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[LA REGINA DEL SOUL]

Non vogliamo sprecare aggettivi, perché non basterebbero. Aretha Franklin, “Regina del Soul”, ha cantato di tutto e avrebbe potuto fare di più, sempre aggiungendo a ogni brano l’impronta stilistica che le apparteneva. L’abbiamo vista nel film "The Blues Brothers", mentre recitava cantando “Think”; ma anche con un’orchestra operistica alle spalle, per cimentarsi in “Nessun dorma”, dalla Turandot di Puccini. Sostituì, in quell’occasione, Luciano Pavarotti colto da malore. Il suo “All’alba vincerò” (pezzo eminentemente tenorile) mette i brividi. E di albe vincenti Aretha ne ha viste tante, sin da quando cantava in Chiesa. Come dire: Regine si nasce.

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[VITA SPERICOLATA, CON STILE]

“Voglio una vita esagerata, Voglio una vita come Steve McQueen”, così cantava Vasco Rossi nel 1983. In realtà il cantautore, nella canzone avrebbe voluto un’esistenza spericolata, ma “esagerata” ci sta bene; perché l’attore ha fatto tendenza nell’abbigliamento e negli accessori. Non vogliamo citare le marche (non ci compete), ma i pantaloni chiari de “La grande fuga” sono entrati nel guardaroba dei giovani “cool”. Lo stesso può dirsi per le giacche da moto, i giubbotti di pelle trapuntati, i montoni e le magliette polo. Orologi di classe e occhiali da sole (fantastici quest’ultimi) completano il “look” di Steve, tutto portato con disinvoltura su automobili da urlo.

Non vogliamo però ridurre il valore dello Steve attore, che ha occupato nella filmografia uno spazio tutto suo: quello del duro in semplicità, come se fosse facile esserlo. Lui però era così, e ha riportato sullo schermo parte della sua vita. Il “look” è arrivato dopo, per un divo (bello, non c’è che dire) senza forzature.

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[JOAN CRAWFORD, NELLA VITA COME SULLO SCHERMO]

Con Joan Crawford facciamo un salto indietro, forse un po’ troppo lungo. Lei è stata un’attrice drammatica, ricordata (forse) nella TV in bianco e nero. I suoi ruoli prevedevano sempre una donna spavalda, sfrontata, pronta a tutto per il successo; e lei è stata così anche nella vita. Ci lascia però delle buone fotografie, dalla firma celebre (Steichen in testa), quando era l’immagine a forgiare la diva, forse prima del successo al botteghino o negli articoli della critica. Erano gli anni durante i quali il tempo si consumava lentamente, proponendo però dei cambiamenti repentini senza possibilità di ritorno. E allora rimane proprio la fotografia a suffragare un successo, nonostante le sterzate improvvise di gusti o tendenze.

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[LO “SCAT” DI GEORGE BENSON]

C’è sempre un momento per ascoltare George Benson e il suo “scat” (chitarra e voce che pronunciano la medesima melodia). Lo si tira fuori dalla scansia quando si ha voglia di raffinatezza. I suoi assoli di chitarra sono preziosi all’ascolto, perché fatti solo di suoni “semi-acustici”, ma ritmati e colorati da una tecnica senza pari. E’ anche la velocità a sorprendere, presente nel jazz (anche di casa nostra), ma rara nel R & B, qui maggiormente adagiata in pentatoniche spesso stiracchiate su “settime” e “note blues” (apprezziamo anche questo, per carità). George Benson però è unico, forse semplicemente originale; certamente innovativo, soprattutto quando sconfina dai generi a lui usuali. Forse il momento dell’ascolto è arrivato: a dopo.

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