Skip to main content

CLAUDE MONET, IMPRESSIONISMO E FOTOGRAFIA

Forse sarebbe stato più giusto titolare “Pittura e fotografia”, ma ci sembrava esagerato. Certo è che Monet (nato il 14 novembre 1840), primo fra tutti, elaborò una tecnica tesa a rendere “l’istantaneità” dell’impressione. La parentela con la fotografia è evidente.

Parigi, mercoledì 15 aprile 1874. Il fotografo Felix Nadar apre le porte del suo studio, al 35 di Boulevard des Capucines, inaugurando la mostra di un gruppo di giovani pittori, riuniti sotto il nome di "Société anonyme des artistes peintres, sculpteurs, graveurs".
Boicottati dal Salon Ufficiale parigino, il gruppo, guidato da Claude Monet e composto tra gli altri da Cézanne, Degas, Pissarro e Renoir, decise di sfidare la massima istituzione artistica francese organizzando una mostra in proprio e in anticipo rispetto a quella del Salon: un gesto di rottura in linea con la portata rivoluzionaria della loro tecnica pittorica.

Il termine “Impressionisti” deriva dal titolo di un articolo, dispregiativo, del critico Louis Leroy, che prese spunto dal dipinto “Impressione, sole nascente” di Claude Monet, esposto, con altri, in occasione della mostra del 1874 presso lo studio del fotografo Nadar.
Il giornalista intitolò la sua recensione “La mostra degli impressionisti”. Per tutta risposta, i giovani pittori decisero da quel momento di adottare il nome di "Impressionisti", con cui entrarono nella Storia dell'Arte, influenzando profondamente le successive correnti artistiche di fine secolo e del primo Novecento.

Rimanendo al rapporto tra pittura e fotografia, ricordiamo che sempre Monet utilizzò la stampa di un’immagine scattata come riferimento di studio per dipingere la Cattedrale di Rouen. (Fonte: Gabriele Chiesa, grazie).

Continua a leggere

GIORNATA MONDIALE DELLA GENTILEZZA

Il 13 novembre, e in tutto il mondo, si celebra la ‘Giornata mondiale della gentilezza’, lanciata attraverso una conferenza del 1997 a Tokyo e introdotta in Italia dal 2000. Una giornata in cui, in definitiva, si può diventare più felici essendo gentili.
Su molti siti sono comparsi dei decaloghi, tutti a suggerire un comportamento: sul lavoro, in auto, tra la gente, con gli sconosciuti. In realtà, almeno per un giorno (ma poi, perché non continuare?) la gentilezza dovrà essere un modo di porsi, incentrato sull’attenzione verso gli altri. Ciò a cui facciamo riferimento è una qualità, ma soprattutto una caratteristica etica. La cortesia dei piccoli gesti, la pazienza, la cura, l’ascolto dei bisogni degli altri, dovranno diventare un imperativo. Del resto, aveva ragione Platone: «Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre».

E la fotografia? Cosa c’entra in tutto questo? Beh, confessiamolo: in questo lunedì di novembre stiamo divagando. Certo, la gentilezza può essere ritratta, documentata, raccontata; ma non è questo che alimenta i nostri interessi, non oggi. Lo stesso cinema ci ha offerto sequenze iconiche, ma la retorica era sempre in agguato, soprattutto quando il nostro sguardo s’indirizzava alla ricerca dell’etica e non del senso della scena.

Insomma, ciò che cerchiamo oggi è l’atteggiamento del fotografo, il suo approccio con la realtà, il modo di porsi. Subito ci viene in mente Gianni Berengo Gardin. Lo conosciamo bene e questo forse ci condiziona; ma lui ha sempre cercato (e narrato) la gente comune, per scelta. Già questo suggerisce una sorta di gentilezza, perché per affrontare gli sconosciuti occorre saper ascoltare, prima ancora di vedere.
E allora lasciamoci andare nelle immagini del fotografo ligure, riconoscendo la gentilezza manifestata nei baci degli amanti, nelle carezze, nei balli di chi festeggia un giorno qualunque, nelle feste, nei tram, nelle case, in quella coppia ben vestita che sta andando chissà dove. Berengo ha salvato un tempo, nel quale tutti possiamo riconoscerci. Anche questa è gentilezza.

