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ACCENDIAMO LA RADIO

Il 29 dicembre del 1891, l'inventore americano Thomas Edison brevettava la radio, strumento che sarebbe divenuto fondamentale in vari campi, arrivando vivo e vegeto fino ai giorni nostri. Edison fu il primo imprenditore che seppe applicare i principi della produzione di massa. LIFE lo classificò al primo posto tra le "100 persone più importanti negli ultimi 1000 anni", anche grazie all’invenzione della lampada ad incandescenza.

Non vogliamo entrare nei dettagli dell’invenzione, ma comprenderne il significato sociale e culturale. Se ci pensiamo, di apparecchi nella nostra vita ne abbiamo visti tanti: grandi e di legno quelli dei nonni, più piccoli e a transistor nelle mani dei nostri genitori. E poi, il loro suono riconoscibile usciva dalle finestre d’estate, animava negozi e bar; e le domeniche pomeriggio accompagnava le passeggiate degli adulti in attesa dei risultati di calcio. Che dire poi delle emittenti? Erano nazionali o lontane, fino agli anni ’70; libere subito dopo, distribuite capillarmente un po’ ovunque. La radio molto presto ha iniziato anche a far sentire la sua voce in auto, particolarmente nelle ore notturne. «La radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei», così cantava Ligabue in Certe Notti. Perché, è vero: la radio è intima, personale, vicina all’individuo; e forse a questo deve la sua longevità. C’è un DJ pronto a parlarti anche al buio, quando la notte vuole lasciarti a pensare, con solo la strada davanti illuminata dai fari. Si potrebbe poi parlare delle trasmissioni, tipo “Supersonic” (metà anni ’70), o delle emittenti private, come “Punto Radio Zocca” del primo Vasco Rossi; ma il discorso cadrebbe nella retorica più nostalgica. Sta di fatto che l’apparecchio radio è ancora lì, vivo e vegeto; nonostante internet, i social, lo smartphone. E’ lui a scegliere noi, nei momenti della nostra giornata. Accendiamolo.

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ANDIAMO AL CINEMA

Ne abbiamo parlato due anni addietro. Sabato 28 Dicembre 1895 nasce il cinema per merito dei fratelli Auguste e Louis Lumière, con una proiezione pubblica. L’evento si è tenuto nel Salone Indiano del seminterrato del Grand Café, in Boulevard des Capucines, la strada dove era ubicato lo studio di Felix Nadar. Auguste e Louis Lumière si trovarono la strada spianata dall’invenzione di George Eastman, che nel 1885 aveva brevettato la pellicola cinematografica. Per assistere alla prima proiezione pubblica occorreva pagare (1 franco il costo del biglietto) e vi assistettero trentatré persone. Vennero mostrati dieci cortometraggi, tra cui: “L’uscita dalle officine Lumière”, “La colazione del bimbo”, “La pesca dei pesci rossi”, “L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat”.
La stampa definì l’evento come straordinario e anche il pubblico si manifestò entusiasta. La folla iniziò ad accalcarsi nelle vie limitrofe: tutti volevano andare al cinema. Sì, perché i Lumière non crearono il primo film della storia, ma inventarono il concetto stesso di cinema, inteso come proiezione su uno schermo di un film per un gruppo di persone riunite in una sala. Tutto era iniziato il 22 marzo sempre del 1895, a Parigi, quando i fratelli Lumiere organizzarono la prima proiezione privata di un film, “L’uscita dalle officine Lumière”, usando un cinématographe. E’ da questo termine che deriverà poi la parola "cinema". L’anno precedente il padre dei due fratelli ebbe occasione di assistere a una dimostrazione del kinetoscopio di Edison e propose ai suoi figli di cercare un sistema per perfezionarla. I due fratelli crearono un apparecchio in grado di registrare immagini in movimento e di proiettarle su uno schermo. Il loro film consisteva nella riproduzione di una sequenza di fotogrammi 35 mm, forati ai bordi perché la pellicola potesse essere trascinata.

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VIAGGIATORE IN ITALIA

Due sono i compleanni famosi che si celebrano il 27 dicembre: quello di Gérard Depardieu, l’attore francese, nato il 27 dicembre 1948; e l’altro di Marlene Dietrich, nata il 27 dicembre del 1901. Di entrambi abbiamo già parlato in passato, così scartabellando qua e là, ci siamo imbattuti in una storia strana e interessante, quasi intangibile: quella del fotografo Frank Monaco. Il cognome parla di origini italiane e sarò proprio “casa nostra” ad aprirgli le porte della fotografia.
Le fonti (solo in rete) poco ci dicono di lui come persona. Certo, il cognome sembrerebbe svelarci un fotografo duro, tenace, con una vita condotta al limite. Le fotografie, però, parlano d’altro: uno sguardo infantile alla ricerca del bambino che è negli altri.

Lui era un interprete delle vite semplici e dei modi di vivere comuni. Ha iniziato a fotografare giusto in tempo per documentare gli ultimi giorni di una cultura tradizionale, quella del Molise, nel sud d’Italia, dove sua madre era cresciuta prima di emigrare a New York. Le sue immagini del piccolo villaggio di montagna di Cantalupo nel Sannio (Isernia) sono state riconosciute non solo come fotografie straordinarie, ma alla stregua di una testimonianza unica circa uno stile di vita rurale che stava scomparendo.
Ha viaggiato in Italia, Frank Monaco, non solo a Cantalupo. A dire di molti, l’edizione italiana di un suo libro risulterebbe la migliore. Bene così, ci fa piacere.

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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con “Fotografia da leggere”. Questa volta incontriamo due volumi particolari, con lo stesso titolo, che si completano a vicenda. Entrambi ci permetteranno un’ulteriore riflessione sulla nostra fotografia, nella fase importante della scelta. Stiamo parlando di “Contatti, provini d'autore”, Vol. 1 e 2, di Giammaria De Gasperis (Edizioni Postcard). Leggiamo la sinossi: «La scelta della foto migliore attraverso l'uso del provino a contatto. Le storie, i dettagli e i retroscena di alcuni scatti indimenticabili. Sessanta autori internazionali testimoni della storia degli ultimi sessanta anni e dei protagonisti che l'hanno attraversata».
Non c’è solo da leggere, nei due volumi, ma anche “da vedere”; comprendendo il perché di una scelta e l’approccio tenuto di fronte a un soggetto.
Henri Cartier Bresson diceva: «Estrarre una buona fotografia da un foglio di provini è come scendere in cantina e prendere una buona bottiglia da condividere». Attenzione, non vogliamo cadere nella nostalgia, perché oggi i provini a contatto possono essere realizzati con Lightroom, Bridge e Photoshop; crediamo però che sia importante riflettere su come trattare ciò che portiamo a casa dopo una giornata di scatti, soprattutto oggi che i fotogrammi prodotti sono tanti. Per dirla alla Bresson, prepariamo la cantina; le occasioni per una buona bottiglia sono tante.

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