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BOMBARDANO LONDRA

7 settembre 1940. Battaglia d'Inghilterra: Londra viene bombardata nella prima di 57 notti consecutive. La guerra proponeva i suoi simboli in maniera in maniera più schietta: si combatteva lassù, tra flotte aeree contrapposte, ma le bombe colpivano i civili in basso, gli abitanti della capitale inglese. Pochi riuscivano a percepire cosa succedesse laggiù, solo i superstiti dei cieli.

Cerchiamo di immaginare il racconto di un pilota inventato:
«Mi ero perso, e non poteva essere altrimenti. Tutto sembrava diverso, adesso; anche il buio della notte. Quando si vola, lassù c’è sempre un po’ di luce; e poi la contraerea illumina la visuale a lampi, come in un temporale.
Bombardavamo Londra, ci avevano colpito. L’aereo, dopo un sussulto, si era riempito di fiamme. Il copilota versava accasciato sui comandi, e perdevamo quota. L’abitacolo sprigionava calore. Chiamavo invano i miei compagni, urlavo; alla fine decisi di buttarmi. Da quel momento è cambiata la mia vita.
Precipitando, l’aereo diventava una scia di fuoco che cadeva lamentandosi; dopo fu solo silenzio: quello del vento e dell’oscurità.
Altre volte le missioni ci avevano portato su Londra, ma io avevo vissuto il lusso di immaginare. Le bombe, al suolo, si trasformavano in bolle di luce. Non sapevamo a chi, e a quanti, stavamo togliendo la vita. Ci sparavano, avevamo paura; ma era sempre una questione di quota, da vivere lassù: con poco sangue e tanto ferro attorno a noi.
Planavo verso il suolo: quello più volte sorvolato e mai calpestato. Il paracadute mi sembrava troppo bianco e visibile, ma nessuno lo intravide. Sarei stato un bersaglio facile. Il buio diventava sempre più denso e oleoso, percorso a volte da aliti di fumo. In lontananza brillavano dei fuochi: era la città.
Poi, all’improvviso, la discesa divenne più veloce. Ai miei piedi comparve un fiume, un ponte distrutto, una casa, degli alberi. Un crepitio m’avvisò che entravo tra le foglie. Rimasi appeso, in silenzio. Un cane abbaiava alla notte».

Laggiù, purtroppo, non c’era solo l’abbaiare di un cane, ma uno scenario desolante. Abbiamo scelto a proposito le fotografie di Cecil Beaton, fotografo di moda, grande ritrattista e non solo; ma anche interprete della guerra. Incontriamolo una volta di più.

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FOTOGRAFIA E TELEVISIONE

E’ Stata una sorpresa grande, conoscere e riconoscere le fotografie di Piergiorgio Branzi, nato il 6 settembre 1928. Ci siamo avvicinati alle immagini dell’autore toscano attraverso un libro: “Il giro dell’occhio”, Edizioni Contrasto. La sorpresa è diventata meraviglia, perché in ogni pagina scoprivamo lo sguardo acuto di Branzi, la sua lucidità. Troviamo appropriate le parole che Alessandra Mauro ha scritto nelle prime pagine del volume: «”Il giro dell’occhio” è un turbine d’immagini e memorie, di ricordi, impressioni e scelte meditate; di osservazioni coerenti in cui lo sguardo è sempre pronto a percorrere il mondo, tracciare e nominare la visione di profili di terre e di pietre. Una serie di vedute e “rivedute” che comunicano la stessa esperienza esistenziale dell’autore, il suo respiro, quello di un corpo profondamente attento, lieto di continuare a vivere di meraviglia e di osservazione».

Il giro dell’occhio èil libro che raccoglie le fotografie di Piergiorgio Branzi realizzate in più di cinquanta anni di sguardi sul mondo, anni di “osservazioni attive” di un grande interprete del nostro tempo.
Le sue immagini, suddivise e raccolte nel volume per serie spaziali e temporali, si intrecciano con le riflessioni, i ragionamenti e i ricordi di una stagione importante della fotografia e della cultura italiana. Un insieme di temi che accompagna il racconto di una vita piena di meraviglie e di scoperte.

Il volume, introdotto da un contributo di Alessandra Mauro e da un saggio di Branzi stesso in cui l’autore descrive il proprio rapporto con i “linguaggi dell’immagine”, è diviso in sei sezioni, che corrispondono ai diversi luoghi che l’autore ha fotografato nel corso degli anni. Ogni sezione è introdotta da un suo breve testo. Ed ecco che, pagina dopo pagina, il libro ci guida in un percorso che va dalle foto in bianco e nero degli anni Cinquanta realizzate nella sua Toscana (Chiaroscuro toscano) alle immagini che danno conto di uno sguardo complessivo sulla Penisola (Scoperta dell’Italia), fino ad arrivare alle fotografie che riguardano il Mediterraneo, per passare poi a Mosca dove Branzi ha vissuto cinque anni in quanto inviato per la Rai, e Parigi. Il libro si chiude con la sezione Le forme, che contiene l’ultima produzione del fotografo, quella più sperimentale, e una breve nota autobiografica.

