Il 26 settembre 1960 andò in onda il primo dibattito televisivo tra i candidati alla presidenza degli Stati Uniti: quello tra Nixon, allora vicepresidente degli Stati Uniti, e il senatore Kennedy. Tra i due sappiamo come andò a finire, ma quella trasmissione permise di far comprendere le novità comunicative connesse allo strumento televisivo.
Partiamo dalla fine: Kennedy aveva un aspetto migliore, si trovava più a suo agio nel parlare davanti alle telecamere, il che oggi impone alcune riflessioni che riguardano appunto la comunicazione politica. Per prima cosa, diventa importante l’immagine di chi va in onda, che appare come una persona comune: come noi, potremmo dire. Si tratta di un cambiamento dirompente, perché è la politica stessa a modificarsi: non più sacra ed eletta, ma alla portata di tutti. Il fenomeno oggi si è anche amplificato con la venuta dei social: lì i politici raccontano se stessi, di continuo; la loro fisicità, sommata alle idee, diventa così “pop”, accessibile, esaltata o frantumabile a seconda dell’apparire.
Con la TV, si potrebbe parlare di comunicazione “diretta”: volti, parole e idee entrano senza bussare nelle case della gente; anche se poi a monte c’è una coreografia ben strutturata, studiata a fondo; e questo riguarda anche gli odierni social network.
Torniamo al dibattito del 26 settembre 1960. La preparazione di Kennedy fu accurata e attenta, sin dal discorso d’apertura. Da solo, modificò quanto gli era stato proposto dal suo staff; e si rivolse direttamente al popolo americano, replicando la modalità anche nella dichiarazione conclusiva. Nixon invece usò i due spazi per mettere in luce i punti di disaccordo nei confronti dell’avversario. Il risultato? Kennedy si mostrò capace di essere un leader deciso a gestire i problemi del Paese, Nixon apparì al contrario solo un politico che cercava di prevalere sul rivale.
Altri aspetti vennero fuori da quel dibattito. Il vestito del vicepresidente (grigio) si confondeva con lo sfondo e il suo volto appariva rigato di sudore. Perse quindi anche l’immagine “estetica”, che alla fine risultava meno rassicurante e poco convincente. JFK, invece, trasmise la propria gioventù: era l’uomo nuovo della politica americana. E vinse.