"Nato e cresciuto a pochi passi dall’autodromo di Monza, il fotografo brianzolo approda al mondo della fotografia nel 1970. Da allora segue per le più importanti testate italiane e straniere le manifestazioni motoristiche."
Abbiamo incontrato Ercole Colombo nel suo studio. lo spazio, ampio e accogliente, racconta la sua vita: quella condotta a bordo pista e non solo.
sulle pareti tanti caschi, tutti ordinati appoggiati sugli scaf- fali. sono quelli di quei mitici eroi che, negli anni, hanno “indossato” un’auto per portarla oltre, al di là di un limite dove non esistono né paura, né coraggio ma solo quella spinta che vorresti non si fermasse mai, anche quando la strada si stringe, scartando di lato, lungo un rettilineo infinito. tra i caschi riconosciamo i nomi, persino i disegni e la grafica. l’impatto è forte, pur sullo scaffale. l’emozione raddoppia solo sfiorandoli con un dito. Del resto, dei piloti quando corrono si vede praticamente solo quello insieme ai guantoni. Il resto è macchina, muscolo e acciaio insie- me: cuore e rombo, olio e calore. Poi leve, pulsanti, luci, alettoni, tutti diventati corpo unico. Il pilota è la macchina, questo è il punto: si fonde con essa, la plasma, ne segue il destino, ne segna il destino. Per il fotografo una doppia responsabilità: interpretare un gesto umano che diventa metallo, subito dopo. E può essere sorpasso, curva, frenata, staccata ma anche fiamme, fumo, lamiera contorta, dolore. A Ercole Colombo il merito di aver raccontato tutto questo, per anni, nel dettaglio con cura e passione. Dobbiamo a lui se certi episodi sono diventati memoria e leggenda grazie a immagini in cui Ercole ha saputo fra trasparire la vita, l’amicizia, la passione per un mondo. tante sono le esistenze che ha visto passare e tutte possono rivivere su quello scaffale e dentro le sue immagini regalandoci un istante che è per sempre. Ercole, quando hai iniziato a fotografare? Nel 1970. Prima ero un fotoamatore, come mio padre. lui scattava in bianco e nero e spesso dipingeva le sue foto. Possedeva una Voigtländer, che ogni tanto lasciava a me. Io la usavo con rispetto, come si trattasse di una reliquia. ricordo anche che mi portava spesso alle corse, così è nata la mia seconda passione: quella per i motori. Ho iniziato a saltare le reti (come facevano in molti a quel tempo), frequentando sempre più spesso il circuito di monza. Quando sono riuscito ad accomunare F1 e fotografia, tutto è parso naturale: come anche le soddisfazioni che sarebbero seguite. Tu sei un autodidatta? sì, anche se c’è stato un periodo nel quale ho studiato molto; credo durante il 1969. Io avevo un’altra grande passione: lo sci. tant’è vero che dall’80 al ’92 ho seguito il “circo bianco” in Coppa del mondo, nei mondiali, alle olimpiadi. Purtroppo, però, mi fratturai una gamba in maniera scomposta. lavoravo nel gruppo montedison allora e i miei colleghi mi portarono tanti libri, tutti di fotografia. tra questi c’era il “libro della Fotografia” di Andreas Feininger: l’ho letto d’un fiato e assimilato fino in fondo. A un certo hai terminato la convalescenza e... Con i primi soldi, ho comprato un piccolo teleobiettivo. Poi mi sono fabbricato da solo dei tubi di prolunga per la macro rudimentali ma efficienti. stampavo da solo, anche le diapositive. Allora andava molto il bianco e nero ed era quello che volevano i giornali. ricordo che, a un certo punto, portavo con me dei vasettini con le soluzioni per sviluppare il colore il tutto assieme a un piccolo scanner. Che dire? Ho vissuto tutti i cambiamenti della fotografia! mi dicevo sempre: “Il giorno che arriva il computer vado in pensione”. Invece sono stato uno dei primi a passare al digitale. la tua è stata vera passione, quindi? tutto nasce da una grande, grandissima passione. Hai avuto dei modelli ispiratori? Ai tempi non era facile attingere all’esempio ispiratore di modelli, anche perché il mondo delle corse non ne offriva. Esistevano i fotografi giornalisti - Franco Lini, ad esempio - o altri colleghi - vedi barbieri o bonatti - che però non potevano lasciare il segno. Diciamo che mancava la specializzazione, pur in una relativa abbondanza di professionisti dello scatto. Come hai iniziato la tua carriera?. Con le corse minori. Fai vedere che sai comportarti bene in pista, che non commetti “stupidate” e pian piano arrivano i pass con gli accrediti. le corse sono pericolose e non si può rischiare. Poi è arrivata la Formula 2 e tutto il resto. Un’alternativa? Essere assunto da un’agenzia come la mia. tieni conto che i tempi sono cambiati e con essi i budget e gli investimenti. Dodici