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LA FELICITA’ DI EISENSTAEDT

Alfred Eisenstaedt è famoso per la fotografia del bacio in Times Square, scattata il giorno della vittoria degli USA sul Giappone (14 Agosto 1945, alle 17 e 51 minuti), apparsa sulla copertina di LIFE il 27 agosto 1945. Ne abbiamo parlato spesso, da tre anni a questa parte, anche il 6 dicembre, il giorno che l’ha visto nascere.
Oggi non vogliamo celebrare solo il fotografo, ma il suo modo di interpretare la realtà. Con un Contest in corso, a tema Felicità, abbiamo percepito (suggestione?) come Alfred sia stato in grado di esprimerla attraverso un’osservazione attenta, prendendosi il tempo necessario; approfittando anche del momento, ma obbedendo sempre alle regole della composizione. I suoi scatti “italiani” ne sono una dimostrazione, particolarmente quelli effettuati prima della seconda guerra mondiale, quando già spiravano i venti di guerra.
Siamo a metà anni ’30, Alfred, fotografo ebreo tedesco, aveva appena ritratto Goebbels a Norimberga, e di lì a poco avrebbe fotografato la stretta di mano fra Hitler e Mussolini a Venezia. Lui qui in Italia è stato capace di immortalare una serata al Teatro alla Scala di Milano, armato della sua Ermanox o della prima Leica, con indiscrezione, alla maniera di Eric Salomon. Sempre presso il teatro milanese, Eisenstaedt aveva documentato le lezioni di danza, cogliendone l’aspetto “scolastico”, in un trionfo di piccole gambe con ai piedi le “scarpe da punta”.
Non abbiamo pubblicato nessuno dei suoi scatti “milanesi”, del resto la rete ne è piena. Abbiamo preferito rivolgersi altrove, per meglio enfatizzare un istante felice. Ci è piaciuto così.

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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con “Fotografia da leggere”. Questa volta chiamiamo in causa un lavoro della giornalista Concita De Gregorio, dal titolo “Chi sono io? Autoritratti, identità, reputazione” (Edizioni Contrasto). Dell’autrice ricordiamo una trasmissione televisiva intitolata “Pane quotidiano”, dedicata ai libri. Lì ne abbiamo apprezzato la vicinanza ai temi e anche quella curiosità giornalistica che male non fa quando l’argomento affrontato riguarda la cultura.

Abbiamo incontrato Concita De Gregorio a Milano, presso la libreria Feltrinelli, quella in Galleria; e il dialogo, tra domande e risposte, si è sviluppato allargandosi in ambiti diversi. Già, perché lei è la prima volta che si occupa di fotografia, addentrandosi nel mondo al femminile dell’autoritratto. In quell’occasione è emerso il tema dell’identità (presente anche nel libro), che appartiene all’immagine scattata sin dal suo esordio nella storia. E’ ancora così? Sarà sempre così? I like dei social sono diventati l’elemento sostanziale della consapevolezza di sé, mentre la Carta d’Identità riduce le dimensioni della fotografia a favore dei numeri. I tempi cambiano, speriamo in meglio.

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GAE AULENTI, ARCHITETTO INTELLETTUALE

A Milano c’è una piazza intitolata a suo nome. E’ adiacente al quartiere Garibaldi, al centro del complesso della Unicredit Tower: circolare, grande, moderna, dotata di pensiline fotovoltaiche per fornire energia alle tre torri che la sovrastano. Sarebbe piaciuta a Gae Aulenti? Forse, anche se lei guardava oltre, con uno sguardo internazionale. Diceva: «Per me era fondamentale partire per Buenos Aires e prendermi il tempo per passare dalla Bolivia di Che Guevara. Conoscere Parigi significava conoscere l'Europa... Non mi sono mai fermata».

La Aulenti era in primo luogo un intellettuale. I suoi progetti traevano ispirazione da un lavoro di ricerca letteraria, storica, artistica e persino musicale. Per questa ragione era in grado di modernizzare delicatamente, col garbo necessario, gettando un ponte tra i valori del passato e le potenzialità del futuro.

Oltre alle creazioni d’arredo, il suo lavoro l’ha portata a esprimersi in varie direzioni. Collabora anche con l’industria. Nel 1966 per Olivetti crea degli showroom fra cui Olivetti Shop (1966, Parigi, Francia). Nel 1968 per la fabbrica di automobili Fiat disegna allestimenti per esibizioni, stand commerciali e showroom; tra questi, quello di Zurigo, di Bruxelles in Belgio e di Torino.

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NINO ROTA, LA MUSICA MAGICA

Parlare di Nino Rota in questa sede risulta riduttivo, per ciò che ha rappresentato nel panorama musicale. A lui si devono composizioni operistiche e orchestrali, insieme alle famose colonne sonore di film. Leggiamo che, oltre a essere laureato in lettere, nutriva una forte passione per l’esoterismo, accesa da un professore di Conservatorio. Tra l’altro collezionava volumi sulla materia ed è da considerarsi un esperto. Mario Soldati e Federico Fellini dicevano come lui parlasse con l’aldilà. Era una persona magica, quindi; così, un po’ anche per suggestione, possiamo comprendere l’atmosfera creata dalle sue musiche in molti film. Ne è un esempio “Amarcord”, di Federico Fellini; una pellicola che si svolge per impressioni, come in un sogno, e le note di Rota completano questa dimensione.
Non abbiamo una fotografia d’autore che ritragga Nino Rota, così ci siamo appoggiati al cinema e al suo amico Federico Fellini. Del resto è lì che si completa una sinergia tra artisti, nelle fotografie del regista romagnolo, l’attore occulto dei film che dirigeva, soprattutto quando interpretava le scene di fronte ai suoi attori.
Come fotografo, quella di Tazio Secchiaroli è stata una scelta obbligata: anche lui era un amico di Fellini; e qui la magia si completa, anche se poi va anche immaginata, perché non impressiona la pellicola.

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