Skip to main content

ATTENTI AL LUPO, PRIMO POSTO

29 dicembre 1990, Lucio Dalla è primo in classifica con Attenti al lupo.
Siamo alla fine del 1990. Il sogno infranto dei mondiali è ancora presente nei ricordi tanti, con Caniggia che infila Zenga nella semifinale di Napoli contro l’Argentina di Maradona. «Attenti al lupo», la canzone di Lucio Dalla, risollevò il morale di molti, anche perché la cantavano tutti: adulti, ragazzi, bambini. Scritta da Ron, il brano fu il singolo trainante di Cambio, uno degli album più venduti da Lucio in carriera.
Nella fotografia di copertina, un ragazzo è seduto a un tavolo tra due donne: lui è un giovanissimo Lucio Dalla, mentre le donne sono la madre, Jole Melotti, e la cugina Silvana Scaglioni. L’immagine è stata colta a Manfredonia, dove Dalla trascorreva le estati in gioventù.

Non era la prima volta che una copertina discografica del cantante bolognese riportava un’immagine della cittadina garganica. Il 45 giri 4 marzo 1943, pubblicato dalla RCA, raffigura il porto di Manfredonia in bianco e nero: una fotografia evocativa, con una freccia che indica il palazzo presso il quale il cantautore alloggiava con sua madre in quelle indimenticabili estati. Il rapporto di Lucio Dalla con il mare del Gargano era qualcosa di speciale, una sorta di legame con una musa ispiratrice. «Dice che era un bell’uomo e veniva dal mare», cantava in “4 marzo 1943”, giorno della sua nascita; e nel brano compare l’uomo misterioso, che a Manfredonia consumò “l’ora più bella” di una madre adolescente.

C’è da dire che negli anni con le canzoni di Dalla abbiamo percorso un “Viaggio in Italia”, in senso geografico. I suoi brani spesso hanno prodotto una fotografia musicale: nella sua Bologna, a Sorrento (Caruso), a Milano (la città «Sempre pronta al Natale, che quando passa piange e ci rimane male»). Lucio, con “La sera dei Miracoli” ha ricordato anche la capitale: «È la notte dei miracoli fai attenzione / Qualcuno nei vicoli di Roma / Ha scritto una canzone». Alla fine, ecco le Tremiti. E’ lì, nella sua casa, che ha composto “Com’è profondo il mare”, una canzone intima, personale, profonda.

Continua a leggere

CHRISTINA BROOM E IL SUFFRAGIO FEMMINILE

Christina Livingston Broom è conosciuta come la prima fotoreporter inglese della storia. Di origine benestante, sposò nel 1889 Albert Broom, con il quale conduceva una vita agiata grazie all’attività del marito. Tuttavia, nel 1903, un incidente durante un incontro di Cricket lo rese infermo, comportando il declino delle loro entrate. Christina, da sola, dovette trovare una fonte di reddito alternativa e si rivolse alla fotografia.

Christina era una donna determinata e motivata. Ha imparato da sola i dettagli della fotografia con una macchina fotografica presa in prestito. Nei suoi primi giorni di attività, ha fotografato monumenti locali, edifici significativi e altre immagini quotidiane della città di Londra. Queste fotografie furono poi vendute come cartoline in una bancarella nelle Royal Mews a Buckingham Palace che Christina e la sua famiglia gestirono dal 1904 al 1930.

Christina divenne anche un’interprete autorevole del movimento per il suffragio femminile in Gran Bretagna, al quale dedicò impegno e passione. Le sue fotografie trasmettono un senso di disinvoltura nei suoi soggetti, ancora oggi; ritraevano il movimento per il suffragio femminile attraverso lenti diverse. Osservando il suo lavoro, si può capire quanto fosse ampio il movimento tra le classi sociali: dalle lavoratrici della ceramica, alle infermiere e alle ostetriche, alle attrici e alle giornaliste. Ritrasse persino coloro che erano stati imprigionati per le loro convinzioni nel 1910.

Il suo stile e l'elemento reportage delle sue immagini non solo sono stati in grado di provvedere finanziariamente a lei e alla sua famiglia, ma il suo incredibile occhio e il suo talento nel catturare quei momenti hanno fornito alcune delle immagini più durature dell'epoca.

Continua a leggere

NASCE ANDREAS FEININGER

Il 27 dicembre 1906 nasce Andreas Feininger. Abbiamo già parlato di lui nel giorno della sua scomparsa, il 18 febbraio 1999; e anche nella rubrica “Fotografia da leggere”. L’importanza del fotografo ha fatto sì che decidessimo di incontrarlo anche oggi, questo perché lui ha occupato la passione di tanti, almeno di quelli un po’ attempati, cresciuti nell’era analogica. Il merito di ciò va ricercato nelle sue immagini iconiche, ma soprattutto nel manuale “Il Libro della Fotografia”.