corse oltre oceano non sono uno scherzo, cosa che va a sommarsi alla crisi della carta stampata. Insomma, oggi non è facile. In pista, per ogni gran premio ci sono cinque fotografi italiani: tre siamo noi. la passione è per la fotografia o i motori? Diciamo metà e metà: il giusto compromesso. l’ambiente mi piace e lo frequento volentieri, anche se in assoluta libertà. Non c’è nessuno che mi indica cosa fare, anche perché, da fotogiornalista devo portare a casa ciò che è successo. Fatti che magari sono sfuggiti alla tv. E poi, dobbiamo testimoniare quanto è bella la F1. E lo è veramente. Qual è la qualità più necessaria per un fotografo come te? la passione per le macchine, i motori, le corse. Nel calcio, ad esempio, tutto avviene nel rettangolo di gioco. In F1 la competenza deve essere molto profonda. Non si sorpassa in tutti i punti, mentre gli incidenti avvengono quasi sempre nei medesimi frangenti. Non solo, anno per anno cambiano i regolamenti e spunta fuori l’ala nuova che devi documen- tare. Per finire, è buona norma conoscere bernie Ecclestone, i team manager, le persone importanti. Il tutto in funzione di quanto accadrà, perché i momenti vanno anticipati. I foto- grafi che dovessero venire una volta soltanto non avrebbero gli strumenti per vivere l’ambiente, per interpretarlo. C’è una tua fotografia alla quale sei particolarmente affezionato? sì, è quella di Enzo Ferrari che bacia Gilles Villeneuve. Non la possiede nessuno! Eravamo in Ferrari e dietro c’è una storia. se poi mi chiedi il mio scatto migliore, spero di portarlo a casa domani. Per chi ama la F1 come te credo esista anche un pilota preferito con cui si instaurano rapporti amichevoli? Hai visto quanti caschi ci sono in questo studio? si può fare un museo. In effeti con molti piloti nasce un rapporto più profondo. Potrei dirti: regazzoni, brambilla, Giacomelli, senna. Con molti ci andavo in ferie assieme. si chiamavano Prost e Mansell. Berger, poi, era un amico vero. Una volta la F1 era viva e umana. oggi i sentimenti sono più piccoli. Giacomelli un giorno mi disse: “Come faccio? Ho solo due sterline in banca”. “ma dai!” - risposi. “Andiamo a vedere Abbado”. E siamo andati insieme al concerto, da buoni amici. Secondo me la F1 arriva a consumarti... In effetti pochi piloti rimangono nell’ambiente. Gli inglesi forse. o lauda. Di lui ricordo il rapporto con lo ponsor che venne a concretizzarsi quando il mondiale era già in corso. “Facciamo affissione a monza”, mi disse, così io mi presentai con la Pentax 6x7 e il 50 mm. Faccio gli scatti necessari e lui mi dice: “Fammi ancora delle foto”. Questo era comunque l’ambiente: oggi di mezzo ci sarebbe stato il manager, l’addetto stampa e via dicendo. Prima parlavi della conoscenza dell’ambiente, quasi sia necessario anticipare gli eventi. Puoi fare un esempio? Certamente. È la foto di mika Häkkinen che piange. stava vincendo il mondiale ma alla prima variante va fuori. si era tolto rabbiosamente guanti e casco. la delusione traspari- va dallo sguardo. “Che strada faccio per i box?”, mi chiede. “ti accompagno io” - rispondo consapevole che più avanti avremmo incontrato una tribunetta di ferraristi. lui si mette a correre, poi si accascia e comincia a piangere nel posto “giusto”. tutta la tensione che aveva dentro stava venendo fuori. Ne è nato uno scatto memorabile. C’è qualche foto che non hai potuto cogliere? tante, di sport e non solo. Come avrei scattato l’immagine del Papa col Vangelo che cambia le pagine da solo per via del vento. Era un istante da intuire durante il suo accadimento. Il fotogiornalista ha l’obbligo di pescare tra quei momenti che poi equivalgono quelli di Villeneuve con l’auto di traverso o quello del volto più o meno felice di senna. Qual è la tua ottica preferita? Il 300 mm f/2,8. Nel mio corredo quotidiano, però, oggi abitano degli zoom: il 14-24 mm, il 24-70 mm; il 70-200 mm e il 200-400 mm. trovo che i grandangolari siano diventati super: molto belli, corretti bene. Qual è il circuito migliore in quale ti trovi meglio? ogni pista ha delle caratteristiche distintive che possono piacere. Quello preferito, forse, rimane montecarlo. lì le macchine sono molto vicine e puoi usare i grandangoli per comporre immagini che comprendano anche il mare, la città, i grattacieli. Nei circuiti nuovi ti viene in mal di mare. Nutro simpatia anche per monza, Imola quando c’era, silverstone per la tradizione. C’è poi stata la novità delle “serali” che non sono male. sta di fatto che ci fanno mettere sempre più lontano per la sicurezza e le vie di fuga. morale usiamo di continuo 300 e 