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LA BRECCIA DI PORTA PIA

E’ il 20 settembre 1870: dopo 5 ore di bombardamenti l’esercito italiano entra a Roma attraverso la breccia a pochi metri da Porta Pia. Tutto era iniziato alle 5 di mattina, con i cannoneggiamenti su Porta San Giovanni, Porta San Lorenzo e Porta Maggiore. Alle 5,10 l’artiglieria si concentra su Porta Pia. La breccia si aprirà alle 9,30, con l’esercito papale che si arrende subito dopo.
L'apertura della breccia di Porta Pia rappresenta un episodio chiave del Risorgimento, perché sancì l'annessione di Roma al Regno d'Italia, con la fine dello Stato Pontificio. Ci sono delle fotografie a documentare l’evento, che però sembra nascondano un retroscena. Dopo la presa cominciarono a circolare le immagini delle mura con soldati e bersaglieri morti o nell'atto di sparare, comunque in atteggiamento eroico. In realtà, l’ingresso in Roma dell'esercito piemontese, attraverso la breccia aperta accanto a Porta Pia, si era risolta in poco tempo, grazie alla scarsa resistenza opposta delle truppe pontificie (che contavano appena 15mila uomini). Il fotoritocco digitale non esisteva ancora, ma la propaganda sì.

Dal 27 settembre, quando le truppe regie presero anche Castel Sant'Angelo, il dominio del Papa si ridusse al solo Vaticano.
Nel 1871 la capitale d'Italia fu trasferita da Firenze a Roma. L'anniversario del 20 settembre è stato festività nazionale fino al 1930, quando venne abolito a seguito della firma dei Patti Lateranensi.

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FRANK EUGENE, PITTORIALISTA

Frank Eugene è stato un pittorialista e venne acclamato per aver incorporato le tecniche pittoriche nelle sue fotografie e fotoincisioni. Il suo interesse per un’ampia varietà di media artistici è evidente nell’audace manipolazione dei suoi negativi. Ha usato pennelli, aghi per incisione e matite per rielaborare le sue composizioni, proclamando così il loro status di arte.

Per parlare di pittorialismo occorre riferirsi ad Alfred Stieglitz, che il 17 febbraio 1902 costituì, a New York, una nuova società, al fine di promuovere la fotografia pittorica come arte. Le diede il nome di Photo-Secession, dove Secession era un termine usato dalle avanguardie tedesche e austriache, per affermare la propria indipendenza dalle istituzioni accademiche. Tra i fondatori oltre a Steichen vi era appunto Frank Eugene.
Tre erano gli obiettivi della Photo-Secesion:
1) Far progredire la fotografia come espressione pittorica.
2) Promuovere incontri e associazioni fra gli americani che praticassero l’arte o vi fossero comunque interessati.
3) Organizzare di quando in quando, in luoghi diversi, esposizioni non necessariamente limitate alle produzioni della Photo-Secession o alle opere americane.

Per offrire una dimensione all’attività della società fondata da Stieglitz basta riferirsi a un bollettino per i soci del maggio 1904.
«Mentre scriviamo le collezioni di Secession figurano alle mostra d’arte di Dresda, Bradford (Inghilterra), dell’Aja, Parigi, Vienna. Complessivamente le fotografie esposte in Europa ammontano a circa 400».

(Fonte Storia della Fotografia, Beaumont Newhall. Edizioni Einaudi)

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NEW YORK TIMES

18 settembre 1851, nasce uno dei più importanti giornali del mondo. Il giornalista e politico Henry Jarvis Raymond e l’ex-banchiere George Jones fondano a New York un giornale intitolato New York Daily Times, che dal 1857 assumerà definitivamente il nome di New York Times. Destinato a diventare uno dei più importanti giornali degli Stati Uniti e del mondo, utilizza una fitta rete di corrispondenti. Il più famoso è di stanza a Londra, si tratta di Carlo Marx che segue giorno per giorno il conflitto russo-turco inviando preziosi commenti sulla situazione politica in Europa e il Medio Oriente.
A oggi il New York Times ha vinto 98 premi Pulitzer, più di qualunque altra testata, il prestigioso riconoscimento assegnato ai giornalisti ed ai giornali che si sono distinti per serietà, equilibrio, indipendenza nel campo dell’informazione.

