PRIMO LEVI, UNA VITA DI TESTIMONIANZA
Non parleremo del rapporto tra letteratura e fotografia, non con Primo Levi. Lo scrittore si è vestito della sua stessa vita per raccontarne l’esperienza, iniziando dalla sua reclusione in un lager nazista. La sua personalità si sviluppa su due ambiti: da un lato la passione per la scienza, dall’altro la sensibilità di raccontare. Metodo e riflessione finiscono per sommarsi con intensità, regalandoci un uomo lucido e trasparente.
La fotografia? La incontriamo in un lavoro biografico, “Photo Levi” di Marco Belpoliti (Edizioni Acquario), costruita su una piccola raccolta di immagini; come dire: ha aiutato la scrittura. Noi abbiamo attinto le due proposte da un lavoro di René Burri, che pure compare nella biografia di Belpoliti. È il 1985, siamo nella casa di Primo Levi e anche sul suo balcone, in corso Re Umberto 75 a Torino. Le due immagini non hanno riferimenti temporali e paiono odierne, grazie alla relazione che si è instaurata tra fotografo e soggetto. Entrambe ci mostrano l’uomo, per come possiamo riconoscerlo nei racconti; in più traspare quasi il suo imbarazzo per esserci, sopravvissuto alle vicende antisemita.