Continua a leggere

L’ETERNA PRINCIPESSA

Compie 41 anni, Anne Hathaway, l’eterna principessa. Ha debuttato sul grande schermo con il film Pretty Princess. Lì, nella trama, lei è una quindicenne che si scopre improvvisamente principessa, costretta ad affrontare responsabilità e fama. Nella vita, quella vera, le è accaduta la stessa cosa, col suo volto da fiaba è diventata celebre in tutto il mondo.
Il ruolo che l’ha consacrata come attrice internazionale rimane senza dubbio quello di Andrea Sachs in Il diavolo veste Prada. Lì ha recitato al fianco di Meryl Streep, dimostrando a tutti di esserne assolutamente all’altezza.

Il diavolo veste Prada, il film

Nel favoloso sfavillante mondo della moda, Miranda Priestly è una divinità e dirige la rivista più prestigiosa al mondo. Quando Andrea Sachs (Anne Hathaway), con una laurea appena conseguita e nel cuore il sogno di diventare giornalista, accetta di lavorare per lei, non sospetta di aver stretto un patto con il diavolo, capace di trasformare la sua vita in un vero e proprio inferno. Andrea impara a camminare sui tacchi a spillo, a soddisfare i mille capricci del suo capo e fino a scoprire che la sua vita privata, troppo a lungo trascurata, sta naufragando. Forse è a quel punto che diventa importante il volto da principessa o anche quello delle fiabe, per contrapporsi a un altro mondo, quello per il quale, forse, non era tagliata.

Purtroppo per Anne la sua vita privata ha incontrato qualche difficoltà. E’ stata travolta dallo scandalo che vedeva coinvolto il suo fidanzato, Raffaello Follieri. Anne lo frequenta a partire dal 2004 e lo aiuta per lo sviluppo della sua Follieri Foundation, che si occupa di programmi di aiuto come le vaccinazioni per i bambini del terzo mondo. Nel 2008 la fondazione è accusata di frode ed evasione fiscale. Anne ne uscirà bene, come nelle fiabe del resto.

Continua a leggere

LA GUERRA È FINITA

Era l’11 novembre del 1918, ore 11 del mattino. Su un vagone ferroviario, la Germania pose definitivamente fine alla prima grande guerra che coinvolse tutto il mondo firmando l’armistizio di Compiègne. Scoppiato il 28 luglio del 1914, fu il primo conflitto a coinvolgere i paesi extra-europei. Causò in poco più di quattro anni 16 milioni di perdite tra soldati e civili. Tra le condizioni della firma di Compiègne, i punti più salienti erano costituiti da: fine delle ostilità entro sei ore; ritiro dai territori occupati entro due settimane; cessione di tutte le navi da guerra e di gran parte dell’ armamentario; consegna di 5.000 locomotive e 150.000 vagoni ferroviari a titolo di risarcimento: condizioni durissime.

Per l’Italia la guerra era iniziata il 24 maggio 1915. Dopo aver rotto la Triplice Alleanza, l’Italia entra in guerra contro l’Austria, occupando una linea di fronte il più delle volte costituita da montagne. Lassù, gli austriaci presidiavano le vette più alte, a scapito dei nostri soldati, impegnati troppo spesso nel tentativo di sfondare una fortificazione prima naturale, poi militare.
La guerra, per due anni, divenne “di posizione”, almeno fino alla pagina tragica di Caporetto, quando i tedeschi, provenienti dal fronte russo, ruppero tutte le linee e costrinsero le truppe italiche a ritrovare se stesse sulle rive del Piave.
Chi si trovi a passare sul passo Falzarego, potrà immaginare, davanti a sé, la vetta del Lagazuoi difesa dagli austriaci. A metà costone, gli italiani, guidati dal tenente Martini, occuparono la cengia che porta il suo nome; all’interno della stessa aprirono una camera di scoppio per far brillare la vetta. Altrettanto accadde poco più a est, sul Col di Lana, appena di fianco al Sass di Stria.

Era la guerra, quella guerra; più volte sentita narrare dal nonno di chi scrive, un ragazzo del ’99, Cavaliere di Vittorio Veneto. Raccontava: «In trincea, la notte, fumavamo con la brace in bocca, per non essere visti dai cecchini». Combatteva e aveva diciassette anni.

Continua a leggere