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IL SALTO PIU’ LUNGO

18 ottobre 1968. Bob Beamon, con 8.90m, stabilisce il record del mondo di salto in lungo nell'Olimpiade di Città del Messico. Diventerà il più duraturo record nella storia dell'atletica leggera, resistendo per ben 23 anni.

Il ’68 è l’anno della contestazione. Il 3 maggio, a Parigi, la polizia si scontra con gli studenti universitari della Sorbona che protestano per la chiusura della facoltà di scienze di Nanterre. I poliziotti fermano 500 universitari. La battaglia del maggio francese proseguirà per tutto il mese. Il bilancio finale degli scontri sarà di 400 feriti; ma la protesta degli studenti sarà appoggiata, con una serie di scioperi, dai lavoratori e costringerà il presidente francese Charles De Gaulle a indire nuove elezioni.
Quel periodo fu il clou del “Sessantotto Europeo”, che non indica solo un periodo, ma anche quell'eterogeneo movimento giovanile che attraversò mezzo mondo, segnando - nel bene e nel male - un'intera generazione.

Qui da noi, in Italia, lo scontro fu anche generazionale. I padri di famiglia, che avevano vissuto gli orrori della guerra, rivendicavano il diritto di vivere tranquilli; i loro figli, invece, si accorsero che stava affermandosi una società immobile, nella quale si sentivano ingabbiati. I genitori non comprendevano questa incessante richiesta di libertà, ma l’onda della Beat Generation coinvolse tutti i giovani, particolarmente in America: il mito di una vita "On the road", priva di schemi, faceva proseliti.

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ALBERT EINSTEIN IN USA

17 ottobre 1977, Albert Einstein, arriva negli Stati uniti. Aveva lasciato la Germania per fuggire alle persecuzioni naziste. All’epoca era già stato insignito del Premio Nobel per la fisica, dopo aver pubblicato una memoria nella quale espone i princìpi della teoria della relatività. Albert rimarrà negli USA fino alla fine dei suoi giorni. Morirà a Princeton nel 1955.

Parlando di fotografia, il fisico ci permette di ricordare due ritrattisti che l’hanno interpretato. Philippe Halsman è colui che detiene il record di copertine della rivista LIFE (102, se ricordiamo bene). Y. Karsh, canadese ma di origine armena, è giunto alla grande notorietà fotografando Winston Churchill. Lui ritrasse lo statista inglese con la faccia corrucciata e senza sigaro. Glielo tolse dalla bocca pochi istanti prima di scattare.

E’ facile imbattersi nelle fotografie di Yousuf Karsh, fotografo ritrattista. Le sue immagini le possiamo riconoscere ovunque: sulle copertine dei libri, su banconote e francobolli, e, naturalmente, esposte nelle gallerie. Nel corso della sua lunga carriera (più di 65 anni), Karsh ha fotografato alcuni tra i più importanti leader del 20° secolo, con una tecnica di illuminazione della quale lui stesso è stato pioniere. Divenne particolarmente richiesto, al punto che il giornalista Perry pubblicò sul London Sunday una frase particolarmente esaustiva: “Quando i famosi cominciano a pensare all’immortalità, chiamano Karsh”.

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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con “Fotografia da Leggere”. Riprendiamo la rubrica con un po’ di titubanza, perché la nostra non sarà una proposta, ma semplicemente l’esplicitazione di un metodo, riscontrabile nel volume di oggi ma anche in altri lavori similari.
Andiamo con ordine, il libro che abbiamo tra le mani è “Manuale Hasselblad”, di H. Freytag (Edizioni Effe). La copertina è rigida, ma le informazioni sono poche. Solo nella “quarta” si legge: «Questo libro descrive tutti oi modi di funzionamento degli apparecchi Hasselblad e dei numerosi accessori che compongono questo sistema. Si tratta di un manuale di fotografia scritto in funzione dei vari campi di applicazione del sistema Hasselblad, che vanno dalla fotografia scientifica alla fotografia di pubblicità e di moda, al fotogiornalismo alla fotografia della luna!».
Già, la luna. Ai tempi, nelle riviste di settore si leggevano grosso modo queste parole (andiamo a memoria): «Volete un’Hasselblad gratis? Andate sulla luna». Sì, perché gli astronauti della prima missione d’allunaggio avevano riportato indietro solo i magazzini, lasciando sul satellite terrestre corpi e obiettivi.
Ricordiamolo per i pochi che non lo sanno. La fotocamera svedese è una scatola, alla quale vanno aggiunti l’obiettivo e il dorso porta-pellicola. La visione dell’inquadratura avviene dall’alto, come in altre medio formato.
Sfogliamo rapidamente le pagine, ingiallite com’è giusto che sia. L’odore del volume accentua la nostalgia: non per il tempo passato e nemmeno per il respiro analogico; il metodo ci convince, perché per spiegare una fotocamera (e il suo sistema) si è costruito un manuale di fotografia, bello da leggere e consultare.

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IL GRANDE DITTATORE

15 ottobre 1940. In Europa c’è la guerra ormai da più di un anno. Negli USA esce “Il Grande Dittatore”, un film diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin: un evento straordinario. I personaggi del film sono le caricature di quelli reali, riconoscibili anche dai nomi: Adenoyd Hynkel (o Astolf Hynkel) è Adolf Hitler, dittatore della Germania; Bonito Napoloni imita Benito Mussolini, duce d’Italia. Garbitsch scimmiotta Goebbels; Herring assomiglia a Hermann Goering. La segretaria di Hynkel trae ispirazione da Eva Braun, la Signora Napoloni è Rachele Mussolini.

Il film venne vietato dal 1940 al 1945 in tutta l’Europa. La prima edizione italiana del film è del 1949, ma solo nel 2002 in edizione integrale.

Chaplin e Hitler, risonanze e assonanze.

Chaplin e Hitler sono nati nello stesso anno, pochi giorni l’uno dall’altro. Qualcosa li accomuna, quindi; e non solo l’oroscopo. Le loro carriere, le loro vite, i personaggi che hanno messo in scena (anche Hitler lo faceva) coincidono sotto molti punti di vista. Considerando il profilo estetico, entrambi furono accomunati dai baffi, anche se Chaplin li portò solo sullo schermo, liberandosene dopo aver interpretato Hitler.
Analizzando le vite dei due da piccoli, le affinità diventano ancora più stringenti. Entrambi erano asociali, incapaci di integrarsi, provenienti da famiglie disagiate. Passati dall’orfanotrofio, conobbero la fame. I due nutrivano ambizioni artistiche, inespresse per il dittatore vero (la pittura), diventate più palesi per Charlie, che come musicista creò le colonne sonore dei suoi film, con dei brani di successo (“Smile” ne è un esempio).
Nelle sue prime comiche, Charlie porta sullo schermo un personaggio aggressivo, individualista, dai modi rudi e duri. E se, nel Grande dittatore, il piccolo barbiere ebreo incarna il successore del Vagabondo, in qualche modo anche Hynkel richiama alla memoria quel personaggio, ad esempio quando usa la lingua della sua segretaria per inumidire un francobollo. Ciò che distingue Hynkel da Charlot è la parola. Il grande dittatore è il primo film in cui Chaplin parla. Anche Hitler conquistò lo schermo principalmente grazie alla parola, in veste di oratore.

(Fonte: il Cinema ritrovato)

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