Skip to main content

ENIGMA VIENE FORZATO

9 luglio 1941. Gli inglesi decriptano il codice segreto Enigma, usato dal Reich per dirigere le operazioni terra-aria. L'aver forzato Enigma fu un fattore importante per la vittoria degli Alleati nella II Guerra Mondiale.

In questo 9 luglio c’è dell’altro da ricordare. Nel 2006, battendo la Francia per 5-3 ai rigori, l’Italia vince i Mondiali di Calcio, conquistando il quarto titolo, a Berlino. I giocatori arrivano in Germania con un fardello pesante, il terremoto Calciopoli; ma riescono comunque a trionfare sulle 31 squadre presenti. Non abbiamo voluto approfondire le vicende azzurre viste le ultime raccapriccianti apparizioni in Europa.

Circa la fotografia, il 9 luglio 1839 al procedimento fotografico di Daguerre (1787- 1851), scenografo e creatore di diorami, viene concesso il brevetto dall'Accademia delle Scienze di Parigi.

Tornando a Enigma, riprendiamo una notizia pubblicata il 23 giugno 2023, quando parlammo di Alan Turing (nato quel giorno nel 1912), il matematico al quale venne affidato un gruppo di esperti per decrittare il codice Enigma, ideato dai Nazisti per comunicare le loro operazioni militari in forma segreta.
Oggi vogliamo concentrarci sul film “The Imitation Game”, con Benedict Cumberbatch. Eccone la trama. Manchester, primi anni ’50. Alan Turing, brillante matematico ed esperto di crittografia, viene interrogato dall’agente di polizia che lo ha arrestato per atti osceni. Turing inizia a raccontare la sua storia partendo dall’episodio di maggiore rilevanza pubblica: il periodo, durante la Seconda Guerra Mondiale, in cui fu affidato a lui e a un piccolo gruppo di cervelloni, fra cui un campione di scacchi e un’esperta di enigmistica, il compito di decrittare il codice Enigma, ideato dai Nazisti per comunicare le loro operazioni militari in forma segreta. È il primo di una serie di flashback che scandaglieranno la vita dello scienziato morto suicida a 41 anni e considerato oggi uno dei padri dell’informatica in quanto ideatore di una macchina progenitrice del computer.

Continua a leggere

SANDRO PERTINI PRESIDENTE

8 luglio 1978. Sandro Pertini è eletto settimo Presidente della Repubblica Italiana al sedicesimo scrutinio con 832 voti su 995. Il suo settennato riconcilierà gli italiani, con la più alta carica dello Stato.
«Non è necessario essere socialisti – scrisse di lui Indro Montanelli nel 1963 – per amare e stimare Sandro Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità».

Durante e dopo il periodo presidenziale non rinnovò la tessera del Psi, al fine di presentarsi al di sopra delle parti. Lasciato il Quirinale al termine del suo mandato presidenziale e rientrato in Parlamento come senatore a vita di diritto, s’iscrisse al gruppo senatoriale del Partito Socialista Italiano. “Quando Sandro Pertini, dopo la conclusione del suo settennato al Quirinale nel 1985, mise piede al Senato s’iscrisse subito al gruppo socialista - riporterà l’Avanti - Il suo presidente Fabio Fabbri lo accolse per ringraziarlo e Sandro, burbero com’era, gli rispose: 'E dove volevi mai che m’iscrivessi?”.

«Come vorresti essere ricordato?», gli domandò Enzo Biagi nel 1981. «Come un uomo che è stato sempre sincero - rispose Pertini - Uno che ha pagato i suoi errori, e ne ha commessi, che ha amato molto la sua libertà, e che ama il popolo italiano e i giovani. Uno senza arroganza, senza superbia».

Marzio Breda, sulle pagine de Il Corriere della Sera del 20/02/2000, sosteneva che la gente lo adorava, mentre la politica lo criticava, "anche perché si pagava il biglietto d’aereo, andava a sciare con il Papa, festeggiava come un qualsiasi tifoso la nazionale di calcio, vegliava l’agonia di un bimbo e di Berlinguer".