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GIORNATA MONDIALE D’AZIONE PER L’AMAZZONIA

Si celebra il 5 settembre la Giornata mondiale d'azione per l'Amazzonia, indetta dall’Articolazione dei Popoli Indigeni del Brasile per denunciare la drammatica situazione della foresta amazzonica, permettendo così di riflettere sul legame tra deforestazione, crisi climatica e violazione dei diritti umani.

La foresta amazzonica si estende su una superficie di 6,7 milioni di km², la foresta pluviale più grande rimasta sulla Terra. La porzione più vasta, le cui dimensioni superano quelle dell'Europa occidentale, si trova in Brasile. Lo stato di salute di questa preziosa regione naturale è legato a quello del clima globale: riesce a immagazzinare da 90 a 140 miliardi di tonnellate di CO2. La sua distruzione provoca il rilascio nell'atmosfera di enormi quantità di anidride carbonica, con conseguenze catastrofiche per l'ambiente.

La giornata mondiale ci permette di parlare ancora della mostra Amazônia, di Sebastião Salgado e curata da Lélia Wanick Salgado, visitabile a Milano presso la Fabbrica del Vapore fino al 19 novembre 2023.
In un testo presente nella mostra, Lélia e Sebastião Salgado esprimono tutti i loro timori circa la foresta amazzonica. Eccone un estratto:
«La biodiversità della foresta amazzonica è oggetto di continui attacchi, in particolare lungo i confini esterni. Ogni anno, decine di migliaia di aziende agricole si appropriano di nuovi terreni, consumando a poco a poco questa foresta sterminata e distruggendo senza sosta gli insediamenti indigeni situati, fatalmente, nelle terre adiacenti. La foresta amazzonica è l’unico luogo al mondo in cui l’umidità dell’aria non dipende dall’evaporazione degli oceani: ogni albero funziona come un aeratore che ogni giorno pompa nell’atmosfera centinaia di litri di vapore acqueo, creando i cosiddetti “fiumi volanti”, la cui portata supera persino quella del Rio delle Amazzoni. Le fotografie satellitari sono solite mostrare la foresta tropicale quasi interamente coperta di nubi. Il giorno in cui la giungla sarà perfettamente visibile dallo spazio, significherà che i “fiumi volanti” saranno scomparsi, con conseguenze catastrofiche per il pianeta».

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REGISTRATO IL MARCHIO KODAK

Ci sono date che, per la loro importanza, devono essere ricordate, anche se già menzionate gli anni precedenti. E’ il caso del 4 settembre 1888, quando venne registrato il marchio Kodak e consegnato il brevetto per la fotocamera a rullino. Ai vertici della Company vi era George Eastman, l’inventore della nuova macchina fotografica.
Nello stesso giorno, ma nel 1998, venne fondata la Società Google da parte di Larry Page e Sergey Brin. Una “navigata” su Google la compiamo tutti i giorni, per cercare qualsiasi cosa, anche per curarci!

Partiamo dal nome Kodak, lo stesso Eastman lo spiegò con queste parole: «Fu una combinazione di lettere assolutamente arbitraria, che non derivava né in tutto né in parte da alcuna parola esistente, e vi arrivai dopo una lunga ricerca di un vocabolo che rispondesse a tutti i requisiti di un nome da usare come marchio di fabbrica. I principali erano che fosse breve, che non se ne storpiasse la dizione in modo da distruggerne l’identità; che avesse una personalità vigorosa e inconfondibile; che si adeguasse alle norme delle diverse leggi straniere sui marchi di fabbrica …». (Fonte: Beaumont Newhall, Storia della Fotografia).
Tuttavia, il contributo più importante di Eastman non consistette tanto nella creazione di un nuovo apparecchio fotografico, ma nell’aver fornito ai clienti un servizio completo di sviluppo e stampa. La fotocamera era venduta già caricata e nel prezzo di 25 dollari era compresa tutta la lavorazione. Chi possedeva una Kodak doveva solo pensare a scattare. Uno slogan diceva: «Voi premete il bottone, noi faremo il resto».

Ecco come Eastman definì la Kodak camera: «Un taccuino fotografico. La fotografia è ora alla portata di qualsiasi essere umano che voglia conservare un ricordo di ciò che vede. Il taccuino fotografico è una testimonianza duratura di molte cose viste soltanto una volta nella vita e permette al suo fortunato possessore di starsene nell’intimità della sua casa e intanto ripercorrere scene e avvenimenti che altrimenti scomparirebbero dalla sua memoria e andrebbero perduti». (Fonte: Beaumont Newhall, Storia della Fotografia).

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