500 mm. oggi con il 300 riprendiamo la partenza. Cambiano le prestazione delle auto, il modo di vivere le cose. la situazione odierna va letta alla luce di queste considerazioni? Vero. Una volta c’erano circuiti nei quali attraversavi la pista dopo il passaggio delle auto. E non parlo di un passato tanto remoto. voi fotografi come vi muovete nei circuiti? Ci sono dei pulmini. Di solito io e i miei collaboratori ci dividiamo i compiti, nei punti più strategici. A me spettano la partenza e i pit stop. le corse di F1 sono fantastiche, nelle tue immagini quasi ci sembra di percepirne l’atmosfera, l’adrenalina... tanti protagonisti hanno contribuito ad aumentarne il fa- scino: Clark, Fangio, Ascari, Nuvolari, Senna, Villeneuve, Lauda, Prost, Schumacher, Mansell, Piquet. Forse ne ho saltato qualcuno. vorresti una foto di gruppo? sì, ma mi piacerebbe anche vedere la prima staccata: con le macchine tutte uguali. Nel gruppo ci metterei anche Alonso. Se dovessi scegliere solo cinque nomi nel “dream team” che hai elencato prima? Clark, Fangio, senna, Prost, lauda. Come vedi non ho messo schumacher. Nei tuoi servizi vedo tanti soggetti, persino dei particolari. Fanno parte del reportage. la corsa è costruita su tanti episodi. Pit stop, rifornimenti... sono tutti momenti che costruiscono la corsa, quasi a narrarne la storia. Non c’è solo la partenza e nemmeno il direttore che sbandiera al passaggio del primo. oggi, poi, quest’ultimo non è in pista, ma più in alto. E allora? Cosa fai? semplice: ti metti lì, lo inquadri, stacchi il fuoco e vai con un tempo alto. scatti due foto quando arriva il pilota. È una questione di mestiere. Tra le tue immagini ci sono tante icone, molte fotografie riconoscibili anche dai meno appassionati lo spieghi? Io ho scattato tante fotografie, ma non credo dipenda solo dalla quantità. Un giorno a bordo pista è venuto mario De biasi. Era l’anno di Prost e Alesi alla Ferrari. Il maestro sarebbe rimasto solo un giorno e non riusciva a ottenere i risultati che desiderava. “Cosa vorresti fare?” - gli chiedo - “Qualcosa di più vivo”, mi risponde. Io ho chiamato Prost, esortandolo: “Dai, venite fuori, salutate”. De biasi ha scattato la foto che desiderava. tutto questo per dirti che il mondo della Formula Uno si presta alla leggenda, all’immagine che diventa famosa. occorre comunque comprendere e anticipare i momenti. In generale, sentirsi partecipi di un mondo. Se potessi scegliere quale foto scatteresti domani? Vi dirò la verità: non ho un sogno. mi auguro di avere delle opportunità che mi conducano a dei buoni scatti. Del resto sono convinto che, anche se poi frequentiamo tutti gli stessi posti, c’è ancora da fare, ecco tutto. E l’immagine più bella deve ancora essere scattata. Un tempo con gli assistenti svolgevo quasi il ruolo di un editor: sceglievo le immagini. oggi preferisco lo facciano loro, perché anche il decidere tra “sì” e “no” fa parte del mestiere del fotografo. Il discriminare ti completa. Quale augurio ti dedicheresti da solo, se te lo chiedessi? Per me? salute, tanta, per continuare a scattare nel mondo he mi ha accolto per tanti anni. Auguro tanta salute e longevità anche alla fotografia, per far sì che ci si ricordi di come anche quest’arte stupenda abbia contribuito a creare l’immagine della F1 di oggi. l’appassionato che spende tanti soldi per frequentare un circuito desidera vedere anche i particolari che solo gli scatti dei professionisti possono restituirgli. Facciamo un augurio alla fotografia sportiva . tutti i professionsiti dovrebbero venire riconosciuti come fotografi veri. Un fotografo di moda ritrae migliaia di volte una bella donna che posa per lui e molti gli dicono: “Che bravo!”. I miei colleghi fotografi sportivi e io dobbiamo occuparci di ritrarre un evento che diviene, in poco tempo e che non può essere ripetuto. Nessuno posa per noi. Anche noi ci meritiamo un: “bravo!Buona fotografia a tutti
I GRANDI AUTORI
Ercole Colombo
Ercole Colombo Nato e cresciuto a pochi passi dall’autodromo di Monza, il fotografo brianzolo approda al mondo della fotografia nel 1970. Da allora segue per le più importanti testate italiane e straniere le manifestazioni motoristiche, fino a diventare uno dei più assidui e attenti testimoni sulle piste di tutto il mondo nel raccontare con l’obiettivo le storie della F1. A Silverstone nel 2009 taglia il traguardo del 600° Gran Premio di Formula 1 vissuto da professionista. Ercole Colombo può essere definito una delle memorie storiche della F1 e nel corso degli anni ha firmato per la parte fotografica una trentina di libri sul mondo dei motori.