Continua a leggere

L’ARTE E L’AMORE DI MARC CHAGALL

Chagall (nato il 7 luglio 1887) è diventato celebre per i suoi dipinti che raffigurano scenari fantasiosi, dalle vivaci tinte colorate e linee semplici, pervase da un sentimento di gioia e serenità. Lui utilizzava spesso animali per scopi simbolici nei suoi dipinti onirici che riunivano aspetti della tradizione francese con il folklore russo e motivi ebraici. Le sue opere non sono, tuttavia, classificabili in un particolare movimento, bensì rappresentano l’espressione di uno stile personale che attinge in parte dalle avanguardie contemporanee, per poi superarle.

«Mio Dio, è così difficile estrarre dai ricordi inariditi un frammento di vita! E come lo si può fare se questi scarni ricordi si estinguono e finiscono con me? Vorrei salvarli. E mi sono ricordata che tu, amico mio devoto, spesso mi chiedevi di raccontarti la mia vita, del tempo in cui ancora non mi conoscevi». Con queste parole rivolte al marito Marc, Bella comincia ad affidare alla penna i suoi ricordi nel 1939. I due si erano conosciuti a Vitebsk, nel 1909. «Per anni il suo amore ha influenzato la mia pittura», scrive Marc nella postfazione al libro delle memorie di sua moglie, da lui pubblicato tre anni dopo la morte di lei.

«Bella scriveva come viveva, come amava, come accoglieva gli amici. Le sue parole, le sue frasi erano una patina di colore sulla tela. Le cose comuni, le persone, i paesaggi, le feste ebraiche, i fiori – questo era il suo mondo, questi erano i suoi soggetti». «Poi a un tratto – scrive ancora Marc – un rombo di tuono, le nuvole si aprirono alle sei di sera del 2 settembre 1944, quando Bella lasciò questo mondo. Tutto è divenuto tenebre».

Il libro di memorie di Bella Chagall è “Come fiamma che brucia; io, la mia vita e Marc Chagall”, con la postfazione del marito (Donzelli editore). Lo abbiamo citato per mostrare come l’amore per Bella abbia influenzato l’espressività dell’artista bielorusso, come vedremo nelle note di una vita.

Continua a leggere

LA RETORICA DI ROCKY E RAMBO

Sylvester Stallone (nato il 6 luglio 1946) ha sempre recitato con i suoi muscoli, quelli buoni, definiti, non violenti. Nei film, difficilmente lo abbiamo visto sorridere, perché lui si trovava sempre in difficoltà: come pugile e soldato, nel morale, nelle circostanze e nella visione delle cose.

Inutile negarlo, Rocky e Rambo, per via dei tanti sequel, hanno occupato le nostre vite, con successo; al di là delle tante critiche di circostanza. I due personaggi sono onesti, schietti, semplici, facili da riconoscere. Ecco quindi che il salotto di casa, per una sera, può ospitare le vicende di Rambo, il soldato che avrebbe voglia di vincere: in guerra e nella vita. La sua esistenza però è difficile, perché ex combattente, mal voluto in patria. I suoi dialoghi sono espliciti: «Io amo il mio paese, morirei per lui. Vorrei che ci amasse come noi l’amiamo».

Combatterà anche in patria, il nostro reduce, braccato dall’esercito. Gli verrà in soccorso il suo comandante, il colonnello Trautman, che però metterà in guardia gli altri: «Quello che voi chiamate inferno, lui lo chiama casa».
Chi è a capo dei braccanti esprime delle perplessità circa la sopravvivenza di Rambo: «E vorrebbe dirmi che 200 uomini contro il suo Marine sono nella posizione di non poter vincere?». «Se ci manda tanti uomini», risponde Trautman «Non dimentichi una cosa», «Che cosa?», chiede l’altro. «Una buona scorta di barelle».

Del resto, che dire? «Dio perdona, io no», urla Rambo in un film. E poi, è in grado di curarsi le ferite da solo con dei punti di sutura. Il clima è surreale, ingenuo, quasi incedibile; ma forse piace per questo, perché il fiato non rimane sospeso, in attesa di un finale retorico, scontato, comunque lieto. Questa è la forza di Rambo.
A rivedere oggi i suoi film emerge qualche crepa. Manca il Vietnam, il suo ricordo; con i reduci ormai invecchiati e non più credibili. Sarebbe necessario un preambolo, ma a che pro?

Continua a leggere