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[NASCE ARTHUR RUBISTEIN]

Rubinstein era un pianista versatile, ma l'apice della sua abilità la mostrava nell'esecuzione dei capolavori dei grandi compositori romantici: Chopin, in testa; ma anche Liszt, Schumann, Brahms. Oggi lo incontreremo fotografato dalla figlia, il che rappresenta un evento singolare. Per entrambi, Eva e Arthur, va riconosciuto il merito di aver affrontato talenti e passioni con metodo e rigore, esplorando poi un ambito tutto proprio. Le scelte sono sempre dietro l’angolo, anche per i grandi.

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[IL GIORNO DELLA MEMORIA]

Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa libera il campo di concentramento nazista di Auschwitz. Ricollegandosi a quella data, il 27 gennaio di ogni anno si celebra il “Giorno della Memoria”, per non dimenticare cosa sia stata la Shoah e i milioni di vittime che produsse.

“Noi siamo la nostra memoria, noi siamo questo museo chimerico di forme incostanti, questo mucchio di specchi rotti.”

(Jorge Luis Borges)

All’avvicinarsi del 27 gennaio, si legge e si ascolta molto circa quella data, spesso riflettendo sul perché, quando invece occorrerebbe soffermarsi sui numeri e anche su una determinazione industriale e programmata. La memoria, comunque, siamo noi, proprio come dice Borges. E’ sul tempo passato che fondiamo esperienza, conoscenza, progresso e, se vogliamo, libertà.

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[CIAO AMORE, CIAO]

Un giorno dopo l’altro la vita se ne va; e la speranza ormai è un’abitudine

Si tratta di una scoperta: Luigi Tenco con al collo svariate fotocamere, di classe peraltro. Alcuni sostengono fosse appassionato di fotografia, ma questa volta non ci interessa averne la certezza. Siamo altresì orientati a chiederci su dove potesse indirizzarsi il suo pensiero prima del click, quando ancora l’immagine è un’idea e si stanno caricando i rullini.

Ricordiamo oggi Luigi Tenco, perché il 26 gennaio del ’67 si tolse la vita, lasciando alle sue spalle una malinconia antica e quella voglia d’esprimersi che nessuno è riuscito ad apprezzare.

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[NASCE IL SIGNOR G.]

“La mia generazione ha visto le strade, le piazze gremite di gente appassionata, sicura di ridare un senso alla propria vita; ma ormai son tutte cose del secolo scorso: la mia generazione ha perso“, (da “La razza in estinzione”). E’ una riflessione di Giorgio Gaber, una di quelle recitate a Teatro per far riflettere, manifestando il proprio pensiero con onestà intellettuale. Di fronte a platee e gallerie lui ha consacrato la propria carriera, iniziata nei locali della Milano migliore e passata anche per la TV, dal “Musichiere” a “Canzonissima”. Con “Com’è bella la città” ci ha fatto comprendere come qualcosa in lui stesse cambiando. Ecco quindi la “Canzone-Teatro”, un format unico e originale, che gli lascerà un posto riservato nel panorama culturale italiano.

Ci piace ricordare Gaber, per quello che ha detto e cantato, per la sua chitarra e anche quella musicalità da “ballata” che l’ha reso famoso agli inizi. Ma Cerutti Gino non esiste più, e neanche quel bar del Giambellino. Aveva ragione il Signor G: “Siamo una razza in estinzione”.

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