Il volume è introvabile: non perché raro, ma per il fatto di essere stato stampato anni addietro, durante l’epopea della pellicola (1970). E’ vero, l’hanno letto i padri, forse anche i nonni; ma sfogliandolo s’incontra tutta la fotografia: quello che si deve fare e quanto è meglio evitare. Oltre le regole, però, tra le pagine si parla di soggetto, luci, camera oscura, fotocamere usate, colorimetria e molto altro. Il manuale è stato scritto per “non sbagliare”, sperimentando però, provando e riprovando come direbbe Galileo.
Un’ultima considerazione: il libro è piuttosto voluminoso; più grande di quanto si potrebbe immaginare se riferiti all’era analogica. Il fatto è che allora tutto si basava sul “prima”, con pochi scatti peraltro. Dopo il Click non c’era molto da fare. Leggerlo (o solo consultarlo) sarà interessante. Pensate: gli ISO (ASA allora) non rappresentavano una variabile di scatto; ed erano pochi, molto pochi.

Confessiamolo: stiamo collezionando i manuali di fotografia, che oggi stanno diventando rari (almeno così sembra). I tutorial sul Web paiono essere più comodi e pratici, alla stessa stregua degli approfondimenti dedicati ad altri argomenti. I vecchi manuali, però, si assumono la responsabilità di occuparsi della fotografia per intero, forse perché in epoca analogica tutto era più difficile, con tanti balzelli all’ingresso solo per iniziare. “Il Libro della Fotografia” di Andreas Feininger è straordinario in tal senso.

Continua a leggere

RENATO GUTTUSO DA BAGHERIA

Oggi incontriamo Renato Guttuso, nato a Bagheria il 26 dicembre 1911. Nello stesso paese del palermitano sono nati Giuseppe Tornatore (27 maggio 1956) e Ferdinando Scianna (4 luglio 1943). Non siamo mai stati in quel luogo (prima o poi troveremo il modo di andarci), ma ne riconosciamo una forza intrinseca, che va oltre la nostra curiosità: quella esasperata dal libro “Quelli di Bagheria”, del fotografo Ferdinando Scianna.

«Esistono libri che suscitano sensazioni fortissime, libri da leggere ma anche da guardare. Esistono “libri” che si leggono dentro ognuno di noi. Questi libri raccontano la nostra storia, sono strumento della nostra memoria. Esiste un libro, quello di Ferdinando Scianna, che riesce a suscitare emozioni che ci riportano alla memoria volti, luoghi, tradizioni che recano in sé la nostalgia del tempo trascorso. Pagine della memoria volute da un “baharioto” e tramandate da altri baharioti”, attraverso un mezzo straordinariamente moderno qual è la fotografia». Dal saluto di Biagio Sciortino – Assessore alla Cultura – Comune di Bagheria.

Ecco cosa recita la sinossi di “Quelli di Bagheria”. Un album personale di fotografie e di parole. Ricordi di Bagheria, dove Ferdinando Scianna ha vissuto gli anni della prima giovinezza. Immagini scattate prima di scoprire la vocazione per la fotografia, e poi rimaste per molti anni in una cassettina di legno che aveva contenuto delle bottiglie. «Ho cercato di ricostruire, di immaginare, il mio paese, la mia infanzia, la mia adolescenza, in quel tempo, in quel luogo». Le fotografie sono accompagnate dalle annotazioni, come in un diaro della memoria, per aiutare a far rivivere i ricordi. C’è il prete, padre Sammaco, proprietario di enormi mutandoni stesi al sole ad asciugare e ci sono i tagliarini fatti in casa e mangiati con le mani; c’è Renato Guttuso, l’unico compaesano che aveva fatto strada e ci sono i venditori di lumachine.

Renato Guttuso, le parole di Ferdinando Scianna
(Da Visti & Scritti, edizioni Contrasto)

Di Renato Guttuso, a Bagheria, ho sempre sentito parlare con affetto e orgoglio: era il ragazzo che aveva fatto strada. Da giovane, dicevano soprattutto le donne, era bellissimo. […] La casa di Bagheria era contigua a quella dei miei nonni materni, che avevano ben conosciuto la famiglia. Veniva ricordato con ammirazione il padre di Renato per la sua grande eleganza. Pare che vestisse spesso di bianco e non dimenticava mai il bastone da passeggio. Pioggia o fango che ci fosse per le strade, rientrava spesso immacolato. […] La mostra antologica che si tenne al paese nel 1962 fu un grande avvenimento popolare. Fu proprio in quell’occasione che lo incontrai per la prima volta.

Orgoglio di paese: forse lì nasce quell’energia di cui parlavamo prima, a Bagheria più che da altre parti.

Continua a leggere