RICORDANDO PINO DANIELE
Ricordare Pino Daniele (deceduto il 4 gennaio 2015) è doveroso, come cantautore e chitarrista. Lui è stato in grado fondere diversi generi musicali, il pop con il blues e il jazz, la musica italiana con quella mediorientale. Durante la carriera, è rimasto sempre un innovatore, anche perché amava contaminarsi. Nelle sue canzoni ha saputo trattare tanti temi: dal sociale all’intimo, dalla protesta all’amore.
Ricordiamo il 1979. D’estate impazzava la canzone Je So' Pazzo: un fiume in piena. C’era del nuovo, nella musica e nei testi: «Non mi date sempre ragione, Io lo so che sono un errore, Nella vita voglio vivere almeno un giorno da leone, E lo Stato questa volta non mi deve condannare, Perché so' pazzo, Je so' pazzo, E oggi voglio parlare».
Tutto tornava come un tempo, con i dischi da ascoltare insieme agli amici e quella chitarra da invidiare, per via di un virtuosismo insolito e irraggiungibile. Già, Pino Daniele ha alzato il sipario su tutta la musica, permettendo di apprezzare altri autori, musicisti come lui.
Poi ci sono le icone, i brani intramontabili: “Napule è” (da Terra mia), un canto disperato tra amore e odio per la città che lui amava tanto, alla scoperta di un’anima che nessuno vuole svelare; “Quanno chiove” (Da Nero a metà, 1980), una poesia in musica dedicata a una prostituta («Ti sento quando scendi le scale, di corsa, senza guardare. Ti vedo tutti i giorni mentre ridendo vai a lavorare. Ma poi non ridi più. E lontano se ne va, tutta la vita così. E tu ti conservi per non morire»); “A me me piace 'o blues” (A me me piace 'o blues, E tutt'e juorne aggio cantà, Pecchè so stato zitto e mo è 'o mumento 'e me sfuca').
Potrebbero essere ricordati altri brani, ma il risultato è sempre quello: una musica riconoscibile, inconfondibile, con la quale è bello abbandonarsi all’ascolto assoluto, quello da godere in poltrona e non semplicemente alle cuffie dello smartphone.