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FOTOGRAFIA DA LEGGERE …

Consueto appuntamento del lunedì con “Fotografia da leggere”. Questa volta ci rivolgiamo a Georges Simenon, col suo libro “Il Mediterraneo in barca” (Adelphi, 7° edizione, 11 luglio 2019. Si tratta di un reportage scritto, dove si può comprendere cosa cercasse lo scrittore belga e come guardasse la realtà incontrata. Sappiamo che lui si dedicava anche alla fotografia, per cui è bello riconoscere la sua struttura narrativa, che poteva anche diventare immagine.

Maggio 1934, il giovane Georges Simenon salpa con una goletta per una crociera attraverso il Mediterraneo. Farà rotta verso la Tunisia, con tappe all’Isola d’Elba, Messina, Siracusa, Malta. Ne approfitta per scrivere dei lunghi reportage per un settimanale. Simenon naviga, guarda, raccoglie storie che poi racconta nei suoi articoli, e scatta anche fotografie. Navigli e approdi, e poi personaggi, tanti: marinai e suonatori ambulanti, giovani pescivendole carine quanto austere e pescatori baffuti.

Al di là del volume consigliato oggi, suggeriamo una lettura approfondita delle opere di Simenon, autore prolifico che scriveva almeno ottanta pagine al giorno. Anche Maigret potrebbe essere un modo per approcciare lo scrittore e il suo modo di raccontare. Le sue ambientazioni quasi ci fanno intravedere delle immagini, a Parigi come altrove.

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DUE VOLTE 11 SETTEMBRE

L’11 settembre ricorda due eventi storici altamente drammatici: il golpe di Pinochet in Cile (1973) e l’attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York (2001). Il primo è meno documentato, con poche immagini a raccontarlo; il secondo ha rappresentato un momento mediatico tristemente spettacolare, con tutte le TV del mondo collegate in diretta e tanti fotografi in azione. Ricordiamo, tra i professionisti del click, Thomas Hoepker (sua è la famosa fotografia di Manhattan vista da Williamsburg, Brooklyn; con i ragazzi che sembrano indifferenti di fronte a quanto sta accadendo. Ne parlammo nel 2020), Alex Webb (che ritrasse la madre che accudisce al suo neonato mentre le torri bruciano), Bill Biggart (che durante l’attentato ha scattato l’ultima fotografia della sua vita, morendo sotto il crollo della torre nord. Ricordammo il fotografo lo scorso anno) Del resto, non si può dimenticare Steve McCurry, anche lui a New York durante l’attentato delle torri. Quest’ultime costruzioni, comunque, erano già molto famose e le avevamo viste tutti, andando a New York (i più fortunati), sui poster o almeno nei film. Ricordiamo, circa le pellicole: “King Kong”, 1976; “Una poltrona per due”, 1983; Die Hard – Duri a morire, 1995; “Mamma, ho riperso l'aereo: mi sono smarrito a New York”, 1992.

Sempre per celebrare la fama delle torri di New York, ricordiamo come il 7 agosto 1974 il funambolo francese Philippe Petit compisse la sua impresa più famosa: la traversata a più di 400 metri di altezza delle Torri Gemelle al World Trade Center. Impiegò quarantacinque minuti, camminando avanti e indietro su un cavo di acciaio spesso poco meno di 3 centimetri mentre la polizia gli ordinava di fermarsi. Scrisse anche un libro a proposito (“Toccare le nuvole“, edito da Ponte alle Grazie) da quale nel 2008 fu tratto un documentario (“Man on Wire“) che vinse moltissimi premi, tra cui un Oscar.

Al di là di tutto, fama o meno, la fotografia è stata importante in entrambi gli avvenimenti. Il suo potere evocativo ha continuato a trasmettere la drammaticità storica anche dopo anni di distanza.

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IMBARAZZO INGLESE

Hugh Grant, uno dei volti più noti della Gran Bretagna, è noto per i suoi ruoli in “Quattro matrimoni e un funerale” (1994), con Andie MacDowell, “Notting Hill” (1999), al fianco di Julia Roberts, e “Scrivimi una canzone” (2007), al fianco di Drew Barrymore. Lui ha sempre nascosto l’imbarazzo con il sorriso, rendendo comiche, o semplicemente piacevoli, le situazioni più complicate. La sua recitazione, sincopata e quasi balbuziente, è diventata quasi una firma d’autore dei personaggi che è stato chiamato a impersonare. Il sorriso e i capelli completavano il quadro dei suoi ritratti recitati stretti. Bella è la scena finale del film “Quattro matrimoni e un funerale”: lui e Andie si parlano sotto la pioggia, che assume quasi un valore simbolico. Hugh è l’inglese per eccellenza: impacciato quando serve, timido se necessario, flemmatico ma deciso. Padroneggia facilmente con i personaggi, anche quando deve impersonare un ipotetico primo ministro. Forse arriva a improvvisare, ma piace così.

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SALUTIAMO LA REGINA

Oggi ci lascia la Regina Elisabetta II, dopo 70 anni di regno. Nessuno tra i monarchi britannici era mai stato così a lungo sul trono. Piaceva a tutto il mondo, Elisabetta, perché consistente, pronta, presente: simbolo di una nazione che ha sempre innovato senza rinunciare alla tradizione. Sembrava immortale, ma il tempo ha deciso di chiamarla altrove; e un po’ ce lo aspettavamo quando oggi hanno annunciato che accanto a lei, a Balmoral in Scozia, era presente tutta la famiglia, con figli e nipoti. Il figlio Carlo diventa da oggi il nuovo Re e Camilla la Regina consorte: un’eredità difficile da sostenere, perché Elisabetta rimarrà nel cuore di tutti gli inglesi, e non solo. Lei è riuscita ad avvicinare la famiglia reale alla gente comune, che ne ha compreso consuetudini, amori e comportamenti.

Aveva venticinque anni quando Elisabetta salì sul trono d’Inghilterra, dopo la morte prematura del padre, Giorgio VI, deceduto nel 1952, a 56 anni d’età. L'incoronazione sarebbe arrivata il 2 giugno del 1953, dopo un lungo periodo di lutto. Da allora è stata capace di adattarsi ai momenti più difficili del Regno Unito, assecondando i cambiamenti avvenuti nell’evoluzione storica e sociale del suo Paese.

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