Il New York Times ha sempre avuto una sede molto prestigiosa: è stato, infatti, il primo giornale ad avere un edificio studiato appositamente per ospitarlo. Nel 1904 l’editore del Times, Adolph S. Ochs, spostò la sede del giornale a Longacre Square, poi riuscì a convincere il sindaco della città a modificare il nome alla piazza in Times Square, oggi uno dei luoghi più famosi della città. Il NYT cambiò sede nuovamente nel 1913 e si trasferì in quello che oggi è noto come One Times Square ed è famoso, perché alla mezzanotte del 31 dicembre, c’è una sfera che cade da una torre sul suo tetto per segnare il nuovo anno. Un altro importante trasferimento è avvenuto nel 2007, quando il giornale si è spostato sull’ 8° avenue in un grattacielo disegnato da Renzo Piano, celebre architetto italiano, il New York Times Building.

Per celebrare il celebre quotidiano, ci siamo concentrati sulla piazza, Times Square; rinunciando comunque al celebre bacio. Gli autori delle immagini sono importanti: Dennis Stock e Henri Cartier Bresson.

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UN RACCONTO …

E’ un racconto estivo, quello che proponiamo: inventato ma verosimile. Riguarda un ragazzo e una ragazza, che sin da piccoli s’incontravano sulle rive di un lago artificiale. Tra i due non è mai sbocciato l’amore, solo un rispetto che si è rinnovato ogni anno, fino all’età adulta. La loro storia s’inserisce in un'altra, avvenuta molti anni prima; sempre sulle rive dello specchio d’acqua.

LA PANCHINA DI SASSO

L’estate ha le sue promesse e le manteneva tutti gli anni, almeno per loro: Giorgio e Maria, due amici che sin da piccoli s’incontravano durante le vacanze estive. Suviana, il lago, la montagna, l’Appennino: ci piace pensare che per i due abbiano rappresentato un periodo magico, da rivivere un anno dopo l’altro.
Forse andiamo troppo indietro, ma immaginiamo Giorgio e l’amica mentre posano per una fotografia in bianco e nero, una di quelle col bordo seghettato.
Nell’immagine non sorridono, anzi offrono uno sguardo curioso, come quello di chi è stato interrotto nel bel mezzo di un discorso. Entrambi indossano dei pantaloncini corti e una maglietta bianca. Stanno vicini, quasi a proteggersi; e dietro di loro una donna col grembiule li osserva sorridendo.
Si tratta di un ricordo estivo, che sicuramente esiste in qualche cassetto, anche se probabilmente in altra forma; ma allora la memoria non aveva ancora il tempo per depositarsi, e nemmeno lo spazio. Dopo la scuola, e la promozione, arrivava la montagna, con la nonna, gli amichetti di sempre, i vecchi.
Già, gli anziani: i due li incontravano solo lì, a Suviana; e ne apprezzavano la dolcezza antica, fatta di saggezza e consuetudini rituali.
“Come siete cresciuti”, dicevano, ma per loro l’affermazione risultava inutile, quasi non percepibile. Ritrovavano, insieme: i giochi, il boschetto, l’acqua del lago, i girini, le rane. C’era poi un posto segreto, poco distante dal paese, dove i due amavano ritrovarsi. Lo chiamavano “la panchina”, anche se si trattava di un grande sasso levigato appena sporgente dal terreno.
Lì si trovavano durante i pomeriggi più caldi, o anche dopo cena; quando le nonne, vedendoli fuggire dalla tavola, esclamavano: “Mettiti il giubbino!”.

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