ha inserito all’interno dei propri paesaggi la sua sagoma, Mulas inserisce in questa composizione il suo volto, “nascosto” abilmente dalla macchina